“Il primo uomo che, avendo recinto un terreno, ebbe l’idea di proclamare ‘questo è mio’ e trovò altri così ingenui da credergli, è stato il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, guerre, assassinii, miserie, orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i pali o colmando il fosso, avrebbe gridato ai suoi simili: ‘guardatevi dall’ascoltare questo impostore. Se dimenticherete che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno sarete perduti’”. Lo scriveva Jean-Jacques Rousseau nel Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, trattato del 1755 in cui teorizzava come l’allontanamento dalle leggi naturali avesse segnato la rovina del genere umano.
Protezione (vana) dei territori
I confini e la loro protezione hanno sempre segnato la storia. Secondo una versione del mito della fondazione di Roma riportato dallo storico latino Tito Livio, Remo fu ucciso dal fratello Romolo perché stava scavalcando le mura nuove della città e il secondo, compiendo il fratricidio, disse: “così muoia qualunque altro osi mai varcare le mie mura”. Dal Vallo di Adriano alle costruzioni medievali, le fortificazioni difensive sono diventate spesso monumenti, non solo in Europa ovviamente.
L’esempio più imponente e famoso è la Grande Muraglia Cinese. Eretta nel III secolo avanti Cristo contro le invasioni dei mongoli, nonostante gli oltre 3000 km di lunghezza non riuscì fino alla fine a bloccare le scorribande nemiche. Stessa sorte toccata alle mura romane contro i barbari o di Bisanzio contro gli ottomani, per fare qualche esempio.
Simboli del Novecento
Con la modernità le cose non sono cambiate troppo, vedi la linea Maginot. Questo insuperabile baluardo francese sul confine tedesco funzionò durante la Prima Guerra Mondiale, ma fu spazzato via nella Seconda, nemmeno 30 anni più tardi. Il simbolo della guerra fredda, il Muro di Berlino, vide nella ventina di anni di esistenza, 5000 tentativi riusciti di scavalcamento dall’est comunista verso l’ovest capitalista, anche se altre centinaia furono uccisi dalla polizia di frontiera.
Qualcuno faceva il percorso contrario, un aneddoto racconta di un cittadino che violò le restrizioni cinque volte. Sempre arrestato, si giustificò con le autorità dicendo che era solo la via più breve per trovare i parenti. Altri gesti furono più dimostrativi, come quello di John Runnings, che fra i suoi scavalcamenti conta uno addirittura eseguito con una semplice scala, con tanto di camminata di mezzo kilometro lungo il perimetro.
Globalizzazione o chiusura?
La globalizzazione avrebbe dovuto agevolare la diffusione di idee e problematiche, per arrivare a pratiche e soluzioni comuni. Internet ci porta ovunque con un click. Tutto sembrava volto all’annullamento delle distanze, ma il vero filo conduttore alla fine resta la chiusura, in tutti gli angoli del Pianeta (modo di dire geometricamente inaccurato).
Israele ha da anni intrapreso la costruzione del cosiddetto “muro della vergogna”, oltre 700 km più volte ridisegnati per le proteste internazionali ma anche perché i confini con la Palestina sono sempre vaghi. Per molti è un tentativo di inglobare territori occupati, soprattutto di includere le fonti d’acqua, preziose più di ogni cosa in zone piuttosto aride.
Tutto in barba alle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, mai ascoltate. Quasi altrettanto criticato è il muro fra Stati Uniti e Messico, completato per circa un terzo della lunghezza complessiva della frontiera e che il candidato repubblicano Donald Trump vorrebbe tanto portare a termine per proteggersi dall’immigrazione da sud.
Il numero dei muri è incalcolabile
La lista non si esaurisce ai casi più noti, anzi. Per l’Ispi (Istituto di Studi di Politica Internazionale) è “quasi impossibile contare il numero di strutture che dividono le popolazioni sulla base delle differenze di censo, lingua, nazionalità, religione”. A Rio de Janeiro è stato innalzato un muro per proteggere la foresta dall’espandersi delle favelas, ma gli oppositori parlano di ghettizzazione ulteriore. A Padova, una zona cittadina è stata cinta nel 2006 per limitare lo spaccio. Cipro solo nel 2003 ha riaperto il varco tra sud e nord occupato dai turchi nel 1974 in risposta all’invasione greca.
Il Marocco vuole difendersi dai saharawi, gli indipendentisti del Sahara Occidentale, e a sua volta è separato dalle enclave spagnole di Ceuta e Melilla. Altrimenti l’emigrazione verso la penisola iberica sarebbe ancora più massiccia. Anche il Pakistan ha muri su due fronti, con l’India per la questione Kashmir e con l’Iran per limitare immigrazione e traffici illegali di armi, droga e quanto possa destinarsi al mercato nero. Il Botswana ha recintato la frontiera con lo Zimbabwe, ufficialmente per evitare lo sconfinamento degli animali, in realtà anche qui c’è di mezzo l’immigrazione.
Fortezza Europa
E, a proposito di immigrazione, arriviamo alla più stretta attualità. Il presidente ungherese Viktor Orban ha fatto scuola. Dopo aver sigillato il confine con la Serbia, sono spuntate barriere fra Bulgaria e Turchia, Slovenia e Croazia, Macedonia e Grecia, ultima in ordine di tempo è in preparazione quella fra Austria e Italia al Brennero. Sempre col solo scopo di bloccare il passaggio di migranti nella Fortezza Europa.
Che, dal canto suo, sta perdendo sempre più potere verso i singoli Stati. Le condanne a queste azioni restano parole dette a mezza bocca. Il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha lodato l’accordo con la Turchia, 3 miliardi di euro per riprendersi i migranti, come antidoto al “crollo di Schengen” (la libera circolazione) e “all’avanzata dei populismi”. Peccato che i muri siano già violazioni di Schengen e i populismi siano già molto avanti in tutto il continente.
40 anni (e una settimana) fa Jurij Gagarin diventava il primo uomo nello spazio ed è noto il suo commento meravigliato: “da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”.
“Fort Europa/ My so called Utopia/Where I can’t find no culture/ Feel the walls getting closer and closer and closer” (Looptroop, 2005)