Per quanto si parli di “famiglia tradizionale”, i concetti di fondo che hanno descritto e definito i legami di parentela (e non solo) sono storicamente e geograficamente sempre stati molto fluidi e strettamente interconnessi con l’economia prima ancora che a vincoli di sangue o di affetto.
Nell’Europa antecedente la Rivoluzione Industriale prevalevano due modelli, quello aristocratico, la cui principale preoccupazione era come ammazzare il tempo, e quello contadino-artigiano, che doveva necessariamente puntare sulla produzione per garantirsi la sopravvivenza. L’avvento di un nuovo ceto, la borghesia, vede anche l’inserirsi di una diversa forma di famiglia, dove il padre provvede al sostentamento e la madre si occupa della casa e dell’educazione della prole.
Secondo altri sociologi come Brigitte Berger, il rapporto va invece ribaltato. Sarebbe stata la famiglia nucleare a dare il via all’industrializzazione. A supporto di questa tesi il fatto che in Inghilterra, patria della Rivoluzione Industriale, già dal XIV secolo la tendenza degli sposi era quella di abbandonare la casa di provenienza, cosa che invece non succedeva sul Mediterraneo o in Asia.
Per cui le coppie si sposavano più tardi e solo una volta raggiunta una certa indipendenza, cambiando nel lungo periodo alcune regole dell’economia domestica e conseguentemente di politica economica. Insomma, dal ciclo economico basato sull’auto-sussistenza si passa a un livello pubblico e sociale.
Ma anche all’interno della famiglia iniziano a ridisegnarsi i ruoli. Il padre resta il capo, ma si riduce la distanza con moglie e figli, rispetto al modello patriarcale. Allo stesso modo diminuisce il numero stesso dei figli, perché non serve la forza lavoro richiesta dalla società prettamente rurale. Gioco forza aumenta il tempo dedicato a questi e la modalità di educazione, affidata al genitore e non ai membri più anziani. Il minore gap generazionale permette un lento ma inesorabile progresso dei costumi.
Il termine famiglia nucleare fa però la sua apparizione solo nel 1947, sul dizionario Merriam-Webster. Il maggior sviluppo si ha dopo gli anni ’60 del 1900, grazie al boom economico, all’aumento dei salari e al miglior accesso alle cure mediche. Ma il fenomeno, appunto, non era nuovo, almeno in Inghilterra, come confermato anche dagli studi di Peter Laslett, Alan Macfarlane, Richard Smith, Lawrence Stone e Keith Wrightson.
Di fatto, pur sembrando la normalità, la famiglia nucleare è un’eccezione, sia dal punto di vista temporale che geografico. La famiglia più estesa, in buona parte del mondo, resta la più diffusa e il motivo è semplice: la sostenibilità economica. Quando non è il Governo a provvedere alla sussistenza, le generazioni precedenti diventano un’importante rete di protezione – come sappiamo bene in Italia.
La famiglia nucleare è ancora molto comune, ma sta tornando minoritaria, per le trasformazioni sociali. Genitori single o non sposati tra loro, coppie senza figli, famiglie allargate per via di divorzi e separazioni, per non parlare della genitorialità omosessuale, relativamente giovane.
L’unica tradizione che si porta avanti, se si parla di famiglia, è il costante riplasmarsi dei costumi.