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Narcos, o della politica dell’equilibrio

“La Storia è il più grande degli spoiler”, scriveva Netflix, la nota azienda di distribuzione di serie tv e film online, per anticipare l’uscita della seconda stagione di Narcos. La serie, infatti, ricostruisce abbastanza fedelmente – romanzando al punto giusto – la vita del narcotrafficante più famoso del mondo, Pablo Escobar, e gli sforzi congiunti di Colombia, Stati Uniti e rivali del Patron per la sua cattura. Non è quindi un mistero come andrà a finire.

Le presunte, ma tutt’altro che improbabili, intese tra forze internazionali e narcotrafficanti ostili a Pablo furono ipotizzate dallo scrittore americano Mark Bowden nel libro Killing Pablo, ma andiamo con ordine. Nel 1986 il giocatore di basket Len Bias morì per overdose di cocaina, assunta per festeggiare il suo passaggio al professionismo, per la precisione ai Boston Celtics.

L’amministrazione Reagan decise un forte giro di vite per contrastare il narcotraffico e chiese l’estradizione per chi introduceva droga negli Stati Uniti. In particolare, ovviamente, Pablo Escobar, che a quel punto cercò di intraprendere la carriera politica, puntando all’immunità che gli sarebbe derivata. Il piano fallì per motivi di immagine, era troppo anche per i governi corrotti dell’epoca avere Escobar in Parlamento. Allora fu guerra fra Stato e lo Stato nello Stato gestito da Pablo.

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Medellin era tutta (o quasi) dalla parte di Escobar, i poveri (quindi la maggioranza) perché avevano trovato l’unica persona che costruisse loro case e strutture, qualche ricco perché comprato e quindi reso ancora più ricco. Ma la Storia, che è il più grande degli spoiler, insegna che ogni impero arriva al declino.

E quando i rivali di Pablo fiutarono l’andazzo, capirono che si sarebbero dovuti alleare per colpirlo. Si raggrupparono nell’organizzazione Los Pepes, acronimo che sta per Perseguidos de Pablo Escobar (perseguitati da Pablo Escobar), ma nonostante il nome furono più efferati del mostro che combattevano.

A questi si unì il gruppo paramilitare di estrema destra Autodefensas Unidas de Colombia, ostile a Pablo per il sostegno (strategico più che ideologico) che aveva in più occasioni fornito agli odiati guerriglieri comunisti e alle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia).

Vignetta satirica del 1914, l'Italia osserva, agli albori della Grande Guerra, il tiro alla fune fra Stati Nazionali (a sinistra) e imperi centrali (a destra)
Vignetta satirica del 1914, l’Italia osserva, agli albori della Grande Guerra, il tiro alla fune fra Stati Nazionali (a sinistra) e imperi centrali (a destra)

Non è difficile credere che gli Stati Uniti sotto Reagan possano aver aiutato gli anticomunisti per cogliere due piccioni con una fava: eliminare rivali politici (anche se non interni, ma non è una novità) e arrivare all’arresto di Pablo. Stesso discorso per la presunta convergenza dei Los Pepes e il Governo colombiano, attraverso le forze speciali Bloque de Busqueda (Blocco di Ricerca).

È una dottrina secolare, la politica dell’equilibrio. Quando qualcuno diventa troppo forte da poter, da solo, sopraffare gli altri, gli altri mettono momentaneamente da parte le divergenze per ritornare a un bilanciamento. Altrimenti non si potrebbe spiegare perché le autorità si alleino più o meno segretamente con gruppi simili (solo appena più discreti) a quel Pablo che stavano combattendo.

Questa strategia viene praticata almeno dal Medioevo, da quando nel XII-XIII secolo le potenze italiane (Milano, Venezia, Firenze, papato e Regno di Napoli) studiavano coalizioni fluide per evitare egemonie. L’Italia influenzò poi l’Europa, unita di volta in volta contro il Napoleone o Hitler di turno.

La Storia è il più grande spoiler, sia nello svelare fatti che dinamiche.


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