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Natura vs chimica, gli ogm contro i pesticidi (4)

E siamo all’ultima parte di Natura VS chimica, due nemiche giurate che non sono poi così contrapposte, con la lista finale di stereotipi, sempre dalle parole di Donatello Sandroni, laureato in Scienze Agrarie ed Ecotossicologia e Massimo Galbiati del Dipartimento di Bioscienze di Milano…

(Continua da Natura vs Chimica, il “rischio zero” non esiste)

20. OGM È SATANA! : invece è il più valido aiuto, al momento, contro l’abuso di pesticidi

Sì è vero, a sentirne il nome, OGM, “Organismo Geneticamente Modificato” non è che infonda proprio calma e tranquillità. Frutta e verdura vengono fuori in modo naturale, perché le dobbiamo modificare? Giustissima osservazione. Ma vale la pena considerare l’altra faccia della medaglia: gli Ogm che, ad oggi, non registrano effettivamente nessun “effetto collaterale”, “potrebbero essere un modo migliore per proteggere la pianta, noi e l’ambiente dalle sostanze tossiche”. Sì perché la frutta e la verdura modificata geneticamente è più forte e resistente a parassiti e nemici naturali. Che significa questo? Che non le devi inondare di pesticidi, antibiotici, diserbanti e altri agrofarmaci di ogni tipo. Che significa questo? Che si sta tutti meglio e i produttori risparmiano pure.

21. SÌ VABBÈ, ‘STE FRANKENSTATE LE FARAI TE! : ma sono secoli che le facciamo…

Prima dell’OGM, è dal XIX secolo che l’uomo studia e avanza nella conoscenza della genetica. Da Gregor Mendel che per primo formulò le leggi base, divertendosi a incrociare piselli (gialli, verdi, lisci, rugosi) – qualcuno avrà delle riminiscenze scolastiche a questo punto – per le abbazie dell’impero austro-ungarico. Quindi, “già da tempo ormai modifichiamo geneticamente frutta e verdura e le consumiamo. Tutti gli innesti e i nuovi frutti derivano da manipolazioni genetiche” più o meno volute, come per  i “falsi frutti” e gli ibridi: il mapo, la fragola, la banana, l’anguria senza semi, alcuni tipi di mela, il nuovo kiwi giallo, perfino il limone e l’arancia… erano molto diversi o non esistevano proprio nel passato, solo alcuni esempi di incroci e processi di selezione. Questo è dovuto al fatto che le piante hanno un patrimonio genetico naturalmente più “flessibile” di quello animale, e l’uomo ci ha sempre “giocato”. 

la prima banana coi semi
La prima banana… coi semi ! (da Corriere.it)

22. CHISSÀ QUANTI INTERESSI CI SONO DIETRO QUESTI CHE DECIDONO COSA FA BENE E COSA FA MALE… : sicuro, ma talvolta la Borsa può giocare anche dalla parte nostra

Un classico è scagliarsi proprio “contro l’Efsa” (v. seconda parte), anche se di fatto non guadagna da un lavoro del genere, anzi. Essendo “solo un giudice, è quello che controlla i dossier dei centri di ricerca pagati dalle multinazionali”. Quindi i soldi semmai stanno da altre parti… Ma pure le aziende, se ci si ferma a pensare un attimo, quanto possono guadagnarci effettivamente da una condotta tipo quella della falsificazione dei report? Non che non succeda, ma oggi che stanno tutte sui mercati borsistici e finanziari, “se si scoprisse una cosa del genere di sicuro le loro azioni crollerebbero immediatamente e di certo non conviene a nessuno…”

23. LE AZIENDE SONO IL MALE : l’ambientalismo delle persone arriva alle aziende e viceversa
C’è un grande cambiamento in atto, ma “le spinte ambientaliste di fatto non hanno creato questi cambiamenti e questa maggiore sensibilità delle aziende. Queste già stavano andando in quella direzione, non foss’altro per questioni di mercato”. Ma di certo, anche vista al contrario funziona, visto che il mercato va dove va la gente… “Secondo me quello che di sicuro ha fatto l’ambientalismo è stato dargli quel pepe in più…” Diciamo una maggiore accelerazione. Possiamo comunque concludere che ad oggi si sia innescato una sorta di circolo virtuoso con effetti positivi da entrambe le parti.

