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Cos’è la destra, cos’è la sinistra

Di questi tempi di elezioni in cui un Movimento che si definisce né di destra né di sinistra si ritrova al ballottaggio in molte città italiane, c’è da chiederselo. Anche se già vent’anni fa Giorgio Gaber cantava che le differenze tra destra e sinistra sono ormai davvero minime…

Oggi ci sono gli entusiasti dei 5stelle e dall’altra parte quelli che non li sopportano, il tutto senza mezze misure, ma ci sono anche quelli che stanno in silenzio perché vivono l’impasse, preferendo ancora i vecchi partiti deludenti a una nuova e “libera associazione di cittadini”, o perfino l’astensione. Ma il perché sta proprio nella loro natura: in questo loro essere né di destra né di sinistra che li rende, alla fine, un po’ di destra e un po’ di sinistra. Così tutto sembra parecchio uguale e non si riesce a decidersi, perché chi è convintamente di sinistra o di destra non riesce a passare sopra a quella parte che non gli corrisponde. Che non corrisponde ai suoi “valori”.

Ma quali sono questi valori della destra e della sinistra? Parliamo oramai di stereotipi o realtà?

Anzitutto, “le denominazioni “destra” e “sinistra” per le due parti opposte dell’arena politica nascono in Francia poco prima della Rivoluzione francese. Nel maggio 1789 furono convocati dal Re gli Stati generali tra clero, nobiltà e terzo Stato e quest’ultimo si ordinò all’interno dell’emiciclo, con gli esponenti conservatori capeggiati da Pierre de Malouet che presero i posti alla destra del Presidente, e i radicali di Honoré de Mirabeau quelli alla sinistra. Questa divisione si ripresentò anche in seguito: a destra prevaleva una corrente volta a mantenere i poteri monarchici, a sinistra stava la componente più rivoluzionaria”, dice Wikipedia.

E ancora oggi, se si deve descrivere la destra nel linguaggio politico, “si indica la componente del Parlamento che siede a destra del presidente dell’Assemblea e che tradizionalmente fa riferimento alle componenti conservatrici o reazionarie”. E la sinistra quella “che siede alla sinistra e, in generale, l’insieme delle posizioni egualitariste e progressiste, diametralmente opposte rispetto a quelle della destra”.

de-gasperi-destra-sinistraMa nella realtà le cose sembra stiano prendendo una piega ancora diversa. La “fluidità” che l’era digitale impone sulle nostra vite si riflette in ogni aspetto, il sociologo Zygmunt Bauman già lo diceva che avrebbe investito tutta la società, dal lavoro all’amore. E ora sta investendo anche la politica. La gente è stufa della dicotomia ormai vuota tra destra e sinistra. È in cerca di una più onesta aderenza alla realtà.

Dal 1700 a oggi molte cose sono cambiate: “dopo la caduta del Muro di Berlino il dibattito politico tra Destra e Sinistra ha abbandonato le tematiche esclusivamente teoriche e si è concentrato su questioni decisamente pratiche”. Nel passaggio però è come se si fossero cristallizzati una serie di “valori” teorici di differenziazione delle due, per esempio la solidarietà sociale della sinistra versus la responsabilità individuale della destra. E si è capito che “nell’impatto tra pensiero e realtà, non è vero che anteponiamo il valore alla interpretazione o gestione di un fatto: i valori non esistono di per sé, sono soltanto manifestazioni di qualcosa di più profondo, ovvero il modo con cui interpretiamo il mondo”.

Rocco La Gioia della rivista istitutodipolitica.it descrive le due modalità di approccio umano al mondo: una è teorica e l’altra funziona per modelli. Con la prima si cerca di recuperare un rapporto armonico col mondo esterno, si elaborano soluzioni, si governa la realtà rilevando principi in grado di arricchire di significato gli interventi, secondo un’impostazione bottom-up; con la seconda si applica alla realtà un modello ritenuto ottimale, si cercano principi modellando la realtà in base a questi, e la si governa ammantandola di significato, secondo un’impostazione top-down.

