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Da Dolly a Crispr… orrori e creazioni

Crispr, la nuova tecnologia molecolare che ci permette di modificare il Dna, è stata talmente dirompente che in pochi anni è riuscita già a conquistarsi tutti gli stereotipi possibili, belli e brutti…

Da Dolly a Crispr. Dopo aver affrontato la frontiera delle staminali, Anna Meldolesi, giornalista scientifica, approfondisce un altro campo futuristico della scienza, quello dell’editing genomico, cioè la possibilità di correggere il Dna direttamente dentro il Dna. Come? Attraverso il sistema Crispr-Cas9 (si pronuncia crisper), tecnologia molecolare ideata nel 2012, che permette il famoso “taglia e incolla del Dna”, ma proprio in merito a questo, invece che questa espressione informatica, “sarebbe meglio usare la metafora editoriale del trova & sostituisci. Visto che di editing si sta parlando…

Perché è proprio quello che succede, come si può leggere sul sito dell’Osservatorio Terapie Avanzate: negli anni ’90 il sistema Crispr “è stato originariamente scoperto nei batteri, nei quali agisce come difesa contro i virus, e funziona in maniera molto semplice, ma con grande efficienza”. Crispr-Cas9 è dunque la combinazione tra questo “sistema di difesa” con la proteina Cas9, in grado di tagliare il Dna, e un RNA guida, che a quel punto si appaia al Dna del virus per indicare a Cas il punto preciso in cui tagliare. Una volta tagliato, il Dna si aggiusta autonomamente grazie ai naturali meccanismi di riparazione della cellula.

Con Crispr-Cas9 la scienza è oggi in grado di modificare qualsiasi tipo di cellula, vegetale, animale e umana, anche solo per un singolo, minimo errore, in qualsiasi punto del genoma. Una tecnica che, in confronto alle precedenti, è facile, veloce ed economica, ampliando le sue possibilità in ambito terapeutico. La tecnologia Crispr è oggi “utilizzata in tutti i Paesi per democratizzare l’editing genomico”.

Crispr è il futuro della genetica, ma “viene descritto coi soliti, vecchi stereotipi per pigrizia o sensazionalismo: come successe per la pecora Dolly, primo mammifero ad essere stato clonato a partire da una cellula somatica nel 1996, negli articoli si attinge alla fantascienza, impoverendo il pezzo invece di arricchirlo”. Se da una parte è normale che ogni nuova tecnologia porti al sensazionalismo, dall’altra sembra difficile uscire dai soliti “stereotipi descrittivi”: evidentemente fa pop o cool utilizzare “un immaginario del 1932 per una tecnologia del 2012”. La Meldolesi si riferisce all’utilizzo quasi ossessivo (nel giornalismo anglosassone) del modo di dire “brave new”… qualcosa, a citazione del noto romanzo distopico di Aldous Huxley, Brave new world (in italiano tradotto ne Il mondo nuovo).

Così, come spesso capita quando si ha a che fare con gli stereotipi, si oscilla tra estremi dipingendo Crispr come il risolutore o il danneggiatore di tutto. Vedi il caso di Wired che nel 2015 titolò come per dire che Crispr segnerà la fine di ogni problema, “ma quella copertina è eccessiva” e non fa che alimentare lo stereotipo (nuovo di zecca) di Crispr come panacea di tutti i mali.

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I pro, ma soprattutto i contro di Crispr. Oltre al problema di un possibile incoraggiamento alla sperimentazione sugli animali (quando potrebbe essere sostituita con altre sperimentazioni oggi possibili come le culture 3D delle cellule staminali umane, organoidi umani e tecnologie di tessuti/corpo su chip)… ecco qualcuno che cerca di guardare all’intera faccenda stilando una lista di pro e contro che anche Crispr ha, come tutto. 

Di contro, ci sono “i cattivi di Crispr”. Nel 2018 salì alle cronache la controversa storia che coinvolse il genetista cinese He Jiankui (e che l’ha portato oggi a una condanna di tre anni di reclusione), primo nel mondo ad aver modificato geneticamente degli embrioni, per renderli immuni al virus dell’Hiv, ma con lo scopo di portare a termine la gravidanza. Da quel parto pare siano nate due gemelle, che ad oggi avrebbero 1 anno e 4 mesi, ma “che fine hanno fatto? Non si sa nulla”. Senza contare che eventi controversi come questo portano a ingigantire “il Far-East della bioetica, sempre dipinto come ‘cattivo’, ma in Oriente fanno anche ottima medicina”. Come in qualsiasi altra parte del mondo. E, di fatto, le intenzioni di Jiankui non erano nemmeno così “cattive”…

A tutto questo si connette il fenomeno del cosiddetto “biohacking ovvero i rischi della terapia genica “da garage”. Grazie a una tecnologia così semplice da usare chiunque può mettersi a giocare col Dna? Non proprio. Più realisticamente si tratta di biologi che cercano di trovare soluzioni alternative. Come successe con Slybera, imitazione illegale di Glybera, per trattare il deficit di lipoproteina lipasi, una malattia rara che non permette l’assimilazione di grassi e può portare anche alla morte.

I costi elevati e la mancata reperibilità delle terapie avanzate giustificano il biohacking, (purtroppo i farmaci talvolta devono essere ritirati per costi eccessivi), ma secondo la Meldolesi, “sono persone intelligenti che danneggiano la tecnologia” poiché come succede in quasi tutti gli ambiti, sembra che le versioni economiche non funzionino come gli originali, proprio perché non attraversano il famoso e complesso iter di “sicurezza ed efficacia” che spetta a ogni nuovo farmaco.

Nel 2017 un video di Repubblica dal titolo I rischi del kit per ogm fai-da-te (comprato su internet), sembrava dirla lunga su questa tecnologia “alla portata di tutti”. Ma anche in questo caso, se non hai conoscenze di biologia molecolare e un laboratorio, non è affatto semplice da utilizzare e comunque non è pericoloso in sé. Tanto per cambiare su Netflix “c’è anche una serie Tv sul biohacking, ma non si dovrebbe dargli troppa diffusione…” che è anche la cosa perfetta da dire per dargliela!

L’ombra eugenetica. Quando si parla di eugenetica a tutti si rizzano i capelli in testa, perché la prima associazione che si fa è con il nazismo. Ma l’eugenetica è un “concetto complesso che non rende giustizia alla tecnologia, ma nemmeno alla Storia” perché è chiaro che appartengono all’eugenetica anche tutte le terapie avanzate di cui stiamo parlando, se è vero che “essa mira, tramite teorie e pratiche, al miglioramento della qualità genetica della popolazione umana nel suo complesso”. Ma se nell’articolo in cui parlo di eugenetica “metto la foto di un bambino biondo con gli occhi azzurri… ecco che comunque a quello penserò!”, non facendo mai morire lo stereotipo della “razza migliore”.

Per orientarsi al meglio il segreto è sempre lo stesso: affidarsi a fonti autorevoli che non ingigantiranno né sminuiranno i discorsi. Tra quelle estere la Meldolesi segnala Statnews e Techreview del Mit, in Italia il già citato Osservatorio Terapie Avanzate e il suo stesso blog che si chiama, non a caso, Crispr Mania. Quindi niente entusiasmi, ma neanche paure o depressioni. Ogni cosa ha sempre una faccia e il suo contrario, e in mezzo… fin troppe ce ne sono!

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