24. TUTTI SANNO COS’È SUCCESSO COI MONSANTO PAPERS… : piuttosto “chi ci capisce è bravo!”

Dando per buono che tutti abbiano seguito e capito i Monsanto Papers… è quasi certo che “degli altri due documenti nessuno ne abbia mai sentito parlare, anche se sono stati decisivi sulla questione”. Perché infatti “mentre la stampa era morbosamente attratta dalle opacità emerse circa la reale indipendenza dell’operato di alcuni scienziati che si erano espressi positivamente sul glifosato”, diserbante alla base di prodotti come RoundUp di Monsanto, “ben altri scandali stavano scoppiando in mano ai detrattori del glifosato”, il buon caro Iarc incluso (v. prima parte). A riprova che non è mai tutto bianco o tutto nero. Si tratta dei “Portier papers”, dal nome dell’attivista contro il glifosato che successivamente divenne capo dello Iarc, stipulando accordi monetari con altre aziende contro Monsanto; e infine “i Blair papers, dal nome del coordinatore dei lavori, epidemiologo di fama che non ha mai tirato fuori il suo studio a favore del glifosato e non si è mai capito perché…” Un vero casino. Soprattutto se poi scopre che forse era meglio tenerselo questo glifosato… almeno finché non si trova un degno sostituto…

etichetta vino senza solfiti aggiunti
Questa è l’unica verità possibile sul vino: un’etichetta che riporti “senza solfiti aggiunti” e non senza solfiti al 100%

25. ALMENO C’È IL VINO SENZA SOLFITI CHE NON FA VENIRE IL MAL DI TESTA : non proprio

I solfiti sono naturali nel vino e non sono quelli che provocano il mal di testa” (quelle sono le ammine biogene che inevitabilmente si creano durante il processo di vinificazione). Ma siccome i solfiti sono comunque dei conservanti che se si possono evitare è meglio, il massimo che quindi si può fare è evitare di metterne altri, e infatti sull’etichetta della bottiglia al massimo si può leggere “No solfiti aggiunti”. Senza dimenticarsi che fare un consumo regolare di vino è quasi come spararsi 1mg di glifosato (v. dopo) in 1 anno (glifosato che, tra parentesi, è molto “meno tossico dell’ibuprofene“, il principio attivo più “amato” da tutte le donne col ciclo)! Non per spaventare… ma per essere consapevoli! Se ci sono alternative migliori, perché non adottarle?

26. L’HA DETTO UNO SU INTERNET : più che le chiacchiere di chiunque (anche nostre) la cosa migliore che fornisce internet, rispetto a tutti gli altri media, sono i testi originali delle ricerche

Internet ci permette di accedere a tante informazioni, altrimenti quasi impossibili, ma bisogna cercare di applicare un po’ di senso critico, perché purtroppo, la vera verità è che è che talvolta perfino i giornali “veri”, su internet e non, prendono sonore cantonate. Per esempio anni fa si gridò alla correlazione tra autismo e pesticidi (metaboliti ed esteri fosforici), ma la realtà l’ha poi smentita! Il Guardian una volta pubblicò un articolo dal titolo Pesticidi uccidono rane in un’ora. Ma questo è un #premioGAC, come direbbero a Propaganda Live: “se si immergono i girini in una soluzione d’acqua e pesticida più 10 volte la dose in etichetta!” è ovvio che faranno una brutta fine! E senza andare troppo oltre con la fantasia: “queste cose spesso vengono fatte a favore di qualche azienda in modo tale che ottenga la possibilità di svolgere i controlli”, ma nei lettori finiscono per creare solo ansia e disinformazione. Oltre ai filtri di qualcun’altro, sempre umani e fallibili, l’unica cosa che internet ci fornisce davvero oggi che prima non era possibile è l’accesso diretto: “Il modo migliore per capirci qualcosa è sempre andare a cercare il testo originale della ricerca”. Lì c’è solo l’intento di persone (solitamente) competenti, mosse soltanto da interesse scientifico. Ma anche qui c’è un “ma”…

27. L’HA DETTO LA RICERCA : bene, ma mai scordarsi che “una ricerca non è una chiusura, è un’apertura verso nuove ricerche”

