Flash Story
Aragosta
Quando l’aragosta era cibo per detenuti
Domiziano, da “dominus et deus” alla damnatio memoriae
World Press Photo 2023, il mondo raccontato per immagini
PerCorti di Vita a Torino
Lucia Annunziata racconta gli “inquilini” degli ultimi 10 anni
Hybris di Rezza e Mastrella a teatro, i due lati della porta
Eminem, 50 anni del bianco che ha segnato il rap
Rachel Carson, agli albori dell’ambientalismo moderno
Il Pride di Bologna e il suo orgoglio
Sheila Ribeiro, arte che invita al “non-dominio sulle cose”
World Press Photo, il fotogiornalismo del 2021
Dario Argento al Museo del Cinema di Torino
Non mi lascio commuovere dalle fotografie – la mostra per i 100 anni di Pasolini
Anni Interessanti, l’Italia 1960-1975
Armi biologiche: da Wuhan alla guerra in Ucraina
Romics, dai Millennials alla Generazione Z
Sport e politica, l’arma del boicottaggio
Se i proverbi se la prendono (solo) con le donne
Il dispotico smartphone
biancaneve
La “dittatura” del politicamente corretto (nun se po’ più dì)
Perché ci sentiamo in obbligo di giustificare il violento?
0 like prateek katyal
Il giornalismo sui social e la gestione del conflitto
logo mundialito 1980
Uruguay 1980, the P2 Lodge, football and the Gold Cup (on TV)
“Definire è limitare”
Bambine-streghe, quando le “catene del pregiudizio” sono reali
Inferno a Roma, quando il Diavolo non ci faceva paura
Trascrittori forensi, “chiediamo giustizia alla Giustizia”
“Duel” a Palazzo Merulana, Amici miei vs Compagni di scuola
new york skyline 11 settembre torri gemelle
11 settembre 2001, i 20 anni dall’attentato
rambaldi profondo rosso
Horror movies, the fine line between trash and cult
Europei di calcio, dalla Guerra Fredda all’edizione condivisa
Trap, giovani e società

Festa di Carnevale, ogni libertà vale

Nata come festa pagana di origini antichissime, il carnevale oggi si celebra nei paesi di tradizione cristiana. Ma non è mai cambiato il suo spirito dissacrante e liberatorio. Infatti è la festa che più amiamo: l’unica che da secoli rappresenta e ribalta stereotipi…

Si ritiene che Carnevale venga dal latino carnem levare, letteralmente “levare la carne”: stando a indicare, come da tradizione, l’imminente periodo di astinenza e digiuno della Quaresima, che iniziava il mercoledì delle ceneri fino alla Pasqua. Quindi nei giorni precedenti, e soprattutto il giorno prima, si approfittava per divertirsi e gozzovigliare a più non posso: non a caso l’ultimo giorno di Carnevale, il martedì, è grasso!

La bellezza del Carnevale sta nel fatto che, anche se con nomi e date diverse, è presente in almeno 57 paesi del mondo (appartenenti alla tradizione cristiano-ortodossa): le caratteristiche inconfondibili di questa festa degli uomini infatti sono lo spirito di libertà che la contraddistingue e il mascheramento. Il carnevale da secoli celebra infatti l’anarchia, nel senso di “assenza di ordine”, un vero e proprio “rinnovamento simbolico”. L’esistenza del passaggio tra morte e vita, tra inverno e primavera, tra terra e cielo: si onorano anime e spiriti prestando loro un “corpo provvisorio”, la maschera appunto. I mortali stessi possono così partecipare al soprannaturale da sempre presente nella vita degli uomini. Follia, caos, tutto ciò che è fuori dall’ordinario è protagonista delle celebrazioni di Carnevale.

il carnevale secondo bruegel
Dettaglio da “Lotta tra Carnevale e Quaresima” di Pieter Bruegel il Vecchio (1559)

