Il “qui e ora” è un concetto che si fa sempre più labile dentro società sempre più distratte su un generico “altrove” riprodotto dai media. Eppure è proprio l’essere nel “qui e ora” che rivela certe “sincronicità” di eventi interiori ed esteriori, che non bisognerebbe ignorare se si vuole vivere pienamente…
Nei secoli, in “Occidente” (definito così per semplificazione, ma senza mai dimenticare che “tutto è relativo”), abbiamo sviluppato una “concezione lineare del tempo”, che pesca sia dalla scienza (Illuminismo) che dalla religione (Cristianesimo), rappresentandolo così come una freccia o come un itinerarium, che infatti era la guida dei pellegrini medievali per la Terra Santa. Un tempo cioè causale, basato sulla logica razionale e generale di causa-effetto. Un tempo che ha un inizio e una fine, in cui passato, presente e futuro si susseguono, per cui ogni attimo travolge ciò che era “prima”.
Eppure è un po’ uno stereotipo pensare al tempo solo in questo modo, poiché esiste un’altra concezione del tempo, molto più antica, che è la sincronicità, così come è stata (re)introdotta e definita per il “mondo occidentale” dal grande psicanalista Carl Jung, a partire dal 1950, mentre stava studiando l’I Ching. Il Libro dei Mutamenti, l’antico testo oracolare cinese. In seguito a parlare più approfonditamente di Divinazione e sincronicità fu Marie-Luise von Franz, allieva e collaboratrice di Jung, e questo è il titolo del libro recentemente curato da Tlon Edizioni che raccoglie una serie di lezioni da lei tenute presso lo Jung Institute di Zurigo nel 1969.
Prima di loro, solo il grande filosofo Nietsche si scontrò con il tempo deterministico all’occidentale, sottolineando che è proprio accettando questa dottrina che non ci rendiamo più possibile vivere pienamente, perché sappiamo che ogni istante verrà scalzato, privato di significato, da quello successivo. Nella sua visione dell’eterno ritorno, invece, dove il tempo viene intuito da Nietsche come ciclico, l’attimo presente merita di essere vissuto per sé stesso, proprio come se ogni pezzo del tempo fosse eterno.
Non più, quindi, una “tensione angosciosa verso un compimento che è al di là da venire”, bensì un’immersione nel tempo sempre presente. Qualcosa di affine a quel “vivi l’attimo” che sembra andare sempre più di moda oggi, colorando ogni filosofia da auto-sviluppo personale. “Gli occidentali”, infatti, solo in tempi recenti stanno ri-andando oltre la semplificazione del causa-effetto. Lo stesso “Cristianesimo lineare” non è riuscito ad abbandonare totalmente la ciclicità da cui deriva, come tutte le cose, poiché la messa, tra gli esempi, è vistosamente ciclica.
Questa concezione di “tempo ciclico e sincronico” i cinesi la conoscono… da tempo. Esso non è mai stato causale per loro, bensì casuale, un tempo che non guarda alle cause e nemmeno agli affetti, ma “si limita all’osservazione dei fatti”, basandosi su quegli stessi numeri naturali (e universali) che però non sono concepiti come una quantità, ma un’unità, “l’archetipo di un ordine divenuto cosciente”, precisa la von Franz. Tutto questo ha a che fare con la famosa “visione olistica” delle filosofie orientali: il com-prendere il tutto tramite il particolare.
Ma oggi “è evidente che sono due approcci del tutto complementari. Gli esperimenti eliminano il caso, l’oracolo lo mette al centro; l’esperimento si basa sulla ripetizione, l’oracolo si basa su un unico atto. Il primo si basa sul calcolo delle probabilità, il secondo si serve del numero unico e individuale per ottenere informazioni”, diceva la Von Franz.
