Nel 1953, dopo la morte di Stalin e l’avvento di Nikita Kruscev, la Guerra Fredda vede una prima fase di distensione (relativa). Comunque abbastanza per l’organizzazione di un torneo ufficiale per Nazionali sotto l’egida dell’UEFA. A dire il vero accolto con indifferenza da molte delle squadre principali, visto che Germania Ovest, Olanda, Inghilterra e Italia rifiutano di partecipare (come anche ai primi mondiali del 1930 in Uruguay).
Ufficialmente per i già tanti impegni internazionali, ma per quanto riguarda l’Italia i maligni tirano in ballo il timore di una figuraccia, visti i risultati degli ultimi anni. Se gli Azzurri (al di là degli aiuti del regime fascista nel ’34) sono stati la squadra con più mondiali vinti tra le due guerre, dal 1950 subiscono una pesante inversione di tendenza.
Quell’anno, l’Italia si presenta in Brasile per difendere il titolo del 1938 nel peggiore dei modi. Solo dodici mesi prima la tragedia aerea di Superga ha cancellato in un colpo il Grande Torino, una delle squadre più forti della Storia. La Nazionale raggiunge allora il Sud America in nave, arrivando stanca mentalmente e fisicamente. E infatti si esce subito ai gironi. Stessa eliminazione nel 1954, poi nel 1958 nemmeno ci si qualifica, va l’Irlanda del Nord.
Esattamente lo stesso cammino eguagliato (in negativo) negli ultimi anni: dopo il mondiale vinto (2006), ci sono due eliminazioni ai gironi (2010 e 2014) e una mancata qualificazione (2018).
La formula degli europei 1960 prevede una serie di turni preliminari con gare di andata e ritorno, poi una sorta di final four come nella pallacanestro, con semifinali e finale disputate in Francia.
È vero che le assenze a ovest della cortina di ferro sono molte, ma è un trionfo dell’Est comunista, che porta in semifinale tre squadre su quattro: Unione Sovietica, Jugoslavia e Cecoslovacchia. Che hanno comunque filosofie molto diverse tra loro.
L’URSS applica al calcio il metodo scientifico, puntando decisamente sulla preparazione atletica e tattica più che sulla fantasia. La Jugoslavia è invece il classico emblema di genio e sregolatezza, una delle grandi incompiute del calcio almeno fino alla dissoluzione nei primi ’90. La Serbia non è riuscita a raccoglierne l’eredità, a differenza della Croazia che vanta due podi nella sua breve storia mondiale (terzi nel 1998 e secondi nel 2018).
Anche se la distensione politica ha pesato per l’organizzazione di un campionato europeo, non vuol dire che ci fossero ancora degli incroci pericolosi. In centomila accorrono allo stadio per il primo turno tra URSS e Ungheria, che solo quattro anni prima era stata invasa dai carri sovietici. E il turno successivo vedrebbe opposte l’Unione Sovietica comunista e la Spagna falangista, ma Francisco Franco si rifiuta di far giocare la sua squadra contro i bolscevichi, che quindi vanno avanti a tavolino.
La Francia padrona di casa non riesce ad arginare le squadre dell’est. Prende tre gol in pochi minuti dalla Jugoslavia quando era in vantaggio 4-2, poi perde anche la finale terzo posto con la Cecoslovacchia. La vittoria finale va invece all’URSS, al primo e unico titolo calcistico, che batte 2-1 i plavi (i “blu” in serbo) ai supplementari. Curiosamente, il podio del primo europeo di calcio non esiste più in quei termini.
Due anni più tardi, ai mondiali del 1962 in Cile, la possibilità di un’altra vittoria del socialismo reale è concreta. La finale è tra Brasile e Cecoslovacchia, Garrincha, in quel momento il migliore dei verde-oro, dovrebbe essere squalificato perché espulso in semifinale. Ma la pressione politica della propaganda anticomunista porta a un incredibile annullamento della sanzione. Garrincha gioca, non una gran partita in realtà, e il Brasile vince il secondo mondiale con un netto 3-1.
Gli europei restano grossomodo gli stessi, come formula, anche nel 1964. Solo con la discesa in campo delle grandi assenti di quattro anni prima, tranne la Germania Ovest. La fase finale si gioca nella Spagna franchista, che stavolta decide di andare fino in fondo. La finale è proprio contro l’Unione Sovietica campione in carica, Franco non si oppone e anzi approfitterà della vittoria (2-1) per la più classica delle propagande a commistione politico-sportiva.
Dal 1968 si passa alle qualificazioni continentali, otto gironi che sanciscono le altrettante partecipanti ai preliminari. L’Italia ospita semifinali e finale e vince il suo (finora) unico europeo, con una buona dose di fortuna. La semifinale con l’URSS (0-0) viene decisa dal lancio della monetina, i calci di rigore non erano ancora stati proposti come soluzione. La finale con la Jugoslavia è l’unica ripetuta della Storia, dopo un pareggio (1-1) che, per l’ultimo atto, non prevede “testa o croce”. Il replay è 2-0 per i padroni di casa.
Dal 1980 è stata introdotta la fase a gironi – due gruppi da quattro squadre, poi semifinali e finale. Mentre il numero di partecipanti è variato prima nel 1996 , con il passaggio a 16 squadre, quindi nel 2016 (24 squadre).
Se già ci sono state edizioni condivise (Belgio e Olanda nel 2000, Austria e Svizzera nel 2008, Ucraina e Polonia nel 2012), quella del 2020 è la prima realmente “europea”, con partite un po’ in tutto il continente fino alla finale di Wembley, Londra, ricostruzione recente dello storico tempio del calcio demolito nel 2003.
Sorprendentemente, l’Inghilterra non ha ancora mai raggiunto nemmeno la finale, unica delle grandi a non aver mai trionfato, nemmeno davanti al proprio pubblico come nel contestato mondiale 1966 (il famoso gol fantasma di Hurst che indirizza la finale con la Germania).
Nell’edizione casalinga degli europei 1996, i “leoni bianchi” hanno tenuto fede alla propria reputazione che li vuole sempre fuori ai rigori, in quel caso in semifinale coi tedeschi – che batteranno in finale la neonata Repubblica Ceca.
Tra i tornei continentali, l’europeo è considerato il più equilibrato e difficile, praticamente “un mondiale senza Argentina e Brasile” come è stato spesso detto. Per certi aspetti è vero, Uruguay a parte. Di fatto è solo da Italia ’90, con la strepitosa cavalcata del Camerun, che l’Africa è realmente sulla mappa. Mentre l’Asia (maschile, il Giappone femminile conta un titolo mondiale) è ancora indietro, parentesi con aiuti arbitrali del 2002 a parte.
Nonostante il calcio sia nato in Inghilterra e il suo principale organismo, la FIFA, abbia sede in Svizzera – senza contare il maggior numero di posti riservati per i mondiali – gli europei sono la competizione continentale (rilevante) più giovane. La Coppa d’Asia è del 1956, la Coppa d’Africa del 1957, la Copa America addirittura del 1917. Solo Nord America e Oceania si sono organizzate successivamente.
C’è voluta la morte di Stalin per poter iniziare ad avere l’idea di un continente (un po’ più) unito.