Tra le tante iniziative messe in piedi, poche sono veramente “virtuali”. Spesso infatti si definiscono in questo modo anche video descrittivi in streaming (Museo Da Vinci di Milano), interviste o approfondimenti (Museo Archeologico di Napoli), visite guidate registrate (Museo Egizio di Torino), gallerie fotografiche in alta risoluzione (Galleria degli Uffizi di Firenze), navigazioni tramite visione satellitare street view (Museo Ferroviario di Pietrarsa), perfino una radio online (Galleria d’Arte Contemporanea di Bergamo). Più altri tour che, soprattutto quelli dei Musei Civici di Roma, dai Musei Capitolini a Villa Torlonia, senza Flash non partono… Tutto questo è chiaramente “virtuale”, visto che non si svolge in presenza, ed è tutto molto interessante e spesso inedito, ma la vera immersione (illusione) di essere dentro un museo la regala solo la “Realtà Virtuale”. E questa l’hanno offerta in pochi, come i Musei Vaticani.
Non parliamo dell’utilizzo di “veri” visori in RV, che oggi si possono trovare all’interno di qualche mostra, ma chi ce l’ha può collegarli ai propri cellulari, tablet o computer. Si tratta comunque di veri e propri “tour” che anche a “occhio nudo” mantengono “l’effetto immersivo”. Tra questi, gli Skylab Studios di Tarquinia (Viterbo, Lazio), specializzati in “visual marketing interattivo”, hanno ideato e offerto questo viaggio veramente virtuale e “aumentato” (“aperto a tutti, 24 ore su 24, gratuito”, al momento fino al 9 maggio 2020, “e soprattutto vivo”), dedicato a un pezzettino delle “imminenti” mostre che quest’anno avrebbero dovuto omaggiare uno dei più grandi artisti italiani, Raffaello, al suo 500esimo anniversario dalla morte. Le Scuderie del Quirinale, vera sede della mostra che era in programma a Roma dal 5 marzo al 2 giugno 2020 (probabilmente prorogata visto che di fatto è rimasta aperta 4 giorni), presenterà 100 opere, la metà provenienti dagli Uffizi… ma sul sito rimane ferma a un interessante video YouTube, che di certo non è più così “innovativo”.
Da qui il grande merito di Raphaello in Realtà Virtuale che propone invece la riproduzione di una vera, ma immaginaria galleria in 3D ideata da David Farris, all’interno della quale ci si può muovere tramite frecce e cerchi per avvicinarsi a ogni opera (in tutto 22, tra le più famose e in ordine cronologico da sinistra a destra). Come tutte le mostre infatti, anche questa ha il suo art director, Leonardo Tosoni. Una volta di fronte si può “aprire il quadro”, si può leggere la descrizione (curata da Samantha Calvaresi e Miriam Paradisi) o ascoltarla (tramite la voce di Ivo Randaccio); si può chiamare in causa un critico d’arte (Vittorio Maria De Bonis); e i bambini possono perfino godere della magia del “morphing”, che trasforma le opere in cartoni animati (nelle mani del disegnatore Alessandro Ranghiasci) che in questo modo parlano “in prima persona” raccontando la loro storia; infine, è presente anche una videoguida in Lis. Questa è vera Realtà Virtuale (ideata dal digital designer Tiziano Crescia) e vera Realtà Aumentata (per le mani di Silvia Amantini). Il tutto immersi in un ambiente “pacifico”, costantemente bagnato da una naturale “luce primaverile”, l’ideale per la visione umana. A coronare il tutto un sottofondo jazz, composto appositamente da Marco Guidolotti, quando anche lui si immerse per la prima volta nell’ambiente virtuale tramite visore.
Soprattutto è possibile zoommare ogni quadro, semplicemente con le dita se si sta usando il cellulare, così come si fa con qualsiasi foto e così da osservarlo fino al più piccolo dettaglio. C’è solo un grandissimo difetto che però non dipende da Raphaello, ma dal virtuale in sé, ed è proprio il fatto che è… virtuale. La sua stessa natura è insieme il suo miglior pregio e peggior difetto. Come ha dichiarato una cara amica che non vive in una città che offre tante grandi mostre, ma pur di goderne viaggia per mezza Italia con il chiaro obiettivo di visitarne quante più possibili: “apprezzo queste idee, ma per me è come se mi facessero vedere la parmigiana di melanzane… facendo finta di farmela assaggiare”. Per chi è veramente appassionato d’arte è proprio così, e non potrebbe essere altrimenti. Anzi, sarebbe gravissimo. Così come non è possibile sostituire un abbraccio o un bacio vero con uno virtuale, anche l’arte ha bisogno di prossimità per dare “passione”.
Quindi potremmo concludere dicendo che nessun tour virtuale potrà mai sostituire una mostra dal vivo. Ma le mostre dal vivo possono imparare una cosa importante dal virtuale, e da un progetto come Raphaello, che risiede proprio in questa paradossale capacità di avvicinamento! Non solo il suo “miglior pregio”, ma anche l’ennesimo, benefico ribaltamento di prospettive, che “i tempi del coronavirus” stanno rendendo evidenti. In nessuna mostra o museo, infatti, c’è ormai la possibilità di avvicinarsi a meno di 10-15 cm dalle opere. Per non parlare di quelle protette da una lastra di vetro, che spesso creano fastidiosi riflessi che si accordano (malissimo) con un’illuminazione non sempre ragionata, o quasi impossibile da rendere perfetta.
Di Raffaello insomma vedevi la calma immensità delle sue figure per intero, ma non ero mai riuscita a cogliere a pieno certi dettagli (ricami, fiocchi, anelli, monili, rughe, brillii, sfondi…) perché solo il virtuale, nella sua lontananza, mi ha permesso di avvicinarmi così tanto.
Credo che usciti da qui, dalla quarantena dei musei, anche questi debbano avere il coraggio di ripensare l’avvicinamento della persona all’opera d’arte o perlomeno dotarsi di schermi che permettano, anche, questa visione ravvicinata, per regalare in questo modo un’esperienza davvero “completa”. Oggi che ci si sofferma di più a pensare come fosse assurda la “vita di prima”, forse dovremmo rimettere in discussione anche quella che era la “normalità” dei musei che spesso creava più insofferenza che vero godimento: il dover prima scavalcare una serie di persone, poi avvicinarsi, ma non troppo per non fare suonare tutto, e alla fine quasi rinunciandoci, magari rimanendo più lontani del dovuto, presi dall’ansia dell’allarme, ma anche del custode che ti segue con lo sguardo e talvolta anche con i piedi, per controllare che tu non ti faccia prendere da “troppa passione”. “Io ci ho provato. E mi hanno sgridato”, conferma l’amica.
Insomma, il discorso della parmigiana è una grande verità (nessuna versione virtuale può, ancora?, superare quella originale), ma anche questo tour non reale mi ha dato una sua prospettiva di realtà, facendomi passare un’oretta senza pensieri, completamente immersa in una pace che mi ha dato la possibilità di vedere Raffaello (almeno!), e in modo diverso. Non propriamente vicino, ma quasi.