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Sul simbolismo della croce

La croce è un simbolo che, in forme diverse, si trova quasi ovunque, fin dalle epoche più remote: in Egitto, in Cina, a Cnosso, a Creta. Come il quadrato, la croce rappresenta la terra, di cui esprime però gli aspetti intermedi, dinamici e sottili. Non appartiene in maniera specifica ed esclusiva al Cristianesimo come molti potrebbero pensare. Se da un lato c’è chi ha identificato il simbolo della Croce con l’evento storico della morte di Cristo, dall’altro l’ammissione di un senso simbolico non implica il rifiuto del dato storico. “Un’opinione del genere deriva soltanto dall’ignoranza di quella legge di corrispondenza che è il fondamento di ogni simbolismo” sottolinea il filosofo francese René Guenon (1931). E ciò rispetta la legge della Sincronicità scoperta ed enunciata da Jung.

“Se Cristo è morto sulla croce, è proprio per il valore simbolico che la croce ha in se stessa e che e è sempre stato riconosciuto in tutte le tradizioni; ed è perciò che, senza affatto sminuirne il significato storico, si può considerarla come semplicemente derivata da questo stesso valore simbolico,” continua Guenon. Il cristianesimo ha arricchito il simbolo della Croce, non senza ambizione di renderlo associazione immediata ed esclusiva, condensando in quest’immagine la storia della passione e della salvezza del Salvatore; e le ha dato una storia, il suo legno proviene da un albero piantato da Seth sulla tomba del padre Adamo. Dopo la morte di Cristo, diffonde i suoi frammenti attraverso tutto l’universo, in cui moltiplica i miracoli. La croce riapparirà inoltre fra le braccia di Cristo nel Giudizio Universale. La croce ha funzione di sintesi e misura, usata come riferimento nell’architettura sacra e non.

Le diverse croci nel simbolismo ecclesiastico Il Cristianesimo a fini ritualistici e gerarchici ha arricchito enormemente le varianti, quattro sono di base:
– il Tau, croce senza cima che rappresenta il serpente fissato a un piolo, la morte vinta per mezzo del sacrificio;
– la croce del Vangelo che ha la cima e un solo braccio trasversale;
– la croce con la cima e due braccia trasversali, la cosiddetta croce di Lorena anche se in realtà proviene dalla Grecia;
– la croce con cima e a tre traverse, simbolo della gerarchia ecclesiastica corrispondente alla tiara papale, al cappello cardinalizio e alla mitra episcopale.
“A partire dal XV secolo soltanto il papa ha diritto alla croce a tre traverse, mentre la croce doppia appartiene al cardinale e la croce semplice ai vescovi” sottolineano Jean Chevalier e Alain Gheerbrant.

La croce, dal punto di vista metafisico, rappresenta nella maggior parte delle dottrine tradizionali la realizzazione dell’Uomo Universale raggiunta mediante la totalità degli stati dell’essere. Espansione che si realizza secondo i due sensi dell’ ‘ampiezza’ rappresentata dalla linea orizzontale, dove ritroviamo i diversi gradi dell’esistenza, sviluppo indefinito di un insieme di possibilità soggette a condizioni particolari di manifestazione.  La linea verticale indica quella che Guenon chiama ‘esaltazione’: sovrapposizione gerarchica di tutti i gradi degli stati molteplici, “ognuno dei quali, parimenti considerato nella sua interezza, rappresenta un insieme di possibilità corrispondente a uno dei tanti ‘mondi’ o gradi che sono compresi nella sintesi totale dell’Uomo Universale”.

CUBO CROCE APERTALa croce è rintracciabile in natura, non è prodotto di fantasia o di artificio. Come ogni simbolo di potente riferimento, la Croce è specchio della natura, rimarcando così ch’essa stessa è simbolo delle realtà trascendenti. Tale corrispondenza riecheggia quel “com’è in alto così in basso” che si ritrova in tutte le filosofie che nel tempo hanno cercato il disegno esoterico dell’esistenza, da Ermete Trimegisto al Lao-Tsu. Primo luogo dove la croce trova applicazione è l’astronomia: il piano dell’equatore incontra perpendicolarmente l’asse che congiunge i poli. Arricchendo poi questa intersezione con le due linee che congiungono rispettivamente i punti solstiziali e quelli equinoziali, Guenon ottiene la croce a tre dimensioni le cui braccia sono orientate nelle sei direzioni dello spazio. La speculazione dello studioso francese non perde efficacia se prendiamo come riferimento la posizione dell’osservatore nello spazio. Avremo infatti i quattro punti cardinali, lo zenit e il nadir (che costituiscono il principale asse delle coordinate altazimultali). Questi uniti al centro danno il settenario, numero di grande riferimento per tutte le culture in tutti i tempi e nelle diverse collocazioni geografiche. Sette sono i giorni della settimana, sette sono i pianeti, sette le teste di naja d’Angkor serpente protettore di Buddha, sette i rami dell’albero cosmico, sette i gradini della scala-ponte che nelle leggende orientali gli uomini salgono verso Dio, sette i giorni della Creazione biblica, sette i lati del cubo islamico composto dalle sei facce più la totalità, sette colori nell’arcobaleno di cui l’ultimo è il bianco sintesi degli altri sei, il sette in Africa è simbolo della perfezione, somma del quattro e del tre numeri del sesso femminile e maschile. E la lista non si esaurisce qui.

La tradizione indù: la teoria dei tre guna e la croce. I tre guna sono qualità o attributi essenziali, costitutivi e primordiali degli esseri considerati nei loro diversi stati di manifestazione. Sattva è la conformità all’essenza pura dell’Essere (Sat) e ha moto ascendente; Rajas è l’impulso che provoca l’espansione dell’essere in uno stato determinato e ha moto orizzontale; Tamas, l’oscurità, è assimilata all’ignoranza (avidya) radice tenebrosa che ha moto discendente. E’ così che Guenon rintraccia nella croce: Sattva, la parte che dal centro si eleva verso l’alto; Tamas quella che si sviluppa verso il basso e Rajas la linea orizzontale sede della manifestazione. In un testo Veda si racconta come i guna si convertano l’uno nell’altro in moti che, agendo dalle assi verticali verso quella orizzontale, creano un movimento sferico che realizza il pieno e il vuoto, il chiaro e l’oscuro. Paesaggio simbolico che crea continuità allegorico-geografica portandoci in Cina davanti al principio taoista del mutamento che nell’i-ching trova espressione massima. A rimarcare l’universalità dei simboli nel tempo e nello spazio sono i colori attribuiti ai guna:
– Tamas è il nero,
– Rajas il rosso,
– Sattwa il bianco.
Tre colori che sono alla base della tradizione alchemica occidentale (e non solo).

La Croce ansata, Ankh, dell’antico Egitto è simbolo di ‘milioni di anni di vita futura’, è inoltre uno degli attributi di Iside ma la