Nata come festa pagana di origini antichissime, il carnevale oggi si celebra nei paesi di tradizione cristiana. Ma non è mai cambiato il suo spirito dissacrante e liberatorio. Infatti è la festa che più amiamo: l’unica che da secoli rappresenta e ribalta stereotipi…
Si ritiene che Carnevale venga dal latino carnem levare, letteralmente “levare la carne”: stando a indicare, come da tradizione, l’imminente periodo di astinenza e digiuno della Quaresima, che iniziava il mercoledì delle ceneri fino alla Pasqua. Quindi nei giorni precedenti, e soprattutto il giorno prima, si approfittava per divertirsi e gozzovigliare a più non posso: non a caso l’ultimo giorno di Carnevale, il martedì, è grasso!
La bellezza del Carnevale sta nel fatto che, anche se con nomi e date diverse, è presente in almeno 57 paesi del mondo (appartenenti alla tradizione cristiano-ortodossa): le caratteristiche inconfondibili di questa festa degli uomini infatti sono lo spirito di libertà che la contraddistingue e il mascheramento. Il carnevale da secoli celebra infatti l’anarchia, nel senso di “assenza di ordine”, un vero e proprio “rinnovamento simbolico”. L’esistenza del passaggio tra morte e vita, tra inverno e primavera, tra terra e cielo: si onorano anime e spiriti prestando loro un “corpo provvisorio”, la maschera appunto. I mortali stessi possono così partecipare al soprannaturale da sempre presente nella vita degli uomini. Follia, caos, tutto ciò che è fuori dall’ordinario è protagonista delle celebrazioni di Carnevale.
Prime tracce di questo tipo di festa, come ulteriore occasione in cui onorare i propri dei, si ritrovano già in popolazioni antichissime come i Babilonesi, che celebravano la vittoria del dio salvatore Marduk sul drago del caos, e gli Egiziani che onoravano Iside, dea della fertilità e della magia. Il carnevale dei Greci e Romani erano invece le feste dionisiache attraverso le quali si celebrava il dio del vino, Dioniso o Bacco, e soprattutto si realizzava questo “temporaneo scioglimento degli obblighi e dei ruoli sociali”, per dare libertà a caos, qualsiasi tipo di scherzo e dissolutezza. Solo dopo Costantino, con il cristianesimo divenuto religione ufficiale dell’Impero Romano, anche il carnevale fece la fine di tutte le altre feste pagane, finendo bandito. Per poi riemergere progressivamente con il passare del tempo. Nel Medioevo già era “la festa della pazzia”, ma non recuperò mai l’importanza e la potenza di un tempo.
Se le caratteristiche sono simili (balli, maschere, carri allegorici), l’importanza della festa è molto cambiata da paese a paese. In Italia per esempio è considerata teoricamente importante, ma di fatto non è sentita in modo uguale in tutte le regioni. Dove anzi, spesso la festa si riduce a genitori mezzi truccati, costretti a farlo per i figli. Poche città si distinguono ancora con feste di Carnevale particolari, famose anche oltreconfine, in grado di coinvolgere ogni cittadino a mascherarsi come si faceva un tempo, trasformando davvero le strade. Come a Venezia, dove le sue antiche atmosfere letteralmente rivivono; Viareggio sempre in prima linea riguardo la satira politica e sociale; Acireale e i suoi carri infiorati; Ivrea e la sua famosa battaglia delle arance. A Napoli, nel quartiere Sanità, quest’anno il tema erano proprio i luoghi comuni, mentre a Poggio Mirteto, vicino Rieti, ogni anno si tiene il Carnevale, anzi il Carnevalone più blasfemo, quello che infatti si dichiara apertamente anticlericale dal 1861, quando i cittadini si ribellarono, dichiarando la liberazione della città dallo Stato Pontificio.
All’estero il carnevale più famoso è sicuramente quello brasiliano. Specchio perfetto della grande vitalità di questo popolo e proprio in onore dell’iper conservatore Bolsonaro, quest’anno si mostra particolarmente irriverente e dedicato ai diritti di donne, omosessuali e altre “minoranze” prese di mira dal presidente. Ma in realtà sono molti “i carnevali” che varrebbe la pena vedere almeno una volta nella vita, come il carnevale di Oruro in Bolivia, caratterizzato da una parata di 20 ore per celebrare la vittoria del bene sul male, o il carnevale di Binche in Belgio dove uomini mascherati vanno in giro per la città a creare letteralmente il caos…
Ultima nota (un po’ dolente) Roma, dove il Carnevale è da tempo piuttosto spento purtroppo. Colpa di Vittorio Emanuele II. Fino all’Unità d’Italia infatti a Roma era noto il Carnevale Romano, con tanto di festa dei moccoletti che vedeva l’intera città mascherata riversarsi nelle strada e con in mano delle fiaccole. Il gioco era cercare di spegnere la fiamma a chi si voleva far smascherare. Scriveva Goethe nel 1788: “non un festival donato alla gente, ma uno che il popolo dona a sé stesso… a differenza delle feste religiose di Roma, il Carnevale non abbaglia. Tutto ciò che accade è che, ad un dato segnale, tutti hanno il permesso di essere pazzi e folli come gli piace, e quasi tutto, tranne i pugni e le pugnalate, è lecito”.