Siamo abituati a pensare alla socialdemocrazia scandinava come un modello di governo specifico in grado di coniugare collettivismo e liberalismo in un sistema ben realizzato. Magari non perfetto, ma non che ci sia di meglio in giro per il mondo. Si crede che un pilastro della socialdemocrazia di inizio del secolo scorso sia stato la Legge di Jante, decalogo creato dallo scrittore danese Aksel Sandemose nel suo romanzo Un fuggitivo incrocia le sue tracce, del 1933.
Questo manifesto anti-individualista prende il nome dalla città immaginaria di Jante, traslazione della sua Nykøbing Mors. La comunità, piccola e piuttosto chiusa, era contraria all’emergere di personalità di spicco e si era cautelata con una serie di norme rigide:
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Non devi credere di essere qualcuno di speciale
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Non devi credere di essere bravo quanto noi
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Non devi credere di essere più furbo di noi
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Non devi immaginarti di essere migliore di noi
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Non devi credere di saperne più di noi
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Non devi credere di essere più di noi
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Non devi credere di essere capace di qualcosa
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Non ridere di noi
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Non devi credere che a qualcuno importi di te
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Non devi credere di poterci insegnare qualcosa
Più la regola jolly, “Non crederai che non sappiamo qualcosa su di te?”.
Nonostante l’origine danese, si ritiene che questi dettami siano entrati nei manuali comportamentali svedesi, soprattutto in ambito lavorativo, per garantire armonia e uniformità. Ovviamente i diretti interessati hanno sempre smentito e anzi usano riferirsi negativamente alla legge di Jante, troppo castrante nei confronti dell’iniziativa personale. Tuttavia, il solo menzionarla anche prendendone le distanze, implica che qualche effetto nella società deve pur essere rimasto.
Insomma, Sandemose ha estremizzato caratteristiche e stereotipi presenti nella Scandinavia della prima metà del XX secolo, che si sono per forza di cose attenuati, lasciando comunque una traccia importante, visto che a quelle latitudini praticamente tutti sono a conoscenza di quel pezzo di letteratura.
Stefan Ekberg, scrittore svedese, ha replicato con l’eloquente libro Skit i Jantelagen, dove Jantelagen sta per “legge di Jante” e non serve parlare svedese per intuire il significato di skit, esplicato dal dito medio che campeggia in copertina. Che se ne discuta seriamente o in maniera scherzosa, questo concetto di livellamento sociale resta ben radicato in Scandinavia.
Almeno con quel nome, visto che in Inghilterra si parla di “sindrome del papavero alto” e negli Stati Uniti di “mentalità del granchio nel secchio”, a indicare il comportamento di questi crostacei che riportano verso il basso con le loro chele gli elementi che tentano di uscire dal recipiente. Sono solo un paio di esempi, ma anche senza una definizione è frequente pensare che sia meglio omologarsi.
Il problema di fondo è che l’intento satirico di Sandemose con la Legge di Jante sia stato quasi totalmente ignorato, così si è cercato di trovare analogie politiche con la socialdemocrazia novecentesca o di confutare le teorie con sdegno. Quando poi, alla fine, è solo satira.