Come gestire la questione plastica, che non è solo un problema ma anche un’opportunità. E intanto, tra messe al bando e nuove progettazioni, l’Italia è tra i Paesi leader del cambiamento…
(continua da Un mondo senza plastica è (im)possibile)
In Europa è stato deciso che “entro il 2021 ci sarà la messa al bando di una decina di prodotti plastici decisi esclusivamente su base statistica in seguito al loro ritrovamento sulle spiagge: essenzialmente i monouso…” Giustissimo, il monouso è un vero spreco, emblema del mondo capitalista, anche se poi, a guardare l’elenco, ci si potrebbe chiedere: “perché il bicchiere sì e il piatto no?” Andrea Barbarella della Fondazione per lo sviluppo sostenibile sottolinea che il marine litter (l’inquinamento marino) è stato “uno dei motivi che ha disincentivato il monouso”. E il perché è semplice: “in mare c’è di tutto”, anche se non si vede. Sì perché “solo il 15% dei rifiuti galleggia, il 70% si deposita sul fondo”. Poi ci sono le tanto citate “microplastiche che sono le più pericolose, perché difficili da collocare, controllare e contrastare”. Inoltre “si stima che a livello globale il 32% degli imballaggi in plastica sfugga ai sistema di raccolta”.
“L’imballaggio è la plastica più visibile”. L’idea legittima di oggi di liberarsi dagli imballaggi non può prescindere dal riconoscimento (obiettivo) che anche in questo caso (come gli altri esempi citati nell’articolo precedente) la plastica abbia avuto e può continuare ad avere (se correttamente riciclata) una sua funzione importante: oltre ad aver ridotto il peso degli imballaggi stessi, “serve per la protezione, l’igiene, il trasporto, l’informazione sul prodotto… producendo comunque una bassa emissione di Co2”. Il carbon footprint della plastica è infatti del solo 1% e gli imballaggi si attestano allo 0,5… alla luce di tutto questo si può forse affermare che “la plastica subisce, di partenza, una criminalizzazione eccessiva”, continua Protopapa. Senza scordare il “bias del sovrastimare le cose a cui siamo esposti, quindi vediamo tanti imballaggi intorno a noi e pensiamo siano tantissimi. Di fatto ammontano a “soli” 13 milioni di tonnellate, costituiscono cioè l’8% del totale dei rifiuti prodotti nell’anno (2017). 29 milioni di tonnellate sono gli altri rifiuti urbani. Il totale dei rifiuti prodotti nell’anno dall’Italia sono 164 milioni di tonnellate”.
La differenziata. Senza toccare Ama (per chi vive a Roma e poco la “ama”) e la Roma Multiservizi dei “furbetti del badgettino” (senza voler additare gli operatori che sono ovviamente i meno responsabili di disposizioni che arrivano dall’alto, come rivelato, ma ogni cittadino romano già sapeva in cuor suo, dai servizi de Le Iene), sono tantissimi i sistemi autonomi che gestiscono i rifiuti in Italia e (pare) funzionanti, altamente specializzati, e anche produttori di plastica: come il Conip (Consorzio Nazionale Imballaggi Plastica) che ricicla per creare cassette e pallet in plastica; il “sistema Pari” di Aliplast che raccoglie, gestisce, produce e vende film flessibili in Pe-Ld (Polietilene a bassa densità) utilizzati in molti settori industriali; Coripet che si occupa del riciclato in Pet per liquidi alimentari…
Tornando a Corepla, il consorzio ha gestito “1 milione e 220 tonnellate di raccolta differenziata nel 2018”, un +14% rispetto all’anno precedente. Dal suo punto di vista può solo dire che “mettere tutto insieme non significa che la differenziata non si fa”. Evidentemente avrà un altro tipo di gestione, ma di certo con Ama significa proprio che non si fa, se nei video incriminati si vedono sversamenti indifferenziati in cassoni differenziati! In ogni caso “aumentare la Tari per la differenziata è una gran cavolata”, per non dire una truffa, visto che “i costi se li accollano i consorzi come Corepla, e non il Comune. Se il Comune mette le persone in condizione di fare la differenziata le persone la fanno. La differenziata è infatti un settore “sempre in crescita”, che fino a oggi non ha mai visto una battuta di arresto, passato “da 200 a 1 milione di tonnellate” di rifiuti gestiti.
