Per la serie “forse non tutti sanno che”… il primo volto noto (o meglio voce nota) a prestarsi a condurre una candid camera fu nientemeno che Dracula. Ovviamente non il conte Vlad III di Valacchia l’impalatore in persona, ma il suo storico interprete Bela Lugosi. L’attore ungherese prese parte all’innovativo progetto radiofonico di Allen Funt, dal titolo Candid Microphone.
L’idea è quella che ben conosciamo: mettere un’ignara vittima, solitamente presa tra la gente comune, in una situazione assurda in modo da provocarne reazioni che risultino esilaranti per lo spettatore. Che appunto all’inizio, nel 1947, era solo ascoltatore, visto che il format approderà in televisione soltanto l’anno dopo, precisamente il 10 agosto 1948.
I primi episodi si avvalevano di un registratore portatile nascosto, all’epoca la miglior tecnologia a disposizione. Nello specifico, Bela “Dracula” Lugosi esordì come proprietario di un negozio che vendeva oggettistica dell’orrore – cosa sennò? – degna della casa di Dylan Dog.
Le candid camera arrivarono in Italia solo nel 1964, grazie a Nanni Loy e al suo Specchio Segreto. Il regista sardo ebbe una grande intuizione, che poi verrà perfezionata negli anni a seguire: oltre agli scherzi e alle situazioni più “classiche” e, tutto sommato, nella maggior parte dei casi, prive di spessore, Loy pensò alla registrazione di dialoghi negli scompartimenti dei treni su temi caldi e stringenti come il terrorismo o la criminalità. Di fatto delle interviste inconsapevoli e quindi più genuine. Il titolo del programma, realizzato in collaborazione con Bruno Gambarotta, era Viaggio in Seconda Classe.
Ma anche le candid camera apparentemente più innocue possono nascondere importanti processi psicologici, come l’omologazione. Un episodio del 1962 metteva la vittima dello scherzo davanti a un gruppo di persone che, in ascensore, si poneva con la faccia verso il muro. Forse pensando che gli altri sapessero qualcosa in più, forse senza pensare affatto, il protagonista tendeva ad adeguarsi.
Il regista Michael Almereyda, nel film Experimenter, si lancia in un paragone forte ma non certo campato in aria. Il principio è lo stesso che fece commettere atrocità ai nazisti, venuto fuori nel corso del processo di Norimberga e sintetizzato da Hannah Arendt con la locuzione “banalità del male”.
Nella pellicola si vede il realmente esistito professor Stanley Milgram che guarda in TV il popolare programma e ne ammette l’influenza sui suoi studi. Milgram (vero), in combutta con dei complici, spingeva infatti persone comuni a “curare” i pazienti/attori con (finte) scariche elettriche. Nonostante le strazianti lamentele del “torturato”, il 65% del campione ha continuato a infliggere dolore perché convinto dall’autorità scientifica, il dottor Milgram in questione. Che è appunto l’equivalente di “ho solo obbedito agli ordini” di Norimberghiana memoria.
Nel 2011 la psicologa Jennifer Wosmek, del Bethany Lutheran College in Virginia, ha replicato l’esperimento dell’ascensore e a distanza di cinquant’anni non è cambiato molto. Secondo lo studio specifico della Wosmek, sono stati gli uomini e i giovani a uniformarsi più delle donne o degli anziani.
Negli ultimi anni le candid camera hanno sempre più assunto l’aura di “esperimenti sociali”, forse per dissociarsi dalla risata fine a se stessa. E anche in questi casi i comportamenti del singolo o del gruppo, che ovviamente si dà più forza, sono il fulcro dei vari filmati.
Il quadro sociale che ne esce è spesso confortante, non sempre, ma il più delle volte. Ad esempio,di fronte a casi di omofobia, razzismo, odio in rete, matrimoni combinati con spose bambine, ma anche di grave inquinamento – finti operatori che buttano rifiuti in mare spiegando ai bagnanti che la corrente tanto li porterà via – per quanto ci possa essere una certa indifferenza o diffidenza iniziale, alla fine prevale il senso civico e i passanti prendono coraggio, facendo quadrato contro la discriminazione o illegalità di turno.
Meno bene con la categoria ultima delle ultime, quella che in fondo è discriminata anche da chi giura di non avere pregiudizi: i rom. Nel 2015 il comico Giorgio Montanini, nella trasmissione Nemico Pubblico andata in onda su Rai3, montò un banchetto di raccolta firme per dare case popolari agli “zingari”, togliendoli dalla strada e spezzando così la spirale di delinquenza in cui spesso finiscono. Logico no?
Ma, ricordando anche i più recenti fatti di Casal Bruciato e Tor Bella Monaca, il discorso non è stato convincente. Nella candid camera di Montanini non si è arrivati a forme di violenza, ma in fondo si trattava di una raccolta firme, quindi di un “pericolo” solo potenziale, non del fatto compiuto di un’assegnazione di un alloggio popolare a una famiglia rom.
E se nei fatti reali della periferia romana la protesta è stata principalmente (almeno da quanto risultato dalla copertura mediatica) appannaggio dell’estrema destra, nell’esperimento sociale il rifiuto è stato più trasversale. Perfino un signore che si è dichiarato “comunista trozkista” ha sciorinato tutta la serie di stereotipi e luoghi comuni che renderebbero i rom non meritevoli della parità di diritti con gli italiani – poco conta che molti di loro lo siano.
Insomma, anche le candid camera possono nascondere – oltre a telecamere e microfoni, ovvio – dei significati più profondi rispetto a uno sterile umorismo e raccontare un microcosmo che riflette i massimi sistemi…
La candid camera dell’ascensore, in onda nel 1962
https://www.youtube.com/watch?v=BgRoiTWkBHU