“I criminali sono codardi superstiziosi, quindi il mio travestimento deve incutere timore nei loro cuori. Deve essere una creatura della notte, nera, terribile… un pipistrello!”. Il fumetto di Batman, l’unico supereroe senza superpoteri, inizia con questa vignetta, che spiega la scelta di Bruce Wayne dell’animale cui ispirarsi per portare avanti la sua lotta contro il crimine.
Il pipistrello porta spesso con sé un’aura sinistra, a partire dal fatto che sia una sorta di topo alato notturno che dorme a testa in giù. Sebbene sia nella quasi totalità dei casi innocuo per l’uomo e gli animali addomesticati, la presenza di pochissime specie ematofaghe (sulle migliaia esistenti) ha dato vita alle associazioni con i vampiri.
Nel cristianesimo, il diavolo è raffigurato con le implumi ali di pipistrello e la mitologia e le superstizioni partite dai bestiari del Medioevo hanno fatto di questo simpatico chirottero il compagno ideale anche delle streghe.
Ma non tutto il mondo ha avuto questa visione pregiudizievole dei pipistrelli. In Cina ad esempio sono segno di longevità. I Maya avevano una divinità dal nome Camazotz, che univa i termini “morte” e “pipistrello” della lingua dell’epoca, ma era una morte intesa come iniziazione. Tra i nativi americani del nord del continente il pipistrello era visto come simbolo di intuizione, metafora per la visione notturna di cui sono dotati, e di rinascita, per la posizione da dormienti che ricorda quella del bambino appena nato.
Ma il pipistrello è anche uno degli animali dietro la leggenda del chupacabra, vampiresca figura mitologica centroamericana che, come dice il nome, “succhia (il sangue delle) capre” e che, come una chimera, unisce più animali in una specie di canide antropomorfo con le ali da pipistrello.
Dal punto di vista medico, trascendendo superstizioni e tradizioni, il pipistrello è all’origine di tutte le ultime epidemie virali degli ultimi decenni. Sars in Cina, Mers in Medio Oriente, Nipah in Malesia, Ebola in Africa, ora il Covid19, sempre secondo lo stesso schema. Il virus riesce a fare il salto di specie, dal pipistrello a qualche altro animale serbatoio più a contatto con l’uomo e quindi arriva a noi grazie alle rapide mutazioni genetiche. Ancora una volta il povero pipistrello deve scrollarsi di dosso una nomea negativa, perché in realtà non sarebbe il problema delle epidemie, bensì la soluzione.
Il film Contagion di Steven Soderbergh è tornato di moda “grazie” alla pandemia di Covid19 e, nonostante la sceneggiatura sia più catastrofista della pur grave situazione attuale o della Sars che lo ha ispirato, il finale ricalca perfettamente una plausibile realtà che porta allo spillover, il salto di specie.
Nella pellicola, la deforestazione allontana i pipistrelli dal loro habitat, portandoli a contagiare tramite feci un maiale, che infetta a sua volta il cuoco che lo sta per cucinare e in seguito una donna statunitense in viaggio d’affari in Cina, dopo che lei gli stringe la mano non opportunamente lavata.
Dovrebbe essere inutile specificare come Soderbergh non sia stato un profeta, ma che abbia inserito una dinamica già verificatasi.
Le teorie del complotto avranno anche un lato affascinante, immaginare trame e intrighi internazionali cattura facilmente il pubblico. Ma se spesso la realtà sembra più noiosa, è anche più spaventosa. Il WWF sostiene che c’è un forte legame tra “zoonosi”, cioè malattie trasmesse da animali, e “cambiamenti climatici, alterazioni degli habitat e perdita di biodiversità”. È un qualcosa che ci mette davanti alle nostre responsabilità molto più dell’idea di qualche scienziato pazzo, al soldo di eserciti o governi malvagi, che decide di rilasciare un virus modificato in laboratorio per chissà quale scopo.
Il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi ha dichiarato che “la foresta è il migliore antivirus”, perché “mantiene l’equilibrio. Se questo si spezza, si sparge tutto come il vaso di Pandora”. Il tanto odiato “untore” pipistrello sarebbe per noi una preziosa risorsa, perché in grado di tenere circoscritta a quell’habitat la circolazione dei virus. Il loro efficiente sistema immunitario, costantemente attivo, e le relative risposte antinfiammatorie fanno dei pipistrelli “super animali” capaci di abbattere i virus. Non a caso sono molto più longevi degli altri mammiferi della stessa taglia, vivono circa 40 anni contro i due o tre dei roditori (e si torna alla longevità attribuita dai cinesi).
“Proprio per per un sistema difensivo così forte”, continua Tozzi, “il pipistrello diventa più aggressivo se stressato” – essere cacciati dal proprio ambiente sarà mica fonte di stress? – “produce più saliva e rilascia più carica virale sugli animali serbatoio, da lì il salto all’uomo”.
Uno dei possibili serbatoi è il pangolino, che sebbene non compaia su nessuna tavola e quindi allevamento, viene spesso trafficato in maniera illegale per via delle (ovviamente non comprovate) proprietà afrodisiache. L’importanza di smantellare il mercato nero non sta solo nell’empatia con le varie specie, che già sarebbe un motivo valido, ma se vogliamo ha anche motivazioni egoistiche.
Da una parte il traffico aumenta le possibilità di circolazione dei virus, perché mette spesso a contatto animali domestici e selvatici non controllati dal punto di vista sanitario; dall’altra genera miliardi di dollari di sommerso ogni anno, che in molti casi finanziano il terrorismo internazionale.
Che fossero visti come demoni, divinità o supereroi, i pipistrelli non sono mai stati considerati con indifferenza. E anche l’approccio puramente scientifico (a volte antropocentrico) non li valuta neutrali. Per l’utilità nello sviluppo dell’agricoltura, essendo in grado di impollinare anche a grandi distanze, per la difesa dalle zanzare (possono mangiarne anche un migliaio a notte), ora anche come “antivirus” naturale. Ma, giustamente, alle sue condizioni.