Se per il prossimo Cinema2Day non aveste idee su quale film vedere, una buona soluzione è The most beautiful day (non che non valga il prezzo pieno, ma si sa che risparmiare piace a tutti!) di e con Florian David Fitz, attore e regista agli inizi, classe 1974. Una commedia tedesca davvero gradevole che affronta la malattia in modo del tutto fuori dallo stereotipo!
Andi e Benno sono persone agli antipodi ma con una cosa in comune, anzi due. Entrambi sulla trentina (alta), si conoscono in una confortevole clinica per malati terminali. Andi, pianista e vlogger di insuccesso, ha una fibrosi polmonare che gli fa rischiare la vita per un semplice raffreddore. Gira sempre con ossigeno e morfina, è preciso, meticoloso, ipocondriaco e un po’ maldestro. Benno è l’opposto. Una vita tra espedienti, una relazione fallita con tanto di figlia mai conosciuta, ora l’ombra di un tumore al cervello che gli fa perdere conoscenza in momenti inaspettati.
Roba da deprimersi, oppure l’ultima occasione per fare qualcosa di epico. Così Benno convince il quieto Andi a partire per l’Africa e cercare di trascorrere la giornata perfetta, ovvero il giorno più bello della loro vita. Grazie a un elaborato stratagemma rimediano soldi, tanti, e riescono a evadere dalla casa di cura. Inizia la parte road movie.
L’immortalità, da sempre agognata, si può (in attesa di incredibili progressi medici) raggiungere in un solo modo. Lasciando qualcosa per cui essere ricordati. E per il riluttante Andi può avvenire uscendo dalla sua conchiglia protettiva e far evolvere il suo vlog da tristi quanto utili aggiornamenti sulla malattia e sulle cartelle cliniche a riscatto per tutti i malati terminali. Seguire in diretta un viaggio. E che viaggio, con tutti gli sfizi che ci si può togliere grazie a quel denaro che tanto non si dovrà mai restituire. Le visualizzazioni dei video di Andi schizzano da poche decine a migliaia e migliaia, in una crescita esponenziale, grazie alle avventure in cui lo scapestrato Benno lo trascina.
Ovviamente c’è l’altro lato della medaglia. Non è un grande spoiler dire che la scelta dell’Africa, del Sudafrica per la precisione, non è stata puramente casuale, come sembra dalla scena che forse tutti abbiamo sognato: andare all’aeroporto carichi di soldi e scegliere una meta a caso. L’ex compagna di Benno si è trasferita proprio in Sudafrica e lui non vuole lasciare questo mondo senza conoscere e salutare la figlia piccola. Andi, invece, nei momenti solitari legge storie di come altre persone abbiano affrontato la consapevolezza della morte, cosa che lo farà discutere con Benno. Perché cercare di riconoscersi nelle esperienze degli altri senza vivere pienamente le proprie?
Tra riflessioni serie e situazioni rocambolesche, il film funziona, come spesso hanno funzionato le “strane coppie”, due personalità agli estremi opposti ma che possono imparare un po’ l’uno dall’altro. E funziona perché Matthias Schweighöfer (Andi) e Florian David Fitz (Benno) sono bravi e, seppure i loro nomi da noi non diranno molto, in Germania sono molto noti e amati dal pubblico. Questo è stato il loro primo lavoro insieme, fortemente voluto dal produttore Dan Maag, che spiega: “da anni io e Florian stavamo pensando a un progetto che li riunisse. Florian ha condiviso l’idea di The most beautiful day e ci siamo resi conto che non poteva essere che un successo. È un modo innovativo di fare commedia, con l’obiettivo di offrire al pubblico anche momenti molto emotivi, che stimolassero la riflessione”.
Sia Schweighöfer che Fitz avevano già fatto i registi, ma alla fine la direzione è andata a Fitz, che già aveva scritto la sceneggiatura. Certe volte si pensa che due registi possano andare in conflitto, non in questo caso. “mi sono tenuto fuori dal processo di caratterizzazione del personaggio”, racconta Schweighöfer, “la mia opinione avrebbe reso tutto più complicato. È capitato di aver dato qualche suggerimento durante le scene, ma mi sono reso conto che era meglio lasciare David libero”.
Il paradosso, le estremizzazioni, sono fondamentali nella comicità, che siano film, scenette o monologhi. Così l’idea nasce da un fatto realmente accaduto, un malato di cancro che chiese 30 mila marchi (poco più di 15 mila euro) in prestito alla sua banca. Ovviamente poi bisogna arricchire di esasperazioni, aggiungere la spalla. Mentre la scelta del Sudafrica, a parte rispettare i canoni di un posto caldo per non aggravare la fibrosi di Andi, ha vinto su Australia, Canarie, Baleari e tante altre opzioni perché “oltre a essere un Paese bellissimo, fornisce il contrasto necessario con lo sfondo tedesco dal quale i due eroi vogliono fuggire”, svela Maag.
“Morire è come nascere, mangiare e dormire, è una delle cose più naturali del mondo”, afferma Fitz, che prima di scrivere la sceneggiatura di The most beautiful day si è documentato molto su malattie e cliniche, visitandone alcune con Maag proprio per capire l’atmosfera, come ci si muove, come si pensa quando si realizza che la vita sta volgendo al termine. Il nostro cervello ha un meccanismo di difesa importantissimo. Sappiamo che moriremo, certo, ma il non quantificare il tempo che manca ci fa andare avanti, come se nulla fosse, come se il momento non dovesse arrivare mai. Altrimenti saremmo sopraffatti da questo peso. Il risultato è “un ibrido di genere”, chiude Maag. “Tra pianti e risate domina un sentimento conciliante, il pubblico può aspettarsi risate, personaggi avvincenti, momenti emozionanti, situazioni assurde e un sacco di fascino. Al centro c’è la vita stessa, come si fa a trattare con lei? Come dare il meglio di sé?”.