Quando si pensa al Medioevo vengono in mente carestie e pestilenze, soprusi e guerre, cavalieri, servi della gleba sotto lo stretto giogo di monarchi e feudatari, torture, monaci mistici, papi, inquisizione, ignoranza, superstizione, mille e non più mille. Tutto viene frettolosamente bollato come “periodo buio”, ma non è stato solo così. Si pensa ad un periodo di passaggio fra lo splendore dell’età classica a quello dell’età rinascimentale – la stessa parola indica la rinascita, appunto, dopo la crisi: già questa lettura è erronea, perché la Storia è un continuo processo in divenire, una transizione costante. Peggio ancora, tale credenza è così radicata perché diffusa a livello accademico. In fondo, lo abbiamo imparato a scuola.
La prima schematizzazione approssimativa è quella sulla contrapposizione fra impero e papato, potere secolare e religioso, in mezzo a cui si inseriscono feudi e signorie stufe di un controllo dall’alto e desiderose di autonomia. In realtà è il periodo di formazione degli Stati nazionali ed è in questo contesto che inizia la lotta per il dominio territoriale fra laicità e clero, cioè quando l’accentramento è già in moto. Non prevalevano dunque le forze disgregatrici, non molto più di adesso se non altro.
Poi nell’immaginario collettivo c’è la forte decadenza delle scienze, con l’evoluzione e il progresso interrotti per praticamente mille anni in nome dell’asservimento a una religiosità che non permetteva studi, perché tanto l’umanità non era centrale come nell’umanesimo – da cui il nome – o perché si rischiava di essere tacciati di stregoneria e finire al rogo. Né c’era tutta questa mortificazione della carne e del piacere estetico, visto che nacquero la poesia trobadorica e l’amor cortese.
Molte sono state invece le invenzioni perfezionate nel Medioevo, l’aratro a ruote e a due lame, gli occhiali, nuove tecniche di coltivazione intensiva, l’orologio meccanico, le università, il mercato, fino alla bussola e altri macchinari nautici che hanno aiutato Colombo non poco nella sua avventura. A proposito, anche l’idea che la Terra fosse piatta era già in via di abbandono e da molto. I risultati ottenuti dai Galilei, Newton, Keplero, si basavano su studi antecedenti. Era la concezione di Dio a spingere a studiare la natura, attraverso cui imparare meglio qualcosa sul Creatore.
Oltre ai pregiudizi negativi ci sono stereotipi più positivi, delle saghe dei valorosi cavalieri, del coraggio, delle giostre, le pugne e del fascino che li circonda. Sono la molla che spinge la Società dell’Anacronismo Creativo, organizzazione internazionale dedicata alla ricreazione di feste, banchetti reali, danze, workshop rievocativi di un’idealizzazione del Medioevo. Gli iscritti sono oltre 30 mila, da 20 “reami” di tutto il mondo.
Secondo Jacques Le Goff, storico francese scomparso appena un paio di anni fa: “se studiate il Medioevo vi accorgerete che è diverso da ciò che siamo, da ciò che l’Europa è oggi diventata. Avrete come l’impressione di fare un viaggio all’estero. Occorre non dimenticare che gli uomini e le donne di questo periodo sono i nostri antenati, che il Medioevo è stato un momento essenziale del nostro passato e che quindi un viaggio nel Medioevo potrà darvi il duplice piacere di incontrare insieme l’altro e voi stessi”.
Sebbene sia difficile etichettare oltre mille anni di Storia, a Gubbio usano una definizione di Umberto Eco per l’organizzazione del loro Festival del Medioevo, di scena tra settembre e ottobre per raccontare dieci secoli di storia insieme a scrittori e studiosi qualificati. “Il Medioevo inventa tutte le cose con cui stiamo ancora facendo i conti, le banche e la cambiale, l’organizzazione del latifondo, la struttura dell’amministrazione e della politica comunale, le lotte di classe e il pauperismo, la diatriba tra Stato e Chiesa, l’Università, il terrorismo mistico, il processo indiziario, l’ospedale e il vescovado, persino l’organizzazione turistica: sostituite le Maldive con Gerusalemme e avete tutto, compresa la guida Michelin”.
E se lo dice l’autorevole autore de Il nome della rosa…