L’Epifania, dal significato letterale di “manifestazione” o “apparizione” della divinità, affonda le radici nei primissimi secoli dopo Cristo. La festa, originariamente, celebrava il battesimo di Gesù e intorno al V secolo d.C. è stata adottata in maniera diffusa nell’occidente cristiano. Da “epifania”, come è noto, mutua il nome la Befana, il popolare personaggio (quasi) esclusiva italiana.
Tradizioni regionali
Usanze e tradizioni regionali di tutto il Paese avevano in comune la presenza di una magica vecchina che compariva in concomitanza con l’arrivo dei Magi. Girava sulla sua scopa volante per recapitare doni e dolci ai bambini buoni, carbone e aglio a quelli meno virtuosi.
Befana e Re Magi apparentemente non sembrano collegati, se non fosse per l’esistenza di un mito. I tre monarchi/astronomi chiesero informazioni su come arrivare a Betlemme a una donna anziana che, invitata ad andare con loro, rifiutò. Una volta pentitasi, la vecchia uscì con un cesto di dolci, che iniziò a distribuire ai bambini nella speranza che tra loro ci fosse anche Gesù Cristo.
Solito sincretismo
Come spesso accade, vedi la celtica Halloween, la figura della Befana è frutto del sincretismo religioso. Già dal X secolo a.C., in tutta la penisola si erano sviluppati dei riti legati ai cicli di produzione agricola, in cui la Madre Terra moriva al solstizio d’inverno per rinascere in primavera. L’evocazione di figure femminili volanti, simbolo di fertilità, avveniva dodici giorni dopo il sol invictus, (quindi il 6 gennaio), in riferimento al numero dei mesi del calendario romano.
Anche fuori dall’Italia c’erano diverse incarnazioni dell’inverno, evocate nello stesso arco di tempo. Tra queste la celtica Perchta, con le varianti Bertha (Gran Bretagna) e Berchta (Austria, Svizzera, Francia), Holda nell’Europa centro-settentrionale e Frigg in Scandinavia.
Se non puoi combatterli, uniscili a te
Proprio come avveniva per la festa celtica di Samhain, la Chiesa si oppose strenuamente a usanze e rituali considerati satanici. Finché capì che certe tradizioni non potevano essere facilmente sradicate, tanto valeva cristianizzarle.
Il fascismo nazionalizza la Befana
La Befana così come la conosciamo oggi è la sintesi dei regionalismi avvenuta durante il fascismo. All’epoca assunse il nome di “Befana fascista” o “del Duce” – un’usurpazione in chiave nazionalista.
Prima di tutto perché l’Italia aveva già figure equivalenti, come la Vecchia di Pavia e la Marantega o Redodesa di Venezia (più molte altre). Poi perché l’idea non fu di Mussolini, ma del direttore de La Stampa Augusto Turati. Era un modo per tenere viva la tradizione antico-romana, dai tempi di Giano e Strenia, portare doni in quel periodo dell’anno. Nello specifico, alle famiglie meno abbienti.
Befana nel dopoguerra
Il recupero della Befana, così come quello delle differenti usanze locali che perlopiù hanno a che fare col fuoco e il suo ardere apotropaico, sopravvisse al Ventennio. In tutta Europa si sono sempre organizzati falò per esorcizzare gli spiriti maligni, ben prima del cristianesimo. La tipica calza risalirebbe invece a Numa Pompilio, secondo re di Roma. Vuole la leggenda che il successore di Romolo appendesse una calza durante il periodo del solstizio d’inverno per ricevere regali dalla ninfa Egeria.
A Urbania, nelle Marche, considerata la “casa” della Befana, si trova la calza più lunga del mondo: ben 50 metri.
Fuori dall’Italia
L’Epifania è festeggiata in tutti i Paesi a maggioranza cristiana, anche se in Russia, per il mancato passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano, il 7 gennaio coincide con il Natale. I doni, insieme a papà Gelo, li porta Babushka, non dissimile dalla Befana. In Spagna, Ungheria e Romania sono centrali i Magi, mentre in Etiopia si riprende la vecchia sovrapposizione del battesimo di Cristo all’Epifania.
Messico e Francia hanno dolci speciali per l’evento, che nelle rispettive lingue sono dedicate ai Re. Oltralpe vi si nasconde una fava, chi la trova è re o regina della festa. In centro America la Rosca de Reyes (a base di frutta caramellata) va assolutamente mangiata il 6 gennaio, pena la furia di una strega.
In Grecia, dopo una lunga processione che va da Atene al mare, si getta una croce nell’Egeo, il vero problema è doverla recuperare nelle fredde acque di gennaio. Almeno non si sta alle latitudini islandesi dove, vista la vicinanza all’Artide, si organizza una sfilata con tredici Babbo Natale – uno per ogni giorno dal 25 dicembre al 6 gennaio – accompagnati dagli elfi e dai loro monarchi. In chiusura si accende un falò e si fanno esplodere fuochi d’artificio.
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