E si può andare ancora più “a fondo”, arrivando ai fondamenti della fisica. “Poiché psiche e materia sono contenuti in un unico mondo, ma sono anche in costante contatto con l’altro… non è solamente possibile, ma, in una certa misura probabile che materia e psiche siano due aspetti diversi di una stessa cosa. I fenomeni di sincronicità indicano, a me sembra, tale direzione, poiché senza connessione causale, il non-psichico può comportarsi come lo psichico e viceversa”. “Cosa tende ad accadere insieme?”, o meglio, “quali eventi amano accadere insieme?”
Questo si chiede chi ha in mente un tempo ciclico, e non rettilineo, che è, invece, quello che fa sorgere domande come: “cosa ha portato a questo?” o “che accadrà dopo?” o “dove andremo a finire?”. “La causalità descrive la sequenza temporale degli eventi, la sincronicità riguarda la coincidenza temporale… di due o più eventi non correlati fra loro da una stessa causa, che però hanno lo stesso significato o un significato simile”. Per esempio una corrispondenza tra un sogno, un’idea improvvisa o un presentimento, e un accadimento reale.
Ed ecco perché qui il tempo causale non riesce a spiegare perché questo avvenga. Dunque è strano, se non un vero peccato affidarsi solo a questo principio se esso di fatto non può spiegare tutto. Come dire: “non sono le ore 20:00 solo perché sta iniziando il telegiornale, né tantomeno esso inizia perché sono le 20:00”. Se la stessa fisica non risponde solo alla causa, perché dovrebbe rispondervi il cervello umano che naturalmente lavora per legami associativi, estremamente sincronici e significativi?
Un classico esempio di sincronicità che Jung presentava è pensare a una persona e subito dopo vederla arrivare. Oppure, più sofisticato, Jung descrisse il caso del signore che si vide recapitare a casa un vestito nero, e proprio il giorno della morte di suo fratello, invece di quello blu acquistato. Un errore del negoziante, certo, ma che caso, che sincronicità, che significato! Posso testimoniare anch’io come la vita si costelli di coincidenze (“significative”, diceva Jung) che si verificano soprattutto con le mie amiche più strette, con cui dunque “sento” una più forte connessione.
“Fino a Leibniz la causalità non è né unica né predominante”. Infatti, “sia la concezione primitiva che quella antica e medioevale della natura presupponevano l’esistenza, accanto alla causalità, di un simile principio”. Nel corso del XVIII e XIX secolo la causalità è poi diventata il principio esclusivo delle scienze naturali e così la sincronicità è scomparsa del tutto. Il sogno premonitore (o addirittura l’esperienza di pre-morte, anch’essa vissuta da Jung) sembrano un’altra assurdità, ma come le “coincidenze significative”, hanno una loro casistica (unica) che non può essere riprodotta come pretende la scienza per avvalorare gli eventi. Ma che un fatto non possa ripetersi, non lo rende “meno reale”…
L’unico modo attraverso il quale “strani avvenimenti unici” come sogni, presentimenti, premonizioni, coincidenze significative, telepatie ed esperienze pre-morte, possono essere spiegati è attraverso il tempo sincronico. Jung una volta sognò un suo paziente morto sugli scalini di una chiesa, cosa che “poi” era successa per davvero. Oppure racconta di quando uno scarabeo batté alla finestra del suo studio mentre una sua paziente raccontava di un sogno che aveva per protagonista proprio uno scarabeo. E lo scarabeo, come tutte le cose antiche, ha significati antichi, sempre veri anche per le persone di oggi. Quella visione fu per lui e per la sua paziente una vera “rinascita” psicanalitica. Perfino io ricordo un sogno premonitore su una persona della mia famiglia che stava morendo, ma che nemmeno conoscevo direttamente. Eppure nel sogno sapevo perfettamente chi fosse e mi comunicava che per lui era tempo di andare.
Insomma il tempo è, nella sua circolarità, sequenziale e insieme sincronico, ed è perfino confortante sapere che permetta connessioni, non preannunci una fine e prometta cambiamenti. Soprattutto, che ci sia un modo per sperimentare un pezzettino di tutto questo, attraverso l’I Ching “a cui nulla sfugge”…
Continua con I Ching, il tempo ha qualcosa da dirci
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