Fondamentale è anche la progettazione dei prodotti a monte. “Alcuni di questi, come le vaschette per gli alimenti e le buste delle patatine, hanno un accoppiamento di materiali che sarebbero riciclabili se presi separatamente, ma insieme a oggi non siamo in grado di riciclarli”. Servono quindi nuove idee (per il 2019 era stata indetta una call apposta) che sfruttino anche il nuovo trend, visto che “la plastica riciclata, nel passato era vista come un prodotto più scadente, oggi invece è sentita come un valore”.
Definizione operativa di riciclabilità. “Prima cosa: non si ricicla il materiale, ma il prodotto, quindi ci deve essere anzitutto un circuito di raccolta, e Italia è l’unico paese che raccoglie tutto; poi, c’è la selezione; terza fase, il riciclo vero e proprio; quarta, l’applicazione”. In questo senso la bottiglia in Pet è il prodotto più riciclato al mondo: 15 miliardi all’anno solo in Italia…”. Il nostro Paese infatti, oltre al solito piangersi addosso, nel campo della “trasformazione delle plastiche è il secondo mercato europeo dopo la Germania”. Soprattutto considerando che attualmente l’Europa non è messa benissimo visto che produce all’anno 69 milioni di tonnellate di plastica, ma la quota di circolarità è ancora bassa, sotto il 10%… La crisi climatica ci fa pensare solo al sistema energetico, ma in realtà non è risolutivo da solo: la de-carbonizzazione degli Accordi di Parigi si ottiene anche con l’economia circolare. Se sviluppata, nel 2050 può abbattere le emissioni di Co2 del 45%! La cosiddetta “carbon strategy” deve cioè passare per la “circular strategy“.
“A proposito dei paragoni con gli altri in cui ci sentiamo sempre in difetto: “In Italia già si riciclava da tempo perché avevamo già capito che era un affare!” Attestandosi come “il primo Paese dove si è fatta ricerca su questo settore”, e cioè almeno dagli anni ’80… inoltre, guardando i dati Eurostat 2014 balza subito agli occhi che, considerando a titolo di esempio un Paese più piccolo di noi come la Danimarca, o uno più grande come la Germania, l’Italia si comporta comunque meglio. Parliamo di 3.558 kg di rifiuti all’anno per abitante (danese), 4.785 per tedesco, e “solo” 2.617 per italiano. E infatti…
“…i tedeschi dicono di noi che gestiamo bene e abbiamo anche meno evasione”. Assurdo? Stiamo forse sfiorando la follia? No, sono gli stereotipi che non fanno vedere chiaro e ci incancreniscono nelle nostre convinzioni da Paese più sfigato di tutti (e, al contempo, più fico di tutti). Soprattutto non ci fanno vedere che, come dice Caparezza in una nota canzone “ogni cosa giusta rivela il suo contrario, e se non sei d’accordo mi dispiace per te!”. Altro aspetto da sottolineare: “già nel 2007 l’Italia ha raggiunto e superato gli obiettivi europei del 2008 e ancora di più oggi: nel 2018 ha superato quelli del 2025, ovvero il 69,7% di riciclo raggiunto (l’obiettivo europeo è stabilito al 65%)”. Altra buona notizia, confermata anche dall’Ispra (Istituto Superiore Per la Ricerca Ambientale): nel 2018 si è finalmente disaccoppiato l’andamento dei rifiuti con quello economico, e cioè, un’eventuale crescita del Pil non corrisponde più a un quasi “automatico” aumento dei rifiuti (e delle emissioni di gas serra). Disaccoppiamento già confermato anche nel 2019.
Abbiamo tante leggi, come in tanti altri Paesi, ma rispetto a loro “in Italia si dice quando la norma è da rispettare davvero. Per questo ‘il virtuoso’ rimane un po’ fregato. D’altra parte evadere, eludere viene percepito come difesa perché la risposta dello Stato a questo atteggiamento è sempre la stessa: l’irrigidimento (ulteriore) della legge. Esempio classico l’alcool test che ti sospende la patente: all’inizio due bicchieri di vino erano il limite per guidare. Ma siccome non veniva rispettato da nessuno, allora si è passati a un bicchiere. A quel punto siamo tutti illegali… ma che senso ha?” Piuttosto, si dovrebbero “fare leggi ragionevoli accompagnate da una certezza del diritto, la ‘convenienza‘ a rispettare la norma che porta, non solo a una semplificazione, ma anche al rafforzamento del patto sociale. La RD (Raccolta Differenziata) è un mezzo, non uno scopo”. Quello più importante che abbiamo per vivere in un mondo che sia di nuovo sano e pulito.