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Vita su Marte

Uno dei grandi sogni dell’umanità, la colonizzazione dello Spazio e nello specifico di Marte, potrebbe diventare realtà. Da qualche anno gli scienziati stanno trovando risposte per ovviare a tutti quegli ostacoli, a partire dall’assenza di ossigeno e acqua, che sembravano rendere la vita sul pianeta rosso un’utopia. Secondo proiezioni più o meno ottimistiche tutto sarebbe tecnicamente realizzabile in circa 20 anni. Nemmeno troppo!

Che la natura umana sia esplorativa non vi è dubbio, nel corso dei millenni molti pionieri sono morti o hanno rischiato la vita per raggiungere ogni punto più remoto del globo. Allo stesso tempo si è sempre cercato di risolvere i misteri del cosmo e dopo il simpatico periodo coloniale non è che sulla Terra rimanesse molto di ignoto, se escludiamo gli abissi dei fondali oceanici. Noia, curiosità e progresso scientifico hanno fatto partire la corsa siderale, inizialmente nella cornice della Guerra Fredda. Film come Star Wars sono molto più politici di quello che sembrano a un’occhiata distratta. Oltre al parallelismo impero del male galattico/impero del male sovietico, la trilogia riflette gli studi americani culminati con il progetto reaganiano dello scudo spaziale, di presunta difesa dai russi.

Ma ovviamente c’erano anche lo sguardo disinteressato e sognatore di chi la notte alza la testa al cielo e fantastica su mondi paralleli e quello catastrofista – filone che continua ad andare forte – di chi teme l’impatto di un asteroide gigante o che l’inquinamento e le sue conseguenze abbiano segnato il destino della Terra. Unica possibilità di sopravvivere, l’evacuazione di massa su Marte, già che la vicina Luna non ha dimensioni adeguate, Kepler è troppo lontano (1400 anni luce) e che non si conosce molto sulle “offerte” di Proxima Centauri, stella vicina alla terra appena 4 anni luce, e dei pianeti nella sua orbita (curioso come si pensi a evacuazioni di massa dalla Terra ma le migrazioni interne proprio non vanno giù, se nasci nel lato sbagliato del mondo, restaci).

Il film The Martian, la serie tv Mars – misto di interviste a esperti e finzione – hanno preso la questione molto sul serio, ponendosi quesiti su come l’inospitabilità del quarto pianeta del sistema solare possa essere ovviata dallo sviluppo tecnologico. Primo punto, il viaggio. L’assenza e il ritorno alla forza di gravità, giunti a destinazione, creerebbero forti dolori alla spina dorsale, che prima si allungherebbe per poi contrarsi. Quindi, subito giù di fisioterapia. Di certo non si potrebbe fare una bella passeggiata di ricognizione, non senza apposite tute. La quasi totale assenza di atmosfera porta le temperature anche a -150° ed espone a radiazioni magnetiche quantomeno cancerogene (non ci sarebbero gli stessi dubbi che abbiamo su microonde e cellulari).

Barbagli/Guzzanti e gli altri fascisti su Marte
Barbagli/Guzzanti e gli altri fascisti su Marte

E poi c’è il dettaglio dell’assenza di ossigeno, che il gerarca Barbagli di Fascisti su Marte liquidava a una questione di forza di volontà. In quel “nulla brullo, brullo nulla, brullo nulla di nulla, un ‘me ne frego’ sostituisce respiratori e vezzosi orpelli con cui donnette arricchiscono il Paese della sterlina”. Nella realtà non basterebbe la virile fermezza del facista, bisognerebbe portare ossigeno e organismi in grado di crearlo, come le piante (anche commestibili), coltivabili però solo dopo aver eliminato gli elementi tossici del suolo marziano. L’acqua è invece considerata dagli scienziati un problema minore. In alcune aree è stato rinvenuto del ghiaccio, forse anche una prova che forme di vita ci sono effettivamente state.

Altro aspetto tecnico è la distanza dalla Terra. In caso di emergenze le comunicazioni sarebbero rallentate di 20 minuti circa rispetto all’istantaneità cui siamo abituati, ma soprattutto sarebbero lunghi i tempi di percorrenza, sui sei mesi a tratta. Meglio controllare tutto bene prima di partire ed essere sicuri di non aver dimenticato nulla… Ma ci sono anche i lati psicologici che non vano sottovalutati. La vita sarebbe una pallida imitazione rispetto a quella cui siamo abituati (che già…).

Quanto sarebbe sopportabile non poter uscire all’aperto senza essere bardati, per fare cosa poi? Costruiremmo anche cinema, teatri, negozi, bar, stadi, discoteche o si resterebbe sempre nelle basi, con le stesse persone (col rischio di compiere atti alla Jack Torrance di Shining)? Ci sarebbe anche la differenziazione delle competenze o servirebbero solo manovali, ingegneri e giardinieri? E quanto peserebbe non cambiare MAI scenario? Niente mare, montagna, laghi, fiumi, città, villaggi, campagne, foreste, savane, boschi, tundre&taighe. Niente gite, niente viaggi.

Raro documento di manifestazione marziana ostile all'immigrazione irregolare
Raro documento di manifestazione marziana ostile all’immigrazione irregolare

Saremmo in grado di superare la mentalità terrestre? Esempio, siamo abituati a un certo tipo di amministrazione, dal locale allo statale fino alle organizzazioni sovranazionali (Ue, Onu ecc.). Andremmo oltre la logica dei confini o ci sarebbero i muri trumpiani fra messicani e statunitensi, comunque a quel punto entrambi immigrati di prima generazione? Si potrebbe attuare una vita comunitaria lontana da ogni tipo di divisione o riemergerebbero differenze socio-economiche-etniche-religiose? Partirebbero tutti o solo gli abitanti di quei Paesi con abbastanza risorse da permettersi spese astronomiche in tutti i sensi? Nigerini, ciadiani e via dicendo andrebbero via dall’aridità che non lascia molte alternative per approdare in un’altra aridità?

Quesiti che per fortuna non hanno risposta perché sono scenari non troppo imminenti, ma che un po’ uccidono il fascino che dà di primo impatto l’idea di conquistare lo spazio, da quando i primi ominidi hanno cominciato a interrogarsi sull’infinito con il naso rivolto all’insù. Forse all’ipotesi non idealizzata ma realistica di vivere su Marte sarebbe preferibile l’estinzione. Del resto questa è stata la “scelta” del 90% delle forme di vita che hanno abitato questo pianeta…


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