Una volta scovata e capita una ricerca non è che si è arrivati alla verità assoluta, sennò non saremmo nemmeno arrivati da Archimede a Hawking. In più oggi, rispetto all’antichità, bisogna anche sempre chiedersi: “da dove viene questa ricerca?” (aka “ci sono degli interessi dietro?”) “Prendete il caso glifosato. Lì c’erano di sicuro. Ma la domanda era legittima: ‘davvero è cancerogeno?‘ Il problema fu che la risposta fu duplice, creando una grande confusione (come successe anche per la carne rossa): a dire sì fu solo lo Iarc, mentre tutti gli altri, (Fao, Who, Efsa, Echa, Brf, Australian government, Epa…) dichiararono “no”. Ma il motivo in realtà è semplice: Iarc non è un normatore e soprattutto lavora sul pericolo intrinseco teorico”, importantissimo e da non sottovalutare anche perché in qualche modo può avere funzione preventiva, “tutti gli altri sono invece normatori e soprattutto si occupano della valutazione del rischio reale”, e questo è sicuramente l’aspetto più immediato e importante su cui intervenire subito. E così, dal 2015 il glifosato è nella categoria 2A (probabilmente cancerogena) come il vino e la carne rossa. E così è stato “già eliminato dalle 15 province del prosecco di Treviso”. Benissimo. E allora dov’è il problema? Il problema è sempre quello della mancata visione di insieme: si farebbe bene a seguire l’indicazione dello Iarc fin tanto che c’è un valido sostituto. Ma se questo invece significa tornare ad adottarne un altro con rischio reale accertato… be’ c’è qualcosa che non va! “Al momento senza il glifosato si torna al rame, anche perché “il glifosato si nota, mentre il rame no. Ma il rapporto di dosaggio è comunque 1 a 15”: ogni volta che piove il rame va ripassato, il glifosato no. La scomoda verità è che l’utilizzo di molto chimico sarebbe comunque meglio rispetto all’utilizzo del rame. Ma per esempio anche “la Francia ha deciso che eliminerà il glifosato, a prescindere, entro il 2022”.

bollettino fitopatologico
Un esempio di “bollettino fitopatologico” fornito dalla Regione Lazio (dalle slide di Massimo Galbiati)

28. SARÀ SEMPRE PEGGIO: e se invece stessimo già migliorando?

Grazie alla tecnologia, i passi avanti sono spesso enormi e continui ed è una cosa che non si sottolinea mai abbastanza”. L’agricoltura non è completamente lasciata allo sbando: “ogni imprenditore agricolo segue dei ‘bollettini fitosanitari‘” ben precisi, trasmessi da ogni Regione, “che settimanalmente ti dicono come procedere” con l’uso di prodotti. “Oggi i cosiddetti ‘quaderni di campagna‘ sono organizzati sullo smartphone“. Dal passato al presente: “si è sempre teso a considerare il campo in modo omogeneo, ma effettivamente ogni pianta e pezzo di terreno hanno le loro specifiche esigenze. L’agricoltura di precisione sta avanzando con questo concetto, anche grazie agli agridroni ed è oggi in grado di dosare precisamente quale pianta ha bisogno di quanto, “e questo è importante anche per gli sprechi, aumentando al contempo la produzione”. Perché a quel punto ogni pianta si sviluppa al massimo delle sue potenzialità. Una volta che il drone ti fa la mappatura del campo, “basta solo un GPS e lo spargi concime”. Questi sono tutti grandi aiuti già concreti. Poi ci sono le prospettive future: “La tecnologia sta creando macchine in grado di risolvere molti problemi, dalle quelle diserbanti a pannelli solari a quelle in grado di ridurre l’impatto del rame, spruzzando da un lato e riassorbendo ogni eccesso dall’altro”. Nel futuro c’è anche la macchina Grape, spruzzatrice di massima precisione addirittura solo sulle foglie gialle! Tutto questo significa un enorme dimezzamento nell’impiego di agrofarmaci, pesticidi, diserbanti… ci guadagnano tutti: l’agricoltore di base non credo si diverta a inondare i campi di questi prodotti, se lui può risparmiare, e noi tutti ne possiamo solo giovare, è solo grazie a uno dei nostri migliori alleati, il progresso tecnologico.

29. IN OGNI CASO BIO È SEMPRE MEGLIO : l’importante è non essere manichei!

Il biologico può anche usare, e in molti casi lo fa, tecniche veramente bio e pure molto ingegnose a dir la verità, come quelle che prevedono l’utilizzo di ferormoni (femminili) per attirare i maschi del parassita (invece di allontanarli), proprio con l’intento di non farli riprodurre (perché le femmine di fatto non ci sono) e proprio per non dar vita alle larve che sono quelle che creano danni”. Certo non è forse il massimo a livello di equilibrio della fauna. D’altro canto abbiamo capito che anche il biologico usa il chimico per motivi produttivi (sennò non produrrebbero un bel niente). (Ovviamente parliamo sempre di medio-grandi produzioni). L’unica differenza tra tradizionale e bio, è il maggiore impegno del secondo nell’usare prodotti meno impattanti. Ma i prodotti a impatto zero non esistono… e si può andare avanti così all’infinito, con uno (anti)stereotipo che tira l’altro. Per capire che alla fine niente è bianco e nero. Tutto va preso con senso critico. Il vero problema, perfino nel bio, è sempre e solo uno: “essere manichei è sempre sbagliato”.

https://www.youtube.com/watch?v=Ppj_3MFBKmQ

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