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Le tematiche ambientali non sono noiose… (1)

Le tematiche ambientali nel tempo sono state stereotipate parecchio. Percepite da quasi tutti, a parte pochi fanatici “green”, come molto secondarie, quasi inutili. Nelle notizie arrivano sempre a fondo Tg, nel lavoro vengono viste come occupazioni marginali, nella vita di tutti i giorni nessun peso. Tanto il sole, la luna, il cielo, è tutto ancora lì come lo abbiamo sempre visto. Temi che al massimo attirano compassione o scherno, alla meglio, una certa noia

Peccato che se non regge la Terra non regge nemmeno più tutto il resto. (#PremioGac, direbbero a Gazebo, ma pare che c’è bisogno di ricordarlo…)

“Bisogna fare qualcosa per salvare il Pianeta”, questo si sente dire in giro, ma suona quasi ridicolo, e pochi ci credono. La Terra infatti si salva da sola quando vuole (e sempre se vuole). Come diceva George Carlin, “ci sgrulla via come un ammasso di pulci”. Piuttosto dovremmo dire “dobbiamo fare qualcosa se vogliamo provare a salvare noi stessi”. Magari la situazione cambia peso e si inizia a pensare che forse qualcosa va fatto sul serio. E lo devono fare tutti. Se la nostra intenzione è preservare questa vita così come la conosciamo: ogni popolo con le sue tradizioni, i suoi alimenti, e il suo clima…

Abbiamo iniziato a rendercene conto perché qualcosa ha iniziato a cambiare, per forza e con più forza, dall’anno scorso, il 2015, oggi conosciuto come “l’anno più caldo del Pianeta”. Ma non tutti sanno che… il 2016 l’ha appena scalzato, e ogni anno successivo scalzerà il record di quello precedente se non ci muoviamo ogni giorno, anche da singoli cittadini, a vivere in maniera più responsabile (decente?) rispetto a quello che ci compete (dalle scelte d’acquisto alla gestione dei propri rifiuti, dall’utilizzo dell’auto alla gestione della casa…)

I 10 anni più caldi sulla Terra. 2014, 2015 e oggi si può dire anche 2016... gli ultimi 3 anni sono in fila e non promettono nulla di buono
I 10 anni più caldi sulla Terra. 2014, 2015 e oggi si può dire anche 2016… gli ultimi 3 anni sono in fila e non promettono nulla di buono

Un’altra prova del mutato atteggiamento nei confronti dell’ambiente, che è poi è parlare della Terra e ciò che la circonda, è che gli accordi internazionali in materia ambientale, che arrivano ogni 20-25 anni, sono sempre più importanti: il 2015 è stato infatti anche un anno di buone notizie, l’Accordo di Parigi della Cop21, il primo che ha riconosciuto l’importanza (e l’urgenza) di prendere sul serio le questioni ambientali, e in particolare l’andamento del clima. Improvvisamente, da che erano inutili, sono diventate fondamentali, perché “alla nascita di Cristo eravamo 200 milioni di persone, dopo 1200 anni siamo diventati 400, oggi siamo 7 miliardi e mezzo:  ieri era un mondo vuoto, oggi è un mondo pieno. Il cambiamento è in atto da sempre”, dice Mario Cirillo dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) durante la presentazione del testo Parigi e oltre che serve da vademecum per il Parlamento sulla situazione climatica globale.

Insomma adesso lo stiamo sentendo.

Se il penultimo accordo di Kyoto del 1990 era solo un tentativo di dare il “buon esempio”, quello di Parigi 2015 per la prima volta ha obiettivi specifici: frenare “il riscaldamento globale entro 2 gradi dal livello pre-industriale, e se possibile anche entro 1,5 gradi, riducendo i gas serra prodotti dalle attività umane”. Altrimenti, anche se abbastanza virtuosi al 2020 (primo obiettivo climatico), già al 2030 (secondo obiettivo climatico) la vita così come la conosciamo sarà a rischio. L’altro aspetto importante è che almeno stavolta hanno partecipato anche Usa e Cina, due Paesi che a Kyoto non avevano firmato un bel niente in nome della loro crescita economica. Infatti a oggi, da sole, producono il 40% delle emissioni assolute (Europa 12%): insomma senza di loro qualsiasi sforzo sarebbe stato vano e questa è un’ottima notizia (ma ora che ha vinto Trump che succederà…?)

L’altra buona notizia è che l’accordo salva-clima è stato appena ratificato anche in Italia (il 27 ottobre): essendo entrato in vigore a livello internazionale il 4 novembre 2016 per una volta non siamo in ritardo rispetto agli altri Paesi.

Anche il progresso dell’Ue verso gli obiettivi di riduzione di gas serra è già evidente:  “di fatto è riuscita a ridurre le emissioni pur espandendo la sua economia. Il Pil è cresciuto del 46% tra il 1990 e il 2014 mentre l’intensità delle emissioni si è ridotta di quasi la metà, disaccoppiamento che si è verificato in tutti i paesi dell’Ue” (anche se bisogna dire che la crisi economica e finanziaria aiutarono il processo).

Obiettivi Italia al 2020: -18% emissioni gas serra (buono, c’è stato solo un aumento dal 2014 al 2015), Ets (anidride carbonica e altri gas da impianti industriali) 21%, Non ets (da trasporti, agricoltura, rifiuti) 13%, fonti rinnovabili 17% (già raggiunto nel 2015), efficienza energetica -20% (stabilizzati i consumi finali, ma bisogna fare di più) Obiettivi Europa al 2030: gas serra -36-40%, Ets 43%, Non ets 31,35%, fonti rinnovabili ed efficienza energetica 27%
Obiettivi Italia al 2020: -18% emissioni gas serra (buono, c’è stato solo un aumento dal 2014 al 2015), Ets (anidride carbonica e altri gas da impianti industriali) 21%, Non ets (da trasporti, agricoltura, rifiuti) 13%, fonti rinnovabili 17% (già raggiunto nel 2015), efficienza energetica -20% (stabilizzati i consumi finali, ma bisogna fare di più)
Obiettivi Europa al 2030: gas serra -36-40%, Ets 43%, Non ets 31,35%, fonti rinnovabili ed efficienza energetica 27%

Partiamo quindi da una condizione privilegiata come Italia, perché una buona parte del percorso di riduzione della CO2 l’abbiamo fatta in questi anni, raggiungendo gli obiettivi di Kyoto con 5 anni di anticipo“, ha detto il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, ma bisogna stare molto attenti, visto che per esempio, a oggi il sistema di incentivi per le fonti rinnovabili è stato congelato. E questa è una pessima notizia…

E senza dimenticare che non siamo i campioni dell’ambientalismo: basti pensare al nostro inquinamento dell’aria che ha raggiunto il record negativo di morti premature in Italia rispetto agli altri paesi Ue: si tratta di oltre 84mila vittime nel 2012 su 491mila a livello europeo.

Da 800mila anni a questa parte nessuno ha mai respirato un’aria così piena di CO2”, sottolinea Gianmaria Sannino dell’Enea (Ente Nazionale Energia e Ambiente) e di fatto non sappiamo cosa questo significhi. “L’Europa deve essere particolarmente monitorata perché incrocia più climi. I tifoni non stanno aumentando, ma stanno cambiando in potenza: l’uragano Matthew si è potenziato nel corso delle ore ed è stato particolarmente lungo nel 2016. Il mare continuerà a crescere. Scenari climatici possono essere tanti: dal raffreddamento al surriscaldamento, dal ghiaccio alle piogge anomale, ma dal 2014 stiamo andando verso lo scenario peggiore. Oggi conosciamo anche le “heat wave (ondate di calore) che uccidono più persone degli uragani, 40mila morti in Europa solo nel 2003. E Roma avrà due gradi in più di temperatura media estiva ogni anno, se non dovessimo fare nulla…”

La situazione italiana e globale sul clima sembra quindi controversa: se da una parte, a oggi, i numeri ci sostengono abbastanza, è necessario non crogiolarsi sugli allori. “Già registriamo 0,8 gradi in più rispetto all’era pre-industriale, significa che nel 2100 avremo raggiunto i 100 gradi in più se non cambieremo qualcosa anche nelle nostre abitudini quotidiane e produttive. Il cambiamento climatico è oggi tra i primi rischi globali: ha una probabilità inferiore solo alla migrazione involontaria su larga scala, ma anch’essa è già in atto, e soprattutto per motivi climatici…”

(continua qui: Le tematiche ambientali non sono noiose… anche perché si muore! (2))

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