A Tor Bella Monaca non piove mai segna un doppio debutto per l’attore Marco Bocci. Tre anni fa come scrittore, ora come regista alla direzione dell’omonimo film.
È soprattutto una storia familiare, quella dei Borri, uno di quei nuclei familiari che non consideriamo più “tradizionale”, che ospita più generazioni in un appartamento. La nonna, il figlio Guglielmo (Giorgio Colangeli) e la moglie Maria (Lorenza Guerrieri), a loro volta i figli Mauro (Libero De Rienzo) e Romolo (Andrea Sartoretti) più la moglie di quest’ultimo, Lucia (Fulvia Lorenzetti), con tanto di pargoletto. Il classico welfare familiare che in Italia si è storicamente sostituito a quello istituzionale.
Anche la rete dei Borri è in difficoltà quando viene a mancare la capofamiglia (e la sua pensione), una perdita di affetto e purtroppo anche economica che si aggiunge ad altri problemi. L’affittuario del locale di Guglielmo, Ciro, non paga la pigione del negozio da quasi un anno, Mauro lavora saltuariamente e mal pagato, Lucia non sa dove esercitare il suo mestiere di estetista – con tutta la gente che gira per casa – Romolo ha un duro impiego in una fabbrica di scooter e un passato criminale che fatica a far dimenticare.
È uno dei punti principali del film (e libro) di Marco Bocci: quello del pregiudizio e degli stereotipi. Non importano gli sforzi del pur fumantino Romolo, ormai ha una sorta di marchio, un po’ come tutto il quartiere di Tor Bella Monaca. Vero, è una zona che finisce spesso sulla cronaca nera, ma anche una borgata, ovviamente (o almeno dovrebbe essere ovvio), fatta di gente per bene, che deve impegnarsi il doppio per scrollarsi di dosso una sinistra nomea.
Una storia di periferia come tante a Roma, in Italia o all’estero. La scelta di Tor Bella Monaca è stata dettata più dal passato di Marco Bocci che da altro. Lì il (neo)regista ha vissuto nella prima esperienza romana, quando dalla provincia di Perugia si trasferisce nella capitale per studiare recitazione.
Cattivi si nasce o si diventa?, chiede (e si chiede) il film con la sua frase di lancio. Quanto dipende dal DNA e quanto dal contesto?
Si propende più per la seconda opzione, dato l’animo sostanzialmente buono dei protagonisti Mauro e Romolo, anche se oscillano tra il legale e l’illegale – più che altro per esasperazione e frustrazione. Come quando, per caso, scoprono che “i cinesi” girano con grandi quantità di contante e poca protezione. La tentazione di provare il colpo della “svolta” diventa quasi schiacciante soprattutto per Mauro, con un ribaltamento di ruoli. È infatti Romolo, un passato di carcere e rapine, a cercare di far desistere il mite e timoroso Mauro, dal cui carattere si deve il titolo di libro e film.
“Piove”, in gergo, è l’esclamazione che indica l’arrivo della polizia, che Mauro in genere cerca con lo sguardo per rassicurarsi. Ma, appunto, non c’è (quasi) mai.
A Tor Bella Monaca non piove mai recupera la tradizione di cinema realistico/popolare, fotografando un piccolo segmento di una realtà molto composita e l’immobilismo che viene imposto (a volte autoimposto) alle periferie dal preconcetto.
Il trailer di A Tor Bella Monaca non piove mai