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Primo Maggio, su coraggio!

Il Primo Maggio, Festa del Lavoro, viene festeggiato in 89 Paesi (su 196) per ricordare la lotta dei lavoratori che riuscì a conquistare la riduzione della giornata lavorativa da 12 a 8 ore. È una festa di origine socialista, comunista e anarchica che incredibilmente ancora sopravvive senza troppe avversioni o mistificazioni (contrariamente all’8 Marzo e al 25 Aprile). Sarà perché il lavoro riguarda davvero tutti. Ma siamo sicuri che non si possa fare meglio? Grazie alle nuove tecnologie in Olanda lo stanno già facendo. E poi, le feste in sé potranno anche non essere più sentite come prima, a causa del tempo che è passato, quello che non deve cambiare mai è l’avversione diretta al fascismo quotidiano che cerca di affossare i diritti…

Anzitutto, pare che tutto nacque in Australia quando, dopo decenni di sfruttamento di uomini, donne e perfino bambini, a metà Ottocento si iniziò a gridare a gran voce lo slogan Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire, diritto conquistato progressivamente in tutto il mondo nel corso dei 100 anni successivi. Dopo anni di battaglie operaie, è del 1867, nello stato dell’Illinois, la prima legge sulla riduzione delle ore lavorative. Peccato che inizialmente non venisse affatto rispettata. Così il primo maggio del 1886 fu indetto un grande sciopero generale, e proprio a Chicago, la capitale dell’Illinois, avvenne il primo attentato dinamitardo della storia degli Stati Uniti. Qui le fonti contrastano se fu in conseguenza agli spari della polizia sulla folla o viceversa. In ogni caso la polizia sparò e ci furono molte vittime in quella che divenne la famosa Rivolta di Haymarket. Del fatto vennero incolpati otto anarchici che furono impiccati. In seguito si dimostrò la loro innocenza, ma bastò solo questo episodio a sancire “la nascita, nell’immaginario collettivo, della figura dell’anarchico bombarolo”. Cioè uno stereotipo di cui non si sono mai liberati.

Tre anni più tardi, in Europa, nel 1889, la cosiddetta Seconda Internazionale (seconda riunione internazionale dei partiti di sinistra e delle associazioni dei lavoratori) propose la prima grande manifestazione globale che fosse mai stata pensata per esigere ovunque le 8 ore lavorative. Essa avrebbe anche ricordato i cosiddetti “martiri di Chicago”, morti in difesa dei diritti di tutti. La manifestazione del 1° maggio 1890 registrò una tale adesione che effettivamente cambiò il corso della Storia. Da allora si decise che si sarebbe svolta ogni anno, finché semplici proposte diventarono finalmente leggi in ogni Paese. La prima in Europa arrivò nel 1918 in Germania. L’Italia conquistò la legge nel 1923 sotto Mussolini, dopo una prima proposta avanzata dalla CGIL nello stesso anno della Germania, e la prima bozza di legge del governo socialista Nitti che aveva fallito il passaggio alle Camere nel 1920.

Risultati immagini per 1 maggio 1890
In ricordo degli anarchici di Chicago

In Italia la festa fu introdotta dai socialisti nel 1891. Durante il fascismo fu spostata al 21 aprile in coincidenza col Natale di Roma, anche in questo caso per cercare di allontanarla dalla matrice “rossa”, divenendo però un giorno festivo a tutti gli effetti. Nel ’45 fu ripristinata alla sua vera data storica, mantenendo però lo status di giorno festivo. Il primo maggio del 1947 una tragedia italiana: a Portella della Ginestra (Palermo) la Storia racconta che la banda di Salvatore Giuliano sparò su un corteo di circa duemila lavoratori in festa, uccidendone undici e ferendone una cinquantina. Altre fonti sostengono che tale sparatoria fu organizzata dai “servizi segreti”, proprio al fine di poter accusare Giuliano.

Celebrando la progressiva conquista delle 8 ore in ogni parte del mondo, oggi addirittura si considera che può ancora migliorare. Agli inizi dell’Ottocento perfino i bambini lavoravano fino a 16 ore al giorno, poi 12, poi 8, e oggi comunque esiste il tempo parziale (4-6 ore) che intende diventare lo standard. Come sta succedendo in Olanda. Anche grazie al fatto che molti lavori, spesso i più ripetitivi e quindi svilenti (per il cervello), possono oggi essere facilmente svolti da computer, robot e quant’altro.

Come il 1° maggio, anche l’8 Marzo aveva forti connotazioni di sinistra, ma mentre del primo nessuno le ha mai contestate, sarà pure per ragioni di trasversalità, l’altro fu invece “misteriosamente” mistificato. A partire dal primo dopoguerra, le origini dell’8 Marzo furono infatti progressivamente screditate e quindi dimenticate, diventando un funereo ricordo di donne bruciate vive dentro una camiceria di Londra (incendio di fatto successo il 25 marzo del 1911), quando in realtà ciò che avvenne davvero l’8 marzo del 1917 fu, come per il primo maggio, un enorme sciopero, organizzato dalle donne russe stavolta, per riavere i mariti a casa – nel passato, quando gli uomini erano impegnati nei combattimenti chi si occupava di dare loro delle armi erano proprio le donne. Fu di fatto la prima miccia che portò all’imminente Rivoluzione d’Ottobre. Da donne più che protagoniste della Storia con la esse maiuscola, a povere vittime del fato. Che è la solita storia, appunto.

Ma veniamo all’oggi. Progressivamente le manifestazioni hanno ceduto il passo alle sole celebrazioni. Dal 1990 i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL organizzano il “concertone” a Roma in piazza di San Giovanni, mentre a Carrara si tiene il tradizionale Primo Maggio Anarchico. Ma se oggi i lavoratori iniziano a prendersela con “i clienti” invece che con i datori di lavoro… forse c’è qualcosa che non va. Ci riferiamo ai “riders” di Glovo, Foodora e Just it che si mettono insieme (finalmente! Era da tanto che non si vedeva un po’ di sano auto-sindacalismo) per protestare contro… Fedez? E la mancata mancia dei vip? Invece che contro le loro stesse aziende che, evidentemente, non li pagano abbastanza, sennò non si attaccherebbero alle mance (come infatti funziona – malissimo – in America)? Un sistema che impone un guadagno che si basa sul numero di ore che uno è disposto a lavorare… siamo sicuri sia un’evoluzione delle lotte operaie e del senso del Primo Maggio?

Come il 25 Aprile, anche il Primo Maggio ha fatto la fine comune a tante feste storiche importanti, trasformato in un festivo come un altro, una Festa del Lavoro e basta, appunto, dove per fortuna non si lavora, e di certo non si vuole pensare al lavoro – ma come ci si deve pensare poi? E a cosa serve “pensarci”? Un giorno all’anno, in cui al massimo si cerca di festeggiare una possibilmente bella giornata di primavera, tra amici, barbecue, musica e droghe varie. Di sicuro non si può negare che il tempo ha naturalmente posto le sue distanze da quei primi giorni di lotta. Pochi ormai possono ricordarli come vita vissuta, molti danno certi diritti come scontati. Ma se per un giorno celebriamo e basta ciò che effettivamente non abbiamo conquistato direttamente, l’importante è combattere costantemente ogni giorno per la Liberazione dal fascismo e il lavoro coi diritti. Cioè non dimenticare mai che ci sarà sempre chi lotterà per distruggerli. Come ha affermato Giovanni Marzona, 91 anni, “partigiano alfa”: “i fascisti di ieri sono i bulli di oggi. Sono quelli che ti impongono le loro regole e impediscono le tue libertà. I ragazzi devono incominciare a combatterli dalle scuole”.

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La manifestazione delle donne russe dell’8 marzo 1917

Mi viene in mente una scena successa qualche mese fa. Bus 71 direzione San Lorenzo. Un uomo (italiano) inizia ad agitarsi sempre di più in mezzo a dei ragazzi presumibilmente africani. Si atteggia come se sentisse una puzza incredibile, come se provasse schifo soltanto a guardarli. In un modo sempre più fastidioso, palese e teatrale. Uno di loro è seduto al suo fianco e quello inizia a spintonarlo col gomito per dirgli di non allargarsi. Di minuto in minuto, di provocazione in provocazione la tensione cresce per semplice “fisica di reazione”. Finché i ragazzi, che fino a quel momento erano stati zitti, provando a fare i vaghi, rispondono: “stai calmo”. Ovviamente è ciò che ogni fascista aspetta: “sto calmo io? Tu stai calmo. Io sto a casa mia. E faccio quello che mi pare. Tu non devi permettere, tu devi stare calmo”. Per ovvia reazione i ragazzi iniziano a rispondergli, quello si agita ancora di più, e l’inizio di una rissa sembra possibile. Allora anch’io ho avuto la mia ovvia reazione: “comunque sei te che devi sta calmo eh”. Una donna, visibilmente italiana e romana, che risponde a un altro italiano. Il fascista sembra rimanere interdetto per qualche secondo, e i ragazzi africani pure a dir la verità, mentre quello ricomincia con la sua nenia lamentosa: “oh ma che state a dì, ma che ve siete tutti impazziti, siamo noi i padroni a casa nostra…” Non facendo i conti con la dinamica ormai innescata. A quel punto infatti, tutto l’autobus ha avuto la sua ovvia reazione, gridandogli contro “Razzista”, “Ma anvedi te de statte calmo”, “fascista”, “voi credete di potè fa quello che ve pare”… l’uomo non ha potuto fare altro che mandare affanculo tutti, ma è anche dovuto scendere dall’autobus.

Insomma, anche nelle piccole cose, c’è il grande senso e coraggio del 25 Aprile, del 1 Maggio, dell’8 Marzo e di tutte queste feste che hanno una valenza sociale fondamentale. Bisogna rispondere ai fascisti, fargli capire che non verranno mai sopportati, ma solo isolati. Basta infatti una sola persona, fuori dalla contesa, che reagisca, per far sì che si crei una reazione di massa contro ogni forma di fascismo.

(Questo è il nostro Primo Maggio. Ma cos’era prima il primo maggio? E cosa succede il primo maggio negli altri 93 Paesi che non lo festeggiano? Intanto pensate al vostro, il resto lo scoprirete con Cos’era prima il primo maggio?)

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