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Un buon non-tipico Natale!

Il Natale è festeggiato in 160 Paesi del mondo, anche non cristiani, e ognuno con le sue peculiarità, anche diametralmente opposte, dagli abeti alle palme di Natale…

Ed è proprio questo il bello di una Festa che accomuna miliardi di persone, appartenenti a religioni diverse, viste le sue radici antiche e universali da “festa d’inverno”. E che alcuni, oggi, adottano solo per moda, per simpatia: la parte più commerciale del Natale che, in effetti, sembra prendere sempre più piede, anche grazie al propedeutico Black Friday. Ma noi tutti sappiamo che la sua importanza rimane profondamente sociale. Una bella scusa per stare insieme in un mondo sempre più diviso. E se quest’anno saremo in pochi… “pochi ma buoni”…!

A Natale, in caso non si resista fino al mattino o si voglia scoprire tutta la verità su Babbo Natale, si può decidere di accamparsi direttamente sotto l’albero… oppure era semplicemente troppo bello per non provare a dormire sotto tutte quelle lucine? (: credits Bbiaccio per StereoType Magazine)

Il Natale, che cade ogni 25 dicembre, è noto come la festa cristiana che celebra la nascita di Gesù, “fondatore del cristianesimo e della Chiesa”. Seconda solo alla Pasqua, considerata la festa più importante secondo il calendario liturgico, il Natale è comunque la più sentita. In tempi recenti, infatti, “ha assunto nella cultura occidentale un significato sempre più laico“, con lo scambio di doni, legato alla famiglia e a figure del folclore, insieme religioso e pagano, come Babbo Natale.

Legate alla festività sono le tradizioni del presepe e dell’albero di Natale, entrambe “di origine medioevale”, ma la seconda più legata ai Paesi del Nord Europa. Dai doni dei re magi che portarono a Gesù oro, incenso e mirra, in qualità di “sacerdoti dell’antica religione persiana, cui tarde tradizioni greche attribuivano doti di astrologi, indovini e stregoni”, oggi si dona a tutti, o per meglio dire, soprattutto a parenti e amici.

Ma il Natale era molto più di questo: “la più antica festa dei popoli europei” dice Robert Steuckers, in qualità di saggista (e non militante politico). In un articolo di qualche anno fa raccontava cos’era il Natale prima dell’avvento del cristianesimo. Era la “festa d’inverno” per eccellenza e ogni popolo la festeggiava esaltandone uno dei suoi due significati principali, come un periodo difficile di cattiva stagione e, all’esatto opposto, come l’inizio della rinascita…

Come il Natale cristiano originario, che richiedeva moderatezza, anche i Saturnalia romani più antichi erano all’insegna di “sobrietà e sopportazione”. Al Nord, al contrario, si festeggiava “Iduna, dea della giovinezza e fertilità” in preparazione dell’imminente primavera. Il passaggio dal nomadismo alla sedentarizzazione, con conseguente ascesa dell’agricoltura, ha sottoposto, ancora di più, uomini e donne ai cicli del sole e delle stagioni. Da quel momento “hanno scandito la loro vita a ritmo di una liturgia, che non a caso è ‘il fondamento più solido di una religione’.

I gatti e il loro rapporto speciale con gli alberi di Natale credits StereoType magazine

“L’anno non è altro che un ciclo con un punto più alto e più freddo e uno più basso più caldo”. Questi punti sono i solstizi, “quello d’estate”, tra il 20 e il 21 Giugno di ogni anno, “annuncia il tramonto del sole, quello d’inverno”, tra il 21 e il 22 Dicembre, “il suo ritorno”. Ma i loro significati sono cambiati dal passato a oggi. Se per noi l’avvento dell’estate è spesso sinonimo di mare e vacanze, nel passato i suo solstizio era “una festa triste” perché significava tempo di magra e conserve con l’imminente arrivo della cattiva stagione. “Il solstizio d’inverno era invece una festa gioiosa durante la quale mangiavano felici, offrendo cibi e regali, e promettendo ai propri cari gentilezza e affabilità”.

“E’ la vittoria del sole a fondare un’identità” conclude Steuckers. Ma a noi sembra una conclusione un po’ parziale. È vero che l’identità sorge anche da questa ciclicità immanente che come esseri umani sperimentiamo dall’alba dei giorni, ma più che la vittoria del sole, ovvero di una sola parte, a noi sembrano liturgie che celebrano i cicli di due realtà fondamentali per la vita. Il sole e la luna. Il buio e la luce. Troppo spesso ci facciamo lusingare da una sola parte della faccenda: il sole e l’energia cosiddetta maschile della Terra. E chi non la ama? Ma questa energia sarebbe nulla senza quella femminile dell’Acqua, della luna e del buio. Meglio la luce del buio? Certo. Ma pensatevi a vivere sempre sotto il sole. In Finlandia, che tra parentesi è il Paese che ospita Babbo Natale, sanno benissimo di cosa parliamo!

In Europa oggi è sopravvissuta qualche tradizione non propriamente religiosa. In Islanda pare che durante il periodo di Natale si aggiri un gatto malvagio di nome Yule che divora chi, alla vigilia, non indossa abiti nuovi. In Bulgaria al termine del cenone della vigilia si lascia il cibo sulla tavola come offerta per gli spiriti degli antenati. In Spagna più che il babbo c’è il tio de Nadal, lo zio di Natale, un ceppo di legno cavo ai piedi dell’albero. Ogni notte fino alla vigilia si dà da mangiare al ceppo e lo si copre con una coperta, poi i bambini lo picchiano cantando una canzone affinché “cachi” fuori i regali.

In Repubblica Ceca invece si fa la tradizione del lancio del “bouquet”… con le scarpe. Alla vigilia donne e ragazze non sposate tirano una scarpa, con le spalle rivolte verso la porta di casa. Se la punta cade in direzione della porta si sposeranno entro l’anno. In Asia, conseguentemente alle “dominazioni cristiane” si festeggia sia la parte religiosa che quella più commerciale.

Solo in Giappone il Natale è una festa “squisitamente commerciale”. Spirito natalizio che in fondo non è ormai così tanto diverso da quello che si respira nei Paesi cattolici, soprattutto nel più cattolico di tutti (con tanto di perpetuo refrain, God bless…): negli Stati Uniti ormai la cosa più importante del Natale è il Black Friday a fine novembre che inizia gli sconti fino alla vigilia. Gli americani inoltre si spendono davvero molto in addobbi e luminarie, sia nelle grandi metropoli che nelle cittadine più piccole, a decorare quasi ogni casa con giardino, spesso innevato.

Anche i cimiteri hanno bisogno del loro albero di Natale. Roma, cimitero Verano dicembre 2020 (credits StereoType magazine)

Anche in altri continenti come l’Africa le tradizioni cambiano da Paese a Paese, ma pure qui sono arrivati i festeggiamenti legati alla Chiesa: i pranzi e le cene in famiglia, i canti natalizi e anche l’albero di Natale che qui ovviamente è rappresentato da una palma addobbata. Poiché è un “Natale caldo”, come quello in Sudamerica, Australia e Oceania.

Al clima esattamente opposto la Russia. Essere a Natale qui è come entrare nel presunto villaggio di Babbo Natale. L’architettura russa dalle forme morbide e i colori accesi contrasta col bianco brillante della neve e crea un’atmosfera davvero magica. Anche perché le strade non sono deserte, come succederebbe se la Russia fosse in Italia! (Stereotipo nostrano: un po’ di freddo, tutti a casa). È pieno di gente e i mercatini, che ancora vendono oggetti risalenti all’Unione Sovietica, sono illuminati a giorno, e ovviamente all’aperto, perché di certo i russi non si fermano per pochi gradi sotto zero. Se poi si riesce a sforare a Capodanno, bisogna armarsi di vodka e arance: l’attesa del countdown nelle enormi piazze russe (prendi la più grande piazza italiana e moltiplicala per 7), tipo sotto l’Hermitage di San Pietroburgo, è “leggermente” ventilata.

Mancherebbe solo l’Antartide, dove però non c’è nessuno, a parte militari e ricercatori da tutto il mondo, che pare uniscano in una notte tutte le loro tradizioni. Perché alla fine la vera cosa importante del Natale oggi, in un modo sempre più disconnesso dai contatti umani diretti, è proprio la scusa di stare un po’ insieme*. Ma certo, dopo il filtro degli schermi, ci mancava quello del “distanziamento sociale”, come amano chiamarlo, anche se sarebbe “solo” fisico. Come a dire: “superficiale”, e non dolorosamente profondo. In ogni caso quest’anno non sarà possibile neanche stare tutti insieme come sempre… vorrà dire “lezione di mancanza” per il prossimo! Tipo: l’anno scorso potevo pure parlare un po’ di più con zia…

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