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Coronavirus, un karma per tutti

Di questi tempi è difficile guardare ai lati positivi, ma per fortuna ci sono sempre. In questi giorni li abbiamo notati e condivisi tra amici e conoscenti, e al 45esimo giorno di quarantena, cominciano a essere parecchi. Dai ribaltamenti di prospettiva alla natura liberata, oggi parleremo soprattutto di quanto ogni cosa sembra riacquistare il proprio significato, quello “vero e originale”, oppure il contrario, ne prendono uno completamente nuovo che mai avevamo considerato…

Questa pandemia ci fa assistere a un ribaltamento di ogni certezza e prospettiva. Se gli stereotipi sociali sono i primi ad aver registrato questo cambiamento, così è successo anche per la natura, di nuovo libera di esprimersi. E così succede per quasi ogni cosa ci ritroviamo a sperimentare in questi lunghi giorni.

Durante 45 giorni di quarantena in Italia di certo il primo “esperimento” che stiamo vivendo è un restringimento delle libertà, soprattutto di movimento, a cui (quasi) nessuno era abituato. Non è stato facile adattarsi, ma anche qui si è verificato un paradosso. Quanto più venivamo chiusi, tanto più ci sentivamo liberi su certe questioni che finora ci avevano schiavizzato. Il traffico, l’inquinamento, la frenesia del lavoro, la lotta contro un individualismo spesso egoista, le perdite di energie dietro questioni futili, la competizione a tutti i costi, la sensazione costante di non avere mai tempo per le cose importanti… sono solo pochi esempi.

Roma, traforo Umberto I. Di certo questo era un posto davvero brutto da frequentare… assordante e irrespirabile quando era pieno di macchine (sempre), ma essendo anche un’utile scorciatoia spesso ti ritrovavi a affrontarlo, preso dalla fretta della “vita di prima”. Adesso… be’ perfino lui acquista un qualche fascino. E grazie alla lentezza con cui oggi sei portato ad attraversarlo vai anche a scoprire che prima era rivestito da maioliche Richard Ginori, nientemeno, che ora sono visibili solo alla fine di uno dei due lati (verso via del Tritone). v. foto nella galleria sotto. (Foto credits: aL Rinaldi – StereoType Magazine)

Mentre altre cose hanno preso il significato opposto. I posti più brutti in cui stare sono diventati improvvisamente belli o quantomeno interessanti perché non erano mai stati visti in quel modo (mezzi pubblici, vie e luoghi non più affollati), le enormi scocciature sono diventate (quasi) un piacere (penso alla gente che ti chiama dai call center e oggi ti chiede “come sta?”), perfino Berlusconi è diventato un “filantropo” coi suoi 10 milioni donati… mentre scappava a Nizza. Certo ci sono anche i tasti veramente dolenti, come il meteo che seguivamo sempre come una Bibbia, e ora è quasi da rifuggire con annesse danze della pioggia… è ovvio che certe piccole soddisfazioni non possono bastare all’animale sociale per eccellenza, ma quando ritroveremo la nostra socialità, tutto questo bagaglio completamente nuovo alla fine lascerà solo una traccia positiva per capire quello che vogliamo veramente.

Perché solo ora possiamo notare come fosse strano “il mondo di prima”. Per esempio c’è chi è rimasto colpito da tutti questi flash mob e cantate insieme (Geppi Cucciari), notando una ritrovata “vicinanza tra vicini di casa” (era strano il contrario); mentre qualcun altro (Cristoforo Gorno) assiste, incredulo, a “un dibattito pubblico più sensato” (come dovrebbe essere altrimenti?), senza più tanti urlatori o sentenze senza appello. E anche se le fake news continuano a girare impunite (e continueranno a farlo per sempre), c’è chi registra “molta più attenzione a capire come stanno veramente le cose” (sarebbe sensato); e “uno sforzo più concreto nell’essere obiettivi” (sarebbe giusto). Perfino i social network che finora ci avevano di fatto distanziato, ora acquistano il senso che dovevano avere fin dall’inizio, ma non avevano mai molto avuto.