Può non essere intuitivo, ma il primo orientamento inerisce alle politiche di destra, il secondo a quelle di sinistra… di conseguenza, le differenze tra le due non stanno nell’adesione a un sistema di valori, ma piuttosto a una disposizione teorica: “la prima di carattere strettamente oggettivo a risultato realistico, la seconda di carattere strettamente soggettivo a risultato etico”. In questo modo la Destra rimane sulla “fenomenologia”, elaborando “un programma fatto di libertà, responsabilità individuale e Stato separato”. La Sinistra, invece, scivola “su elementi a contenuto etico, fatti di solidarietà, eguaglianza e Stato garantista”.

left_right_confusion_be_gone-shirtstatscomEsempio utile è la ricorrente disputa sull’art.18: la Destra ritiene che l’articolo si debba cambiare perché la realtà ne impone la fluidità per rendere stabile il lavoro, la Sinistra ritiene che lo si debba invece mantenere perché di per sé sancisce la stabilità del lavoro come valore”. Sarebbe quindi scorretto affermare che il lavoro è difeso solo da una delle due: entrambe lo considerano un “valore sociale da perseguire”.

È insomma lo scontro perenne tra la realtà oggettiva, che va sempre tenuta da conto, e il “contratto sociale”, anch’esso imprescindibile, quello che ci permette di (con)vivere dentro quella realtà… e forse allora hanno ragione i 5Stelle, non è più tempo di divisioni, ma di superamento delle due visioni. O sarebbe meglio parlare di unione?

Tornando alla realtà italiana, un ventennio di immobilismo berlusconiano (una destra completamente falsata e corrotta) con un paese che andava avanti ad personam spegnendo tutto, dalla politica alla cultura, ha generato gente arrabbiata e delusa, demoralizzata e affamata di cambiamento, mentre nulla intorno sembrava muoversi, nessuna nuova proposta.  Finché non sono arrivati i 5stelle, una novità italiana, anzi unica nel mondo.

Eppure in molti non riuscivano, e non riescono, a votarli.

Saranno i “modi” 5stelle? “L’incazzato”, “la coatta”… come ci si pone non è questione da poco. Basta che non sia la scusa e il metro di giudizio “totale” con cui bollarli pur di non entrare nel merito delle questioni importanti.

O forse a quelli di sinistra non va giù che tutte queste grandi idee e attenzioni per i più fragili, e i bambini, e i disabili, e il reddito di cittadinanza, e la cittadinanza attiva, e tante cose belle… sono pensate solo per gli italiani? Quando capita di parlare degli altri, non si avverte più quel grande spirito di comunità e cooperazione che sembra caratterizzare il Movimento, anzi, cala un certo “gelo”. Ed è forse quello che piace a destra: “rimanere sull’ordinario”, come dice la candidata sindaca a Roma.

fascismi-europa-destra-sinistra-superamentoPrendiamo Virginia Raggi e il suo programma. Bello il piano per l’efficientamento del trasporto, una città pensata anche per ciclisti e pedoni, un commercio più libero e sicuro, l’attenzione alla scuola, la lotta agli sprechi e a “Mafia Capitale”, quel brutto nome che sa di gigantesco. (Anche Giachetti dice più o meno lo stesso). Insomma da parte di entrambi c’è una grande attenzione al cittadino, d’altra parte “attenzione” è quello che il cittadino (che vota) vuole. Ma come si comportano i 5Stelle con gli altri che a Roma non sono cittadini, per svariati motivi? Dai turisti agli immigrati (che restano) e i migranti (che sono di passaggio), i rom e tutti quelli di prima, seconda e terza generazione che vivono in condizioni di semi-clandestinità? Non sono cittadini, appunto, allora di loro si può parlare in altri termini. E cioè in termini economici, di ordine, sicurezza, oppure decoro. Termini che sono anche reali, ma che dovrebbero accompagnarsi ad altri aspetti più… “etici”, appunto, che pure esistono (es.: baraccopoli e campi rom vanno sgomberati, siamo tutti d’accordo, ma un conto è volerlo fare perché si ritiene scandaloso nel XXI secolo ghettizzare ancora parti della popolazione – Giachetti -, un conto è volerlo fare perché i soldi se li intasca la Mafia – Raggi). Uno è un presupposto giusto, l’altro è una conseguenza giusta, che però viene usata come presupposto.

La fluidità insegna che nella realtà esiste il bianco e il nero, ma più spesso esistono le sfumature, e che la chiave per vivere bene è l’adattamento a esse. Non tutto è etica, c’è anche il reale, ma non tutto è individualismo, c’è anche un mondo da preservare insieme. Questo approccio unirebbe in modo virtuoso destra e sinistra in una politica che non diventi un centro immobile e senza forma, ma sappia pensare a tutti senza dimenticare “come stanno le cose”. i 5stelle di sicuro hanno anticipato questa visione, questa “terza via” che ha del postmoderno, ma sul risultato del superamento o fusione o quello che è, mi sa che bisogna ancora lavorarci parecchio.

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