Negli Stati Uniti ha esordito ad inizio 2016, il 3 gennaio, il 4 maggio approderà anche in Italia, trasmesso dal canale Fox Animation di Sky. È Bordertown, il nuovo cartone ideato da Mark Hentemann e prodotto da Seth McFarlane, cervelli dietro al successo dei Griffin.
Il filone è più o meno lo stesso dei precedenti cortometraggi animati, più apprezzati dagli adulti per una comicità apparentemente cinica ma che fa riflettere su svariati temi. Bordertown entra più a fondo nella stretta attualità: come fa intendere il titolo, che vuol dire città di confine, l’argomento principale della serie è l’immigrazione, nello specifico dal Messico agli Stati Uniti.
Nell’immaginaria città desertica di Mexifornia, due famiglie, i Buckwald e i Gonzalez, vivono fianco a fianco. I secondi, come si capisce facilmente, sono di origine messicana, mentre il personaggio principale dei primi è Bud, agente della polizia di frontiera la cui missione, ovviamente, è fermare i flussi da sud, per lasciare la zona a professori in pensione che nei loro camper preparano metanfetamina – riferimento evidente a Breaking Bad. Ad ostacolare il lavoro di Bud, che non sembra brillare per arguzia, c’è lo scaltro El Coyote, sempre pronto a beffarlo e a dare vita ad inseguimenti nello stile di un altro coyote, il celebre Wile E.
Poi c’è la famiglia di Bud, la cui serenità è messa a dura prova dal figlio Sanford, pseudo-ribelle 24enne costantemente rapito dagli alieni (sarà funzionale allo sviluppo della storia?) e soprattutto dalla figlia Becky, appena diciottenne e intenzionata a sposare il giovane J.C. Gonzalez, fresco di ritorno dal college. L’unione è ostacolata da Bud, come se si fosse ai tempi dei Montecchi e Capuleti, ma su questa tenta di mediare la moglie Janice, che un po’ come le varie Marge (Simpson) e Lois (Griffin) è l’elemento di equilibrio. A completare la famiglia Buckwald c’è la piccola Gert, 5 anni, versione aggiornata dell’aspirante reginetta di bellezza Honey Boo Boo (con tanto di maialino al seguito), protagonista dell’omonimo reality, valido esempio di trash della tv americana.
Dall’altra parte completano i personaggi principali Ernesto, zio di J.C., giardiniere decisamente più grezzo del nipote ben educato e istruito, la moglie Maria, Pepito, il terribile pargolo. suo fratello maggiore Ruiz e nonno Placido. La convivenza oltre le differenze culturali, che a volte sono più similitudini con qualche variante, come per la maniera di vivere lo sport, può comunque superare il pregiudizio.
Bordertown ha il grande merito, sul solco di chi l’ha preceduto (a partire da I Simpson), di trattare argomenti delicati in maniera ironica ma non per questo più leggera, facendo ridere per contrasto, sbattendo la realtà in faccia a volte brutalmente. E condendo con molti stereotipi, come “redneck” ignoranti, repubblicani mastini da dibattito tv o messicani golosi di tacos, burritos e quesadillas, pronti a sfidarsi nella gara di chi ha la fibbia della cintura più vistosa.
La serie si apre con la votazione referendaria sulla proposta di legge per l’espulsione degli immigrati illegali, approvata e applicata grazie all’uso di un cannone che rispedisce oltre confine quelli “pizzicati” dalle autorità. Ma tra una gag e l’altra viene ricordato quello che dovrebbe essere ovvio, ma non sembra più esserlo: gli Stati Uniti sono stati fondati da immigrati europei e quindi le politiche di chiusura sono ipocrite – anche se tornano di moda con i vari Donald Trump di tutto il mondo.
Comicità e intelligenza, un autore con notevole esperienza, insomma le premesse per la nascita di un’altra serie culto ci sono.