In tutti i mestieri ci sono mele marce, questo viene ripetuto all’infinito ed è ovviamente vero. Però non tutti i suddetti pomi possono essere equiparati senza una valutazione del contesto, del danno causato o di come venga trattato il problema.
I sistematici abusi perpetrati nella caserma dei carabinieri Levante di Piacenza, emersi dalle ultime indagini, hanno provocato un ampio (l’ennesimo) spettro di reazioni, dal disprezzo indiscriminato per tutte le forze dell’ordine alla classica difesa per cui le proverbiali mele marce non devono infangare l’intera Arma.
Se la prima è una generalizzazione approssimativa, la seconda è un’osservazione fondamentalmente non sbagliata ma parziale, che non tiene conto che c’è corporazione e corporazione, responsabilità e responsabilità, sistema e sistema.
È pratica comune prendersela con forze dell’ordine violente, preti pedofili, politici corrotti, giornalisti senza etica e mistificatori, solo per attingere dai principali stereotipi negativi.
Sono tutte nefandezze che può compiere chiunque, indipendentemente dal lavoro. Esisteranno (o saranno esistiti) impiegati del catasto pedofili e commercianti vari non propriamente irreprensibili, ma generano reazioni dissimili. Anche, se non soprattutto, per i ruoli che la società attribuisce e per gli effetti che determinate azioni comportano.
Un impiegato del catasto condannato per pedofilia è una storia turpe, ma è più un dramma umano, dei singoli, trascende la professione. Un prete o un insegnante elementare su cui penda la stessa accusa, considerando il lavoro a contatto con i bambini a scopo educativo, verrà visto in maniera diversa.
E, al livello successivo, una Chiesa che come istituzione ha spesso coperto o si è limitata al trasferimento delle “mele marce” ha fatto sì che l’associazione clero-pedofilia si sia ben radicata nell’immaginario collettivo, sebbene la percentuale che si sia macchiata di certi crimini sia stimata intorno allo 0,07% – ma la fredda statistica non rende l’idea.
Lo stesso vale per le forze dell’ordine. Per prima cosa fa scandalo il fatto che proprio chi dovrebbe perseguire la legalità prenda la strada opposta. Secondo, che anziché l’immediata stigmatizzazione si siano creati, al momento del bisogno, piccoli o grandi sistemi che hanno fatto quadrato intorno agli abusi. Che si tratti di Piacenza, del G8 di Genova, degli omicidi Cucchi (e molti altri) o, oltreoceano, dell’uso sproporzionato della forza sugli afroamericani.
Per quanto sia stato criticato, il discorso di Vittorio Sgarbi al Senato su alcuni magistrati corrotti – al netto delle sue solite esagerazioni – non è da condannare totalmente. Nel marasma di provocazioni, Sgarbi ha anche detto, in sostanza, che i giudici corrotti sono peggio dei mafiosi, proprio per il ruolo ricoperto. Ma alla fine, anziché approfondire con un sano dibattito, si è parlato dei deprecabili insulti sessisti e della cacciata di peso dall’aula.
Per fare un ultimo esempio, hanno spesso risalto mediatico i casi in cui infermieri o badanti nelle case di cura siano ricorsi alla violenza contro pazienti anziani – o i maltrattamenti di maestri verso i bambini dell’asilo. Per quanto sappiamo che bambini e anziani, specialmente malati, possano essere faticosi da gestire, non è mai tollerabile che chi intraprende una determinata carriera non sappia trattenere i peggiori impulsi.
Il peso sociale di certe istituzioni o lavori non è uguale ad altri e dire che “tanto le mele marce sono ovunque” è troppo semplice. Un oste che annacqua il vino non dimostra spiccata onestà, ma quando il risparmio sui materiali lo fa un costruttore, le conseguenze non sono comparabili. È umano che le mele marce siano ovunque, ma in alcune posizioni non possiamo permettere che avvenga.
Essere estremamente esigenti non vuol dire screditare una professione in toto, anzi è un riconoscimento implicito della delicatezza e importanza di un ruolo tanto da non poter accettare nemmeno il minimo abuso di potere. È per questo che liquidare tutto ricorrendo alla metafora della mela marcia non può essere sufficiente.
Diceva il comico statunitense Chris Rock sull’operato della polizia nel suo Paese in uno spettacolo del 2018:
“si dice sempre che non è la maggior parte dei poliziotti, solo poche mele marce. È un nome grazioso per ‘omicida’. Ne ho mangiata qualcuna, era acida, ma non mi ha soffocato! So che è difficile essere un poliziotto, ok? Ma alcuni lavori non possono avere mele marce. In alcuni lavori, tutti devono essere bravi. Come… il pilota! Le compagnie aeree non possono dire che alla maggior parte dei loro piloti piace atterrare. ‘Abbiamo solo qualche mela marcia a cui piace schiantarsi sulle montagne. Per favore, portate pazienza’”.
Il monologo di Chris Rock:
https://www.youtube.com/watch?v=ttd4985R0FQ