Prime tracce di questo tipo di festa, come ulteriore occasione in cui onorare i propri dei, si ritrovano già in popolazioni antichissime come i Babilonesi, che celebravano la vittoria del dio salvatore Marduk sul drago del caos, e gli Egiziani che onoravano Iside, dea della fertilità e della magia. Il carnevale dei Greci e Romani erano invece le feste dionisiache attraverso le quali si celebrava il dio del vino, Dioniso o Bacco, e soprattutto si realizzava questo “temporaneo scioglimento degli obblighi e dei ruoli sociali”, per dare libertà a caos, qualsiasi tipo di scherzo e dissolutezza. Solo dopo Costantino, con il cristianesimo divenuto religione ufficiale dell’Impero Romano, anche il carnevale fece la fine di tutte le altre feste pagane, finendo bandito. Per poi riemergere progressivamente con il passare del tempo. Nel Medioevo già era “la festa della pazzia”, ma non recuperò mai l’importanza e la potenza di un tempo.

Se le caratteristiche sono simili (balli, maschere, carri allegorici), l’importanza della festa è molto cambiata da paese a paese. In Italia per esempio è considerata teoricamente importante, ma di fatto non è sentita in modo uguale in tutte le regioni. Dove anzi, spesso la festa si riduce a genitori mezzi truccati, costretti a farlo per i figli. Poche città si distinguono ancora con feste di Carnevale particolari, famose anche oltreconfine, in grado di coinvolgere ogni cittadino a mascherarsi come si faceva un tempo, trasformando davvero le strade. Come a Venezia, dove le sue antiche atmosfere letteralmente rivivono; Viareggio sempre in prima linea riguardo la satira politica e sociale; Acireale e i suoi carri infiorati; Ivrea e la sua famosa battaglia delle arance. A Napoli, nel quartiere Sanità, quest’anno il tema erano proprio i luoghi comuni, mentre a Poggio Mirteto, vicino Rieti, ogni anno si tiene il Carnevale, anzi il Carnevalone più blasfemo, quello che infatti si dichiara apertamente anticlericale dal 1861, quando i cittadini si ribellarono, dichiarando la liberazione della città dallo Stato Pontificio.

All’estero il carnevale più famoso è sicuramente quello brasiliano. Specchio perfetto della grande vitalità di questo popolo e proprio in onore dell’iper conservatore Bolsonaro, quest’anno si mostra particolarmente irriverente e dedicato ai diritti di donne, omosessuali e altre “minoranze” prese di mira dal presidente. Ma in realtà sono molti “i carnevali” che varrebbe la pena vedere almeno una volta nella vita, come il carnevale di Oruro in Bolivia, caratterizzato da una parata di 20 ore per celebrare la vittoria del bene sul male, o il carnevale di Binche in Belgio dove uomini mascherati vanno in giro per la città a creare letteralmente il caos…

festa dei moccoletti a Roma
La festa dei moccoletti di Ippolito Caffi (1852). Questa divertente tradizione del Seicento e Settecento romano, in cui tutti si riversavano in strada con delle candele, cercando di spegnerne il più possibile, ma cercando di salvare la propria, al grido di “mor’ammazzato chi non porta er moccolo!” (che era proprio quello che succedeva quando non c’era la luce elettrica!)

Ultima nota (un po’ dolente) Roma, dove il Carnevale è da tempo piuttosto spento purtroppo. Colpa di Vittorio Emanuele II. Fino all’Unità d’Italia infatti a Roma era noto il Carnevale Romano, con tanto di festa dei moccoletti che vedeva l’intera città mascherata riversarsi nelle strada e con in mano delle fiaccole. Il gioco era cercare di spegnere la fiamma a chi si voleva far smascherare. Scriveva Goethe nel 1788: “non un festival donato alla gente, ma uno che il popolo dona a sé stesso… a differenza delle feste religiose di Roma, il Carnevale non abbaglia. Tutto ciò che accade è che, ad un dato segnale, tutti hanno il permesso di essere pazzi e folli come gli piace, e quasi tutto, tranne i pugni e le pugnalate, è lecito”.

Back To Top