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La paura che limita la libertà: la donna strega

La strega è donna. Siamo a Triora, in Liguria, a fine ‘500. Qui si svolse uno dei primi casi montati di stregoneria, che incarcerò, torturò e uccise decine di donne innocenti. Una carestia avvenuta per motivi commerciali trovò nella “paura che uccide la libertà” la leva per il capro espiatorio perfetto. La stessa paura che oggi chiede più sicurezza e più controllo…

Perché l’uomo crea illusioni?”, si chiedeva sul palco di Oltreconfine Stefano Moriggi, filosofo della scienza e studioso di didattica aumentata alla Bicocca di Milano. Tra tutte, le più pericolose sono i “fantasmi di fumo”, stereotipi che diventano giganteschi illudendo milioni di persone. Forse semplicemente perché “siamo animali razionali, come diceva AristotelePer questo, talvolta diamo ragione e talvolta diamo senso (d’altra parte i sogni sono la traccia tangibile che quello che produciamo non è solo razionale)…

Ma oggi c’è un altro problema. In un saggio appena pubblicato di Lars Svendsen, professore di Filosofia dell’Università di Bergen in Norvegia, dal titolo Filosofia della paura, il sottotitolo già spiega molto: Come, quando e perché la sicurezza è diventata nemica della libertà.

Crisi economica e terrorismo, influenze, criminalità, droga, pedofilia, hanno un elemento in comune: la paura che incutono. Spesso smisurata e contagiosa, questa paura è in grado di condizionare le nostre esistenze: spinge a minimizzare i rischi, a limitarsi – a non viaggiare, non uscire, non mangiare ciò di cui non si conosce l’origine, in breve, a non fidarsi– e ad accettare sempre più sofisticate forme di controllo pur di sentirsi «al sicuro». Ma al sicuro da cosa? Le nostre vite sono talmente protette che possiamo permetterci di focalizzare l’attenzione su pericoli soltanto potenziali, che nella vita non si realizzeranno mai”.

Oggi “la paura è un sottoprodotto del benessere, e ha un potere tale che può, addirittura, affascinare“… per fortuna, “attraverso esempi documentati, Svendsen sottolinea come il peso della paura dipenda soprattutto dal ruolo che noi le permettiamo di avere”. E questo è sempre stato valido. Ma di sicuro oggi abbiamo più strumenti di ieri per poterla capire e trasformare.

Anche in questo caso Oltreconfine racconta una storia esemplificativa: un caso di stregoneria, probabilmente l’esternazione più nota del “fantasma di fumo”. Dando oggi per scontato, insomma, che nessuna strega sia mai esistita, ma “l’illusione” attaccò soprattutto la donna, uccidendone moltissime. Ma quasi nessuno sa è che in alcuni Paesi, come Estonia, Russia e Islanda, la prevalenza delle accuse fu contro uomini. Parliamo di 500 anni di torture (e 110mila processi solo in due secoli di Inquisizione), ma purtroppo i numeri delle vittime sono difficili da accreditare.

In uno dei primi casi montati di stregoneria, avvenuto molto prima di Salem (famoso processo del 1600 perché fu “il più esteso” che accadde in America), eravamo proprio in Italia, a Triora, cittadina ligure in provincia di Imperia, uno dei Borghi più belli d’Italia con poche centinaia di abitanti.

dettaglio giudizio universale di Canavesio
Le tre bocche di Cerbero nel Giudizio Universale di Giovanni Canavesio (1492) nella chiesa di S. Bernardino a Triora.

Nel suo libro Le tre bocche di Cerbero, Moriggi racconta di questa città che ha il nome che significa, appunto, “tre bocche” (dal latino tria ora) riferendosi a quelle di Cerbero, il mostro a tre teste protettore degli Inferi. Lo stesso che Giovanni Canavesio, pittore di fine ‘400, rappresentò nel suo Giudizio Universale in una delle chiese di Triora, S. Bernardino. Un’entità della mitologia greca in un’opera di ispirazione cristiana.

Insomma il luogo sembrava già prestarsi benissimo a ciò che sarebbe accaduto quasi un secolo dopo: “lo stereotipo che replica sé stesso”!

Sul finire dell’estate del 1587 tirava una brutta aria a Triora”, scrive la rivista InStoria, “da circa due anni la gente non aveva più di che sfamarsi e così, nel giro di pochi giorni, alcune donne furono ritenute responsabili di questa carestia”. Dal credere a delle vecchie che fanno geometrie sessuali col demonio, alla carestia, all’Inquisizione il passo fu incredibilmente breve: “iniziava la macchina del fantasma di fumo”, dice Moriggi (l’odierna del fango non si è inventata niente, insomma). Fu imbastito il processo con gli inquisitori di Genova: “la prassi del tempo consisteva nel celebrare messa nella chiesa parrocchiale, invitando il popolo alla delazione”, la denuncia segreta, che da sempre ha come effetto la moltiplicazione degli “odi e invidie personali” che col tempo portarono ad accusare ogni donna del paese, livellando qualsiasi differenza tra loro, tra nobili e prostitute.

Per le donne c’erano solo due scelte: “confessi o resisti, ma in ogni caso il Diavolo c’era o c’era stato”. Ma proprio “a causa del  repentino allargamento delle accuse a tutto il tessuto sociale”, gli inquisitori non riuscivano a concludere il processo. Genova convocò allora un magistrato, pensando sarebbe stato in grado di gestire la questione con più oggettività, ma successe che “questi era più fanatico dei preti”, proseguendo con le incarcerazioni e le torture anche nei borghi vicini.

Solo due anni dopo, nel 1589 giunse l’ordine da parte della Chiesa di chiudere i processi, ma purtroppo nulla si seppe più delle “streghe di Triora” per mancanza di documenti: se effettivamente furono liberate o morirono in carcere.

sedia delle streghe
Uno strumento di tortura dell’Inquisizione era la cosiddetta “sedia delle streghe” fatta di punte acuminate e arroventate (www.amantidellastoria.com)

Restano dei fatti molto significativi però. Non solo le streghe non esistono, ma pare che all’epoca non ci fu nemmeno una carestia! Lo stato di indigenza della cittadinanza derivava piuttosto da un diverso accordo commerciale, ai limiti della legalità, che indusse a usare le streghe come capro espiatorio. “All’epoca dei fatti”, infatti, “Triora era un borgo fortificato al centro di intensi traffici commerciali tra il Piemonte, la costa e la vicinissima Francia e politicamente dipendeva da Genova”.

Una carestia che perdurava dal 1585 sembrerebbe improbabile, vista la nomea  di ‘granaio della Repubblica’ che Triora godeva a quei tempi. Si è pensato quindi a una manovra speculativa dei latifondisti trioresi interessati all’innalzamento del prezzo delle derrate alimentari da rivendere a Genova, derrate che però non riuscivano più a essere acquistate dai propri concittadini”. O comunque la stipula di un nuovo accordo che non metteva più Triora al centro di questi traffici commerciali. E una spiegazione al popolo bisognava pur darla!

Insomma, “si faceva prima a dire che era colpa delle streghe”, conclude Moriggi, piuttosto che stare a spiegare o rivelare brutte verità. Ecco perché bisogna stare attenti agli stereotipi, in grado di “uscire fuori dal controllo e creare tragedie”, ed ecco perché è fondamentale la cultura, perché è l’unica arma del popolo, perché da sempre sono in grado di farci bere di tutto. Anche quando dicono di proteggerci a danno della nostra libertà.

Leggi anche… Tutte le altre storie sul “fantasma di fumo”

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