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Kissinger, diplomazia e sport: dal ping pong a USA ’94

Con “diplomazia del ping pong” si intendono le note partite amichevoli di tennistavolo che fecero da prodromo alla visita del presidente statunitense Richard Nixon in Cina, primo passo verso il disgelo fra due Paesi che avevano in comune solo l’astio verso l’Unione Sovietica – comunque abbastanza per attuare la politica dell’equilibrio.

Sull’argomento si è sempre esaltato il genio politico di Henry Kissinger, il Segretario di Stato che aveva capito l’importanza dello sport nelle relazioni internazionali. Ma sembra che la sua intuizione fu propiziata da un evento casuale.

Durante i mondiali di ping pong del 1971 in Giappone, l’atleta statunitense Glenn Cowan fu, suo malgrado, protagonista di uno sfortunato episodio. Attardatosi negli allenamenti con i colleghi cinesi, il giovane Cowan si accorge che il pullman della sua squadra è già partito. Il tre volte campione del mondo Zhuang Zedong tituba, ma sa che non può lasciarlo lì e gli offre un passaggio, alla fine gli alberghi delle due squadre sono vicini.

Internet non è ancora stato inventato (o meglio, non è a disposizione di nessuno se non della Difesa statunitense) ma la notizia si diffonde ugualmente all’istante: all’epoca non capitava proprio tutti i giorni di vedere un americano nel bus dei cinesi, in un totale clima di amicizia. Così all’arrivo è pieno di giornalisti e fotografi, che non possono lasciarsi sfuggire l’opportunità di un simile scoop. È lì che Kissinger ha l’illuminazione.

glenn cowan ping pong
Il giocatore di ping pong Glenn Cowan riceve un regalo da Zhuang Zedong dopo aver ricevuto il passaggio nel bus cinese

Il personaggio è quantomeno controverso, uno dei Nobel per la pace più assurdi mai assegnati. Peggio di Barack Obama che aveva lasciato truppe qua e là per il mondo; molto peggio di Aung San Suu Kyi, che non fa nulla (né avrebbe potuto, in realtà) per evitare il massacro dei rohingya, ma che almeno, quando le fu conferito il premio, era agli arresti domiciliari perché fiera oppositrice del regime militare birmano. Kissinger ha più di un’ombra, dalla guerra del Vietnam al ruolo attivo nel colpo di Stato cileno che spodestò Salvador Allende per portare al potere Augusto Pinochet. Più una serie di interferenze e violenze in tutto il continente latinoamericano (la cosiddetta Operazione Condor).

Lo zampone di Kissinger tornerà nello sport dopo un po’ di anni, esattamente nel 1988, quando grazie alla rete di rapporti e alla passione per il calcio, otterrà l’organizzazione dei mondiali 1994 nei suoi Stati Uniti, battendo la concorrenza niente meno che del Brasile, tempio del futebol.

Kissinger
Kissinger ritratto per il Financial Times

Grande tifoso del Greuther Fürth, squadra della sua città natale, grandissimo amico di Giovanni Agnelli, da cui sarà invitato allo stadio di Torino per vedere la Juventus, Kissinger è un’eccezione negli Stati Uniti, dove l’interesse è rivolto verso tutti altri sport.

In quel periodo nemmeno esiste il campionato professionistico di calcio, organizzato in fretta e furia quasi in concomitanza con i mondiali. Quella parte del pianeta è aliena rispetto al soccer, come lo chiamano solo loro, perché lì il football è altra cosa.

Sport e spettacolo non sono necessariamente due cose separate, come dimostra l’halftime show, l’intervallo nel Super Bowl, la finale del campionato di football, che vede l’esibizione di grandi stelle dello showbiz.

I mondiali di USA ’94 non fanno eccezione e sono subordinati alla legge dello spettacolo, agli sponsor, ai diritti TV, agli incassi. Saranno insomma uno spartiacque tra il calcio del passato e quello del presente – sperando in un cambio di direzione nel futuro.

I mondiali di Kissinger, che è anche membro del comitato organizzativo, sono un tritacarne che non guarda in faccia nessuno e la vittima eccellente è un certo Diego Armando Maradona. Serve un uomo immagine, qualcuno che attiri gli statunitensi allo stadio o davanti agli schermi, qualcuno noto anche a chi è totalmente a digiuno di calcio e che di certo non si muoverebbe solo per i pur talentuosi Gheorghe Hagi o Carlos Valderrama.

Il piccolissimo problema è che Maradona è tossicodipendente, sovrappeso e non gioca una partita da mesi. Niente che non si possa risolvere, viene rimesso in forma a tempi record grazie a dei farmaci a base di efedrina, alcaloide dalla struttura chimica simile alle anfetamine. Certo che passare dalla cocaina a una mezza specie di anfetamine non è un grande progresso, ma gira la voce che a Maradona sarà garantita l’immunità da controlli antidoping.

Maradona antidoping
Maradona sorteggiato per i controlli antidoping dopo Argentina-Nigeria

Ovviamente una cosa del genere non può essere ufficializzata e se i padri dei mondiali sono Kissinger e un altro “tessitore” come il brasiliano João Havelange, presidente FIFA che poi sarà accusato di corruzione, non ci si può fidare. Infatti accadrà l’opposto, Maradona viene sorteggiato già dopo la seconda partita e sarà squalificato per l’eccesso di efedrina nel sangue (strano!).

A vederla in senso complottista ma non troppo, Maradona potrebbe aver pagato le accuse alla FIFA, sull’organizzazione delle partite a orari improbabili, d’estate a mezzogiorno e con un altissimo tasso di umidità, sul disinteresse verso la salute dei calciatori, sacrificati all’altare dei diritti TV. Il paragone è di quelli forti: Diego tira in ballo il circus della Formula1, che ha pensato alla sicurezza dei piloti solo dopo la morte di Ayrton Senna, avvenuta proprio nel 1994.

Tutte dichiarazioni logiche, il dubbio che ci sia stata una seconda vendetta contro Maradona resta. La prima, presunta, è di quattro anni prima, quando a Italia ’90 l’Argentina fu (palesemente) sfavorita dall’arbitro in finale, forse perché El pibe de oro parlò di sorteggi truccati alla vigilia dei mondiali, ma sono sempre ipotesi. Plausibili, ma pur sempre ipotesi.

Kissinger e Maradona sono esattamente agli antipodi, su tutto. Facciata e arte della diplomazia il primo, nonostante sotto ci sia una storia che include torture in tutto il Sud America. Compresa l’Argentina di Diego, che al contrario è sempre stato incapace di mediare con i potenti (veri), contribuendo alla propria autodistruzione – di cui è stato comunque il principale responsabile. In mezzo scorre lo sport.

 


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