Certe volte sembra che eventi di natura simile si concentrino in un determinato periodo, quasi fosse una “moda” del momento. Falsi invalidi, come ciechi che giocano al videopoker, furbetti del cartellino che timbrano in mutande per i colleghi e poi vanno a giocare a golf, morte di parto, aggressioni con l’acido, abusi su anziani o bambini in istituti di cura e asili, bullismo su ragazzi down ripreso dai cellulari e tanto altro. Riempiono giornali e tg finché ci si stufa, poi la memoria accantona in un angoletto remoto. Ora è la stagione degli stupri, almeno per i media. Ovviamente non è così, almeno non più del solito.
I media devono rispondere a certi criteri di marketing, come qualsiasi altro prodotto sul mercato. Una prima regola è chiaramente la notiziabilità. L’esempio classico, di “scuola”, riguarda l’uomo che morde il cane, viceversa sarebbe normale e non notiziabile – anche se poi di pitbull che sbranano bambini se ne è parlato molto. La cronaca (nera) primeggia indiscussa sui media, la paura attira e vende più di approfondimenti di politica e notizie dall’estero (che pure fanno paura, ma in modo diverso) e nel meccanismo reso ancora più perverso delle visualizzazioni su internet, deve spingere il mouse verso il fatidico click. Cosa meglio di un filone di vicende tragiche correlate, di temi caldi da sviscerare morbosamente?
Capitolo stupri. Dal caso Rimini di agosto pare non accada altro. Il che è parzialmente vero, secondo le statistiche in Italia ci sono 11 violenze al giorno. Ma c’erano anche nel 2016, 2015 e tutti gli anni prima, addirittura qualcuno in più, purtroppo. Abbiamo raggiunto l’illuminazione un po’ tardi, capendo solo adesso che è un argomento che va trattato apertamente? Però si dibatte se stuprino di più gli italiani o gli stranieri, immigrati o rifugiati che ci ripagano così dell’ospitalità gentilmente concessa. E delle vittime chi se ne importa, spostiamo il focus sull’insicurezza portata dagli stranieri, sul sessismo dell’islam o, al lato opposto, sul razzismo strisciante dell’italiano medio…
Restando in tema violenza, sono spariti o quasi gli attacchi con l’acido, anche se risultano triplicati dal 2013 al 2016. Forse meglio un certo silenzio, secondo l’avvocato Lorenzo Puglisi, fondatore dell’associazione Sos Stalking, “il rischio più grave è l’emulazione”, l’antidoto “lavorare sulle coscienze dei più giovani”. Le morti da parto continuano ad essere una cinquantina ogni anno, per quanto siano decessi evitabilissimi, certi perfino per influenza. Ma gli esami preventivi spesso sono inaccessibili per il costo, quello per la trombofilia ereditaria sta sui 1000 euro, con un ticket a carico del paziente di circa 350 euro.
Le cose continuano ad accadere anche a fari spenti. Senza dilungarsi in numeri e statistiche, l’assenteismo nella pubblica amministrazione non è del tutto sconfitto, pur con il giro di vite della nuova legge Madia; il bullismo si perpetua, così come i soprusi su anziani, bambini e invalidi. Il rapporto 2016 di Terre des Hommes racconta di oltre 5000 violenze all’anno sui minori.
Migranti e Ong. Dalla firma del codice di condotta nessuno parla più delle presunte attività illecite delle navi nel Mediterraneo, ma va anche detto che se un’indagine è in corso, occorrono mesi e mesi prima dei risultati, non come le tipiche 48 ore che si danno ai detective nei film. In più, “grazie” agli accordi fra il governo italiano e due di quelli libici, l’ufficiale e quello delle ex milizie ribelli di Haftar – che prima di essere ricoperto di soldi minacciava l’Italia – gli sbarchi sulle nostre coste sono calati di quasi il 60%, pur con un aumento del numero di morti in mare.
Altro snodo di migranti era la Turchia, usata per motivi geografici anche dai profughi siriani, finché l’Unione Europea ha finanziato il mite Erdoğan per fargli fare la fine del topo (tipo Libia insomma). Il che porta a parlare della devastante guerra in Siria. Settembre è stato il mese peggiore del 2017 per numero di morti, 995 secondo l’Osservatorio per i diritti umani Ondus, ma mediaticamente siamo fermi alla crisi di aprile, quando il presidente Usa Donald Trump era ad un passo dall’invadere la Siria per destituire il tiranno gasatore Assad. Israele sta ancora provando a convincere l’ex conduttore di The Apprentice, ma lui è più concentrato sull’infantile e inquietante gara di provocazioni nucleari con il nordcoreano Kim. La battaglia per ora è più sul terreno di twitter e speriamo lì rimanga.
Già negli anni ’70 gli studiosi Maxwell McCombs, Donald Shaw, Robert McLure e Thomas Patterson arrivarono alla teorizzazione dell’agenda setting, che a sua volta ricalcava le idee di Walter Lippmann sulla comunicazione di mezzo secolo prima. In sostanza, una manipolazione dei temi da trattare, stabilendo una gerarchia di importanza che, gioco forza, condiziona la “scaletta” dell’opinione pubblica. Tecnicamente è molto diversa dalla disinformazione, perché non dà (necessariamente) notizie false né cerca di plasmare il dibattito imboccando le parole ai relatori. Detta “solo” la moda del momento, come fanno i grandi stilisti con le passerelle autunno-inverno.
La funzione dell’agenda setting può anche essere positiva, se si pone l’accento su problematiche troppo a lungo ignorate, come appunto quella degli stupri o più in generale delle violenze sulle donne: purché non si travisi tutto (virando su immigrazione e razzismo, come sta succedendo), si può contribuire alla consapevolezza sul tema. Basta sapere che se poi un argomento esce dall’agenda dei media, non vuol dire si sia risolto. È solo che dal punto di vista commerciale ha saturato il livello di attenzione.