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L’approccio multiculturale di Beltrami

Il lago Julia, la contea Beltrami e l’omonima catena montuosa – tutti nello Stato del Minnesota – ai più diranno poco o niente. Infatti Giacomo Costantino Beltrami in Italia è un Carneade qualsiasi, mentre negli Stati Uniti gode di grande fama e considerazione. Fu lui, nel 1823, a giungere per primo alle sorgenti del fiume Mississippi, a realizzare il primo vocabolario sioux-inglese e (pare) a ispirare James Fenimore Cooper nella scrittura de L’ultimo dei Mohicani. Catapultato quasi per caso nell’America che espandeva le frontiere verso ovest, a differenza dei contemporanei Beltrami ebbe un approccio antropologico e multiculturale, grazie al quale riuscì a carpire e tramandare molte tradizioni dei nativi, sempre più sotto scacco dei bianchi.

Nato a Bergamo nel 1779, Beltrami cresce nel pieno della rivoluzione francese, condividendone gli ideali e prendendo parte ai moti per l’indipendenza italiana. Forse un po’ troppo attivamente, visto che viene accusato di attentato e cospirazione contro lo Stato Pontificio. Già noto alle forze dell’ordine, stavolta la situazione è troppo pesante per il poco più che quarantenne Giacomo Costantino, che via Francia e Inghilterra arriva in America, dove entra a far parte della spedizione militare voluta dal generale Clarke per risalire il fiume Mississippi e trovarne le ancora ignote sorgenti. Finché i problemi con i compagni di viaggio Tagliaferro e Long causano una scissione e Beltrami prosegue da solo, nelle quasi inesplorate (dai bianchi, ovviamente) terre dei sioux e dei chippewa.

L'ultimo dei Mohicani, di Cooper, probabilmente ispirato dai diari di viaggio di Beltrami
L’ultimo dei Mohicani, di Cooper, probabilmente ispirato dai diari di viaggio di Beltrami

Lungi dall’essere un colonizzatore, un po’ per completare la missione e un po’ per interesse socio-antropologico, Beltrami riesce a inserirsi nel contesto dei nativi, documentandone usi, costumi, cultura e tradizioni, realizzando il primo vocabolario di cui sopra e scrivendo diari di viaggio in cui queste popolazioni vengono trattate con la dovuta dignità, senza le distorsioni che molto servivano a giustificare il massacro in atto. Una delle sue prime scoperte è l’attuale lago Itasca, nominato Giulia da Beltrami, in onore di una nobildonna conosciuta nel 1809 ma troppo presto scomparsa. Era il preludio dell’arrivo alle agognate sorgenti del Mississippi, datato 31 agosto 1823.

Sempre da attento osservatore e collezionista di oggetti, Beltrami continua le sue avventure in Messico, ad Haiti e in Repubblica Dominicana per qualche anno, fino al ritorno in Europa, dove non dimentica l’animo rivoluzionario e partecipa ai moti di Parigi del 1830 e di Roma nel 1848. Morirà nel 1855 a Filottrano, provincia di Ancona, piccolo centro ora sede di un museo a lui dedicato, dove è possibile ritrovare molti dei reperti riportati da Beltrami in Italia – altri sono a Bergamo – e che hanno aiutato a capire di più le popolazioni con cui era venuto a contatto, oltre i pregiudizi e gli stereotipi.

Il simbolo di Calgary 1988, che riprende la decorazione di un tamburo da medicina sioux
Il simbolo di Calgary 1988, che riprende la decorazione di un tamburo da medicina sioux

La collezione ha incuriosito, e non poco, nient’altro che lo Smithsonian di Washington, a cui però Filottrano ha tenuto testa rispondendo picche. Tra gli oggetti spiccano un tamburo da medicina, proprietà di uno stregone – la cui decorazione è stata usata come simbolo per le olimpiadi invernali di Calgary 1988calumet e pipe sacre altrimenti pressoché introvabili. Nel 1987, a un anno dalle olimpiadi, Calgary si fregia dell’onore di avere in prestito questo materiale e degli sciamani in visita sono puntali nel correggere un’inesattezza. Secondo il rituale, cannelli e fornelli delle pipe vanno tenuti separati e devono essere innestati solo quando arriva il tempo di fumare. Erano invece stati esposti già attaccati, all’apparenza piccole cose, forse, ma determinanti per il rispetto delle consuetudini.

Che poi altro non era che il motore che spingeva Beltrami, precursore del multiculturalismo nel pieno della presunta superiorità europea o comunque occidentale, del mito del selvaggio da civilizzare, poco importa se fosse in Africa, Asia o America centromeridionale. Che poi, più che civilizzare, annichilire, assorbire o nella versione edulcorata di adesso, integrare.


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