Il primo dato che colpisce, in questo effetto valanga di cronache, e opinioni sulle cronache (Weinstein, Hoffman, Spacey e le “molestie” sessuali di Hollywood sulle sue attrici…), è l’intercambiabilità della parola “molestia” con la parola “violenza”. Quando sono ben diverse – “le parole sono importanti” gridava un esasperato Nanni Moretti in Palombella rossa. Le molestie sono sì fastidiose, ma sono molestie, appunto, “un disagio, un disturbo, una noia”. Altra cosa è la violenza, “un danno, un abuso di forza fisica, una costrizione, un’oppressione, l’obbligo a cedere la propria volontà”. Ciò non toglie che una molestia può diventare violenta, se fatta in determinati contesti…
Molesto è tutto ciò che ti urta il sistema nervoso: e, sessualmente, dal punto di vista delle donne, molesto è l’“appoggino” dello sconosciuto arrapato sul mezzo pubblico; e molesto è il tizio di turno che si ferma a rimorchiarti, con la scusa di una sigaretta, mentre tu eri seduta da sola in santa pace… (“Donna seduta sola da qualche parte”: esemplare raro, perché di solito riesce a rimanerci per molto poco). E poi si sorprende se a un certo punto ti inacidisci, dopo aver fatto cortesemente capire di voler restare sola. Ma se non lo fai non si scolla. Perché gli uomini fondamentalmente non capiscono che questa molestia va avanti da quando una sviluppa. E quindi è veramente stufa. Semplicemente, ogni tanto lasciatele in pace le donne a fumare una sigaretta da sole, come fate voi.
Ma insomma diciamo pure che queste sono ancora stronzate. Esperienze del genere – toccatine, fischiatine, palpatine, volgarità, baci indesiderati, mani strette sui polsi a voler farti fare quello che si richiede, facce sudate a un centimetro di distanza… – pressoché ogni donna al mondo le avrà vissute almeno una volta nella vita (e questo non significa che tutti gli uomini molestino le donne)… diciamo che, seppur molto fastidioso, non è niente che non si possa risolvere girando il culo e andando via. Alla peggio alzando un ceffone. Ma aggiungiamo pure che le cose non dovrebbero stare così, che, insomma, nessuno dovrebbe molestare nessuno (la famosa libertà personale che finisce quando inizi a rompere le scatole a qualcun’altro).
Detto questo, la violenza è un’altra cosa. Anzitutto è, fortunatamente, più rara perché gli uomini non sono generalmente dei mostri. (Anche se poi bisogna pure vedere in che paese vivi…). Ma è sempre più grave, e subdola.
Prendiamo il ritrovarsi di fronte all’uomo che ti ha dato il lavoro, nudo in accappatoio, che ti chiede un massaggio. Magari tu sei una 20enne; magari un po’ ingenua; magari hai una certa confusione in testa su quali siano i tuoi diritti di “donna” perché la società che hai intorno in realtà non te ne riconosce molti, de facto; magari hai anche un po’ paura, perché sei sola, perché quello è grosso, ed è anche brutto, inquietante, e perché, fondamentalmente, ti sta ricattando, perché ha i soldi, e ha il potere. E tu sei il nulla di fronte a lui.
Ma non finisce qui. Ironia della sorte vuole che farai quello che dice, e starai zitta, perché chi mai ti crederebbe (soprattutto negli anni ’90, dove imperversava il modello donna promosso da Berlusconi). Finché un giorno arrivano tempi migliori per parlarne, ne parli, e vieni messa a tacere, non creduta, e insultata. Finché un giorno arrivano tempi ancora un po’ migliori e altre come te decidono di fare lo stesso, allora si lodano queste persone, tranne te. Che comunque, come ti permetti? “Te la fai leccare per fare carriera e dopo ti penti? Troppo facile no?” Allora è ovvio che in Italia Asia Argento venga messa alla gogna. Mentre Meryl Streep è una grande. E l’abusatore Weinstein magari ancora di più. Ma a parte l’assurdità di prendersela con la vittima dell’abuso di potere, il problema non sta davvero in Asia Argento, ma nella mentalità italiana. E soprattutto delle italiane…
Anche se ci volevi marciare sulla sua “particolarità” e “stranezza”, la “nota immoralità” di Asia Argento (visti certi ruoli “spinti” interpretati – sì ma infatti anche Richard Gere dopo American gigolò è stato etichettato come un poco di buono)… a qualcuno è venuto in mente che magari questa sua “particolarità” potesse anche derivare da un’esperienza traumatica del genere? È ancora necessario ribadire la realtà? Le aspiranti attrici pensano di andare a recitare, come gli attori, non a farsi scopare da qualcuno, sennò se ne andavano direttamente ad Amsterdam al quartiere a luci rosse.
Insomma, un ricatto psicologico come questo non è molestia, è già violenza. Dire il contrario è colpevolizzare chi può non essere in grado di rispondervi. Anche per debolezza certo. Ma da quando avere paura è una colpa? Anche fosse stato implicito l’intento, non si può nascondere il danno del comportamento maschile sottostante: “tanto a me che importa, se non mi farai il massaggio, tu non avrai più lavoro, ma io ne avrò altre 100”. Come “già violenza” è minacciare di dire a tutti che “sei una troia se non mi fai un pompino”; sputtanare qualcuno con un video compromettente per ripicca; fare scenate di gelosia in strada o a casa, piene di insulti e strattonamenti, in cui si cerca la prevaricazione. In questi casi si può scappare, certo, si può riuscire a dire no, salvando anche il pudore e la dignità, ma in ogni caso ne esci sconfitta. Trattata con il solito, unico, filtro del sesso… CHE PALLE.
Nella mia piccola esperienza, io ho considerato “violenta” la mano del mio capo che si adagia sulla mia coscia mentre stiamo lavorando. Perché sul momento può risultare solo molesta – scusa cosa c’entra? – ma sul lungo termine è violenta (perché, per forza, ha avuto delle implicazioni: non bisogna essere dei geni per capire che il mio capo sarebbe stato sicuramente più disponibile con me dal punto di vista lavorativo, di quanto poi non lo sia stato… non foss’altro per la posizione di ricatto in cui avrei potuto metterlo io successivamente… se gliel’avessi data. Ma perché dovrei usare il mio corpo se non voglio? A me tutto questo non mi ha neanche sfiorato l’anticamera del cervello). Ma di certo adesso sono disoccupata.
Weinstein addirittura ha fatto l’en plein: molestia, violenza e stupro, che è il peggio che può capitare a una donna. Da questo, infatti, può essere davvero impossibile trovare un modo per difendersi. E proprio perché esiste (ancora) lo stupro, che non si può rischiare, mescolando molestia e violenza come se fossero uguali, di sminuirne la portata. Lì c’è di tutto: paura, umiliazione, vergogna, dolore fisico e spirituale, danni spesso permanenti, malattie, gravidanze indesiderate… Ma allo stesso tempo non si può rischiare di andare verso la tendenza “assolutoria” del giudizio maschile: “siccome questa è la vera violenza, tutto il resto è ammesso”. Rendendolo così ancora più violento… per forza!
Partendo da questi presupposti, è grande e importante che si stiano verificando queste ondate di denunce, #metoo. Dopo i grandi moti e i grandi femminismi era come se ci fossimo assestate in una condizione “ok” dove formalmente l’uguaglianza esiste, ma nella realtà non molto. Spezzare questo incantesimo è il primo passo per svegliarsi e capire che la lotta per la parità non è ancora conclusa, e ha molto più a che fare con le donne che con gli uomini…
[continua con Donne, l’eterna lotta tra “sante” e “puttane”]