E’ comune, come esseri umani, “essere colpiti da ciò che più colpisce”, come l’odio o la violenza. Soprattutto se arriva da dove non ti aspetti. Di solito questo “shock” è il motore di azioni contrapposte. Ma che dire di questa ipertrofia della visione che sembra portarci all’immobilismo di fronte a ciò che vediamo, anche in caso ci fosse bisogno del nostro aiuto? Che ci sta succedendo, in generale, come umanità? La lotta contro la violenza si combatte insieme, non solo a parole o video, manifestazioni o vandalismo, ma agendo sul momento, anche con piccoli gesti che possono diventare salvifici. Le manifestazioni fanno capire che siamo tanti, ma solo le azioni puntuali rivelano che non resteremo più a guardare…
Come gli attuali lockdown sono qualcosa di diverso rispetto all’antica quarantena, anche “lo smartphone è un neologismo inglese che andrebbe accolto perché ormai ha ben poco a che fare con il vecchio telefono”, diceva il giornalista Ernesto Assante. Sono oggetti tecnologici utili, versatili, che hanno semplificato tanti aspetti della vita umana. Ma talvolta semplificano un po’ troppo. Anche cose che forse è bene che rimangano complesse. “I mezzi non hanno colpe in sé, dipende dall’uso che l’uomo ne fa”. È questa l’unica verità che si può rispondere a chi incolpa internet per ogni nefandezza di oggi.
Ma forse bisogna guardare in faccia la realtà: siamo davvero in grado di regolarci? Forse dovremmo cominciare a porci il problema che lo smartphone è il “nuovo mezzo” che meno siamo in grado di governare. È probabile che nessun altro prima ebbe questo potere generalizzato e generalizzante, forse nemmeno la radio, il cinema o la TV, che pure furono (e in alcuni luoghi ancora sono) strumenti di propaganda. In fondo nella loro potenza, i “vecchi media” rimanevano relegati ad ambiti e tempi ben specifici… oggi la propaganda è a portata di click.
Una presenza mediatica così capillare, nella vita di tutti i giorni e a tutte le ore, non era mai successa. Nessuno si è diffuso in queste proporzioni e soprattutto a questa velocità. Forse solo libri e giornali, una volta raggiunto il loro apice di diffusione, ma per quasi un secolo rimasero oggetti d’élite. I cellulari davvero costosi (ed enormi!) hanno retto ben poco, nel giro di 20 anni sono diventati alla portata di tutti. Anche se non possono dirsi economici nemmeno oggi – ma dipende da cosa si cerca – e, soprattutto, già dagli anni Duemila poche persone vi rinunciavano. Come libri e giornali, anche lo smartphone può essere una fonte importante di conoscenza. Al contempo sembra quasi avere una peculiare capacità di annullarci come persone vive e presenti, trasformandoci, spesso, in spettatori della nostra stessa realtà…
L’effetto iniziale è forte per forza: come quando negli anni ’60 la TV riprese la sua prima guerra, quella del Vietnam, e tutti videro, per la prima volta, atrocità mai viste… ora è internet che mostra l’impensabile. E in più sostiene un diritto costituzionale, almeno in Italia, quello di “riunirsi pacificamente”: movimenti d’opinione pubblica di grande portata (pensiamo per es. alle proteste scatenate dall’omicidio di George Floyd) sono nuovi e possono cambiare le cose sul serio. Ma per vederci veramente chiaro in questa faccenda forse bisogna prima ammettere che l’occhio umano è sempre più “guardone” perché nutrito da un “contesto perennemente visualizzato” che ci sta cambiando. Avete presente Black Mirror?
Tutta la sociologia e l’antropologia hanno dedicato larga parte dei loro studi alla visione, l’occhio, lo sguardo umano sul mondo. E se già il cinema era un’ibridazione di realtà e messa in scena, si può immaginare come quest’occhio sia ancora più aperto, abbandonato. Come abbia completamente rinunciato alla sua volontà di controllo, attraverso questo mezzo (sguardo) oggi ancora più diffuso e sfaccettato, tra computer, smartphone, visori, occhiali 3D, droni…
Dziga Vertov, tra i primi cineasti e teorici del cinema, già preconizzava una sorta di “accecamento” dato dal troppo vedere. “L’estremizzazione di quel gioco del vedo e non vedo che è sì da bambini – cucù! – ma è anche da adulti, da voyer – la perversione della visione nascosta, imperfetta”, riportavo nella mia tesi a Comunicazione già più di 10 anni fa. Una visione che è sempre più orientata al “vedo tutto” (che al non vedo) dove spesso “nome vero e falso, volto e maschera, singolarità e ripetizione, verità e menzogna, riconciliate dalla forza del racconto, diventano indistinguibili” diceva agli inizi del Duemila lo scrittore Jean-Louis Comolli.
Eppure fino a pochi anni fa non vedevamo quasi niente. È internet che ci ha dato modo di cercare e trovare di tutto. E se agli inizi degli anni ’90 il massimo che potevi trovare era Rotten (un sito che postava “contenuti espliciti” di vario tipo), oggi le piattaforme che offrono “visioni proibite” sono centinaia di migliaia. E se prima ci si “limitava” a mostrare, per esempio, le foto dell’autopsia di Kennedy, lo sguardo di oggi è sempre più assetato di novità ed estremi…