[continua da “È tutto un equilibrio sopra la follia”: la psichiatria (1)] Ma chi è che si occupa di parole? Il giornalismo, ovviamente. E il problema è sempre quello: la tendenza a negativizzare che è costituente dei media – sangue chiama audience -, ma di sicuro “il sensazionalismo aumenta lo stigma e l’esclusione sociale di chi soffre di malattie mentali. Come si dovrebbe sentire una persona che soffre di depressione quando legge un titolo del tipo Depresso stermina la famiglia?”, si chiede Claudio Mencacci, presidente della Società di Psichiatria. Il radicamento degli stereotipi è un’azione più dannosa di quello che si potrebbe pensare: diceva Einstein “è più facile rompere un atomo che un pregiudizio”.
Il fatto clamoroso per esempio, che dall’anno scorso stanno finalmente chiudendo tutti gli OPG in Italia, ovvero gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (l’evoluzione dei manicomi chiusi con Basaglia), “una nefandezza civile”, aveva detto Giorgio Napolitano, era una notizia di notevole importanza (positiva) che ha fatto balzare il Paese in avanti di almeno 25 anni, ma che i (grandi) media hanno abbastanza ignorato. (Forse anche perché a capo della commissione d’inchiesta del 2013 che per prima rivelò le condizioni di estremo degrado di quelle strutture, anche si sapeva da sempre, fu il tanto, eccessivamente, odiato Ignazio Marino?) (Gli italiani sembrano particolarmente bravi a lamentarsi, per poi punire chi tenta di cambiare le cose!) Anche se poi, le successive e attuali Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), la terza evoluzione dei manicomi, sono strutture ancora inefficienti e stereotipate: molti psichiatri ritengono ormai che “l’incapacità di intendere e di volere” non esista, esistono le malattie psichiatriche questo sì (i disturbi della senso-percezione per esempio, come le allucinazioni, che possono essere non solo uditive e visive, ma anche tattili, cenestesiche, olfattive e gustative!), allora la vera evoluzione dovrebbe essere la presenza di equipe mediche e psichiatriche nelle carceri (che nel frattempo dovrebbero diventare “istituti educativi”). Smettendola insomma di separare queste persone dal resto della realtà, o di punirle eccessivamente rispetto a una condizione mentale che, di base, non ha colpe.
Per non parlare di altre “droghe virtuali” ma legali, come il gioco online, su cui l’Europa sta elaborando protocolli comuni di cura, che portano a quella che oggi si definisce “ludopatia”, altro termine che sembra nascondere una dipendenza vera e propria che si dovrebbe combattere a partire dallo Stato. O altri aspetti di vita ancora più agghiaccianti come la violenza sulle donne. “Uccisa dal caldo, dal raptus… mi sembra ci sia un arretramento di linguaggio”, osserva la senatrice PD Emilia De Biasi, “semplificazioni che trasformano uomini in mostri, quando sono persone con problemi seri”. Sicuramente più dipendenti delle donne che cercano di controllare.
“Abbiamo un cervello molto complesso” dice lo psichiatra Massimo di Giannantonio, “diviso in un emisfero sinistro che si occupa di logica, prassi, coerenza, intelletto. E un emisfero destro (per me di maggiore importanza) che è quello animale e istintuale, che riguarda sensazioni, pulsioni, emozioni”. L’equilibrio possibile si crea ogni giorno: “è questa dialettica”, e come pesa da una parte o dall’altra, “che spiega cosa sia la sofferenza mentale”.
Insomma, la maggior parte dei “matti” non è “rinchiusa” da qualche parte, ma ancora oggi “non si presuppone di poter avere a che fare con loro“, così, andando semplicemente in giro per una città, come si incontra altra gente, su un autobus, al bar, in un locale… ma il fatto è strano, se ci si pensa, visto che alla fine loro siamo tutti noi. Diceva un’altra canzone: “oh non siamo tutti, chi un po’ di più, o chi un po’ di meno, siamo tutti, tutti, tutti, completamente pazzi” ?