I social servono per avvicinare persone lontane, e non allontanare persone vicine. I social che prima intasavano la vita reale, rubandogli tempo e spazio, adesso che la vita reale non c’è più sono l’unico mezzo che rimane per averne contatto. Si spera dunque che, per un’altra legge inversa, quando la vita reale tornerà, non saranno più così inutilmente invasivi, perché sapremo gestirli meglio… perché sinceramente fra poco non ci importerà proprio un bel niente di stare davanti a degli schermi di qualsiasi misura essi siano. Siamo affamati di vita, e i social ci hanno levato pure troppo tempo, prima. E adesso lo sentiamo sulla nostra pelle lontana dal sole.

Roma, via del Boschetto – opere d’arte lungo la strada (Foto credits: aL Rinaldi – StereoType Magazine)

Dei peli, barbe, capelli e selfie. La libertà sulla cura della persona. Certo, non truccarsi, non depilarsi, stare sempre in pigiama o in tuta, quasi non lavarsi…! Detto così non è il massimo, ma la maggior parte di noi (soprattutto donne, ma non solo) sta sperimentando per la prima volta questa libertà dallo sguardo (giudicante) altrui. E finalmente i selfie (di facce e di cibi e di piedi al mare) che intasavano ogni canale social sono improvvisamente (quasi) spariti. Non era più tempo di gare (più o meno aperte) a chi è più fico, era tempo di silenzio, di vero (!) ripiegamento su sé stessi, e non in senso negativo. Dalla forma esteriore sgargiante siamo stati spinti per un attimo a tornare a quell’interiore silenzioso che veniva sempre zittito dal rumore che c’era fuori. Come notò Marco Damilano in una puntata di Propaganda Livele persone sembrano più umane, anche a partire da un aspetto meno estetizzato”. L’estetica nasconde, ma siamo sicuri che “nasconderci” (dietro corpi sempre al top) ci serva veramente? Queste barbe e capelli lunghi, bianchi o spettinati… non sono mai stati un segno di sciatteria. Chi l’ha deciso? Ce li abbiamo tutti, sono solo umani.

Un altro “calcetto” alla TV. Il coronavirus aiuta anche a sprigionare creatività, ma certo questo ha contribuito a dare un altro calcetto, per non dire spintone alla TV che ha bisogno di prossimità per lavorare, e ora che non può più permettersela, per la prima volta vede crollare il palinsesto, che si fa ripetitivo e un po’ triste, mentre internet dall’altra parte sembra acquistare il suo per la prima volta, mostrando alla TV ancora una volta l’agilità che ha e su cui non ha eguali nel mondo dei media. Dopo le serie, i film, la musica e un intrattenimento generale, internet ruba alla TV l’ultima cosa che gli era rimasta: i programmi.

Grazie alle dirette Instagram (facebook, Youtube…), che è sufficiente ripetere con una cadenza costante, si creano format in 10 minuti, con ospiti e dibattiti talvolta di tutto rispetto, e in termini di seguito non hanno neanche molto da invidiare al vecchio share. Ed è roba creata alla metà della metà della metà del costo rispetto a quello che una TV deve sostenere, anzi spesso il costo sta a zero. Ma risultano come una piacevole e nuova boccata fresca di facce e opinioni. Si vedrà, finita la quarantena, e quando la TV sarà di nuovo libera da vincoli, cosa succederà a entrambe le realtà… ma intanto la creatività oggi sente di poterne fare a meno. E forse tutto questo porterà anche a dare molto meno credito al vip di turno, perché come molti sottolineano, vederli lì nelle loro case enormi, piene di giardini e piscine, che si lamentano della quarantena… be’ non aiuta molto a sentirli vicini.

