Il sapone è una delle armi principali (continuando col filone metafore di guerra) per proteggerci dal SARS-CoV-2, ancora più dei gel disinfettanti a base di alcol. Dall’Oms fino a Barbara D’Urso, non si fa che ripetere l’importanza di lavarsi le mani spesso e approfonditamente, raggiungendo ogni piega e per un tempo di almeno 20 secondi per eliminare l’eventuale presenza di coronavirus o, più in generale, di microorganismi che possono essere nocivi.
Nonostante questo prodotto sia talmente di uso quotidiano da essere dato per scontato, ha un’origine antichissima e di gran pregio. I primi saponi fanno l’apparizione già tra i babilonesi, circa tre millenni prima di Cristo.
Nella Mesopotamia del 2800 a.C. però non erano propriamente usati per l’igiene personale, ma come mezzo per lucidare tessuti e capelli, accrescendo il proprio status sociale, oppure per curare le ferite. Dalle iscrizioni cuneiformi è stato possibile risalire ai metodi di preparazione, sostanzialmente una miscela di acqua, olio di cassia e altre essenze alcaline.
Pare che anche gli Egizi, come risulta dal Papiro di Ebers, fossero a conoscenza delle proprietà di grassi animali o vegetali e sali, che usavano per i bagni, ma anche lungo il Nilo l’utilizzo maggiore era per i tessuti. Allo stesso modo in Cina era noto un prototipo di sapone, ottenuto a partire da grassi animali e ceneri vegetali.
I Romani, per il corpo, preferivano quello che oggi si chiamerebbe scrub: pietra pomice e strigili, strumenti in metallo che grattavano via gli strati di pelle su cui si accumulava il grasso, poi si improfumavano con oli essenziali – ovviamente solo chi se lo poteva permettere.
Ma è da loro che prendiamo il termine sapo, usato negli scritti di Plinio il Vecchio non per indicare la classica saponetta ma, con una punta di disprezzo, il prodotto per tingere i capelli di rosso tanto caro ai Galli. È solo nel II secolo d.C. che il medico greco Galone di Pergamo ne intuisce il possibile diverso uso.
I progressi verso il sapone come lo intendiamo ora arrivano dagli Arabi, che combinano oli vegetali, come oliva e alloro, con soda o cenere per ottenere sia composti solidi che liquidi. In particolare è Aleppo ad avere una fiorente produzione, grazie alle rigogliose coltivazioni proprio di olivi e alloro nella sua area.
Dal sapone di Aleppo deriva quello di Marsiglia. A partire dal IX secolo, le espansioni arabe nel nord del Mediterraneo e le successive Crociate fanno sì che anche il sapone inizi a circolare nell’Europa meridionale, ma ancora come bene di lusso. Dovranno passare quasi mille anni per una diffusione su larga scala.
I primi esperimenti inglesi del Seicento falliscono per l’uso di processi a freddo e per il dosaggio della soda caustica. In Francia, gli studi del chimico e chirurgo Nicolas Leblanc sull’estrazione di soda dal cloruro di sodio e quelli del chimico Michel Eugène Chevreul sugli acidi grassi fanno ottenere grandi passi verso l’industrializzazione.
Nel 1861 arrivano i perfezionamenti da parte del giovane inventore belga Ernest Solvay, che appena ventitreenne deposita il primo brevetto e lancia una produzione più capillare. Solvay migliora anche il problema di inquinamento del metodo Leblanc, che rilasciava troppo acido cloridrico e solfuro di calcio. I contemporanei studi sulla sofisticazione alimentare portano inattesi risultati anche in un’altra direzione, contribuendo al calcolo delle quantità ottimali di soda da utilizzare per i saponi, così che l’epidermide non ne risenta.
Il sapone perde il suo carattere di bene di lusso artigianale, ma ovviamente contribuisce al drastico miglioramento dell’igiene personale – insieme al diffondersi dei bagni in casa, del sistema fognario, dei progressi in medicina eccetera. Per capire la popolarità guadagnata dai detergenti, negli anni ’30 le industrie statunitensi di saponi e detersivi sono le grandi finanziatrici dei nascenti radiodrammi a puntate, destinati soprattutto alle casalinghe, che finiranno per essere noti col nome di soap opera o, ancora più brevemente, soap.
Non mancano le eccezioni al consumo di un prodotto ormai così comune. Cor è il nome del sapone più caro del mondo, dal prezzo di circa un dollaro al grammo (contro i pochissimi centesimi di un Marsiglia, ad esempio) e contenente nanoparticelle di argento
Un prodotto che validerebbe l’affermazione di Justus von Liebig, barone tedesco vissuto nell’Ottocento, che sosteneva “il sapone è una misura del benessere e della civiltà degli Stati”.