Roma, via Palermo – Non scordandoci mai di chi la casa non ce l’ha proprio e cerca così di costruirsela come può, con poche cose e pochi libri… (anche loro assurdamente tematici… tra il Non ti muovere e Il giorno prima della felicità…) (Foto credits: aL Rinaldi – StereoType Magazine)

Poi certo succede anche il contrario. La casa che prima ci accoglieva ora ci imprigiona, ma per degli attimi può sembrare che sia tutto come sempre. Magari quando guardi un film, e tutto fa pensare a una serata casalinga come tutte le altre pre-quarantena. Possibilmente film ambientati in casa, suggeriva Makkox, “sennò rosichi”, ma io rosico perfino così perché poi i protagonisti parlano di quello che fanno fuori casa, allora preferisco ripiegare direttamente sui cartoni animati, dove c’è davvero poco da rosicare (purtroppo), ma tutto da evadere! Anzi, se non fosse per i tanti device che per fortuna oggi abbiamo, ogni tanto sembra quasi di essere tornati indietro a riassaporare quella vita pre-internet, un po’ anni ’80, che non era comunque così male, quando cioè ci si sforzava a impiegare il proprio tempo a casa, solitamente tra libri e telefonate agli amici. E soprattutto tanta noia, che come avevamo già scritto, è molto più positiva di quanto si pensi. Perché anche qui, a costo di uscirne, si stimola una creatività che si snoda in tante forme, dal ritirare fuori oggetti “strani” o semplicemente antiquati, come binocoli e telescopi, vecchie fotografie, appunti e progetti tralasciati dalla vita di prima che non permetteva pause, ma ora qualsiasi cosa che ci fa stare bene ci aiuta ad ampliare lo sguardo oltre questi confini.

In ogni caso è terribile la sensazione di essere chiusi in 4 mura (soprattutto se non hai neanche mezzo spazio fuori), ma perfino questo ci porta a sentirci più vicini agli ultimi, a chi è in carcere, o semplicemente ai domiciliari. Se è dura a casa figuratevi dentro. È chiaro che c’è una sostanziale differenza nella “colpa”, ma a manifestarsi è la stessa tristezza e malinconia che però è spinta a inseguire di nuovo quella vecchia semplicità che era semplicemente felice. Semplice perché non c’è più un “distrattore di massa costante” che sta fuori, ma poi ci entra dentro. Siamo totalmente presenti. E così stiamo capendo che se tutto questo è troppo da sostenere, era troppo da sostenere anche prima. E ora abbiamo bisogno di cambiare davvero.

Un ultimo esempio. Una ragazza che in diretta sui social stava dicendo con entusiasmo che il suo contenuto era diventato “virale”, ma si è bloccata e non l’ha detto più. La cosa mi ha molto colpito. Da aggettivo alla moda, quello a cui sembrava che tutti aspirassero, a parola improvvisamente spaventosa, negativa, quasi da omettere. Di certo, se tutto questo fosse un film, gli sceneggiatori direbbero che far arrivare una pandemia in un mondo che sta in fissa per la roba virale, è “molto tematico”. Per non dire sincronico. Comunque un’ottima scelta, altrimenti il messaggio (del film) non passa.

Roma, via Crispi – Ma alla fine #andratuttobene… se saremo bravi! (Foto credits: aL Rinaldi StereoType Magazine)

Potremmo allora dire che questa pandemia è un vero karma per tutti. Anche se non crediamo al buddismo, tutti in qualche modo avvertiamo questa sorta di “regola naturale”. In Italia abbiamo un detto che in fondo dichiara lo stesso: quello che semini raccogli. Abbiamo esagerato tutti, e in tanti aspetti, chi di più chi di meno, chi con maggiore responsabilità e chi con meno, chi per colpa e chi (e siamo la maggior parte) perché inserito in un vortice di spersonalizzazione che si realizza da più di due secoli (dalla prima Rivoluzione Industriale). Abbiamo finalmente l’occasione di scegliere, imporre, o quantomeno resistere per realizzare come vogliamo vivere davvero, quando questo “dopo” finalmente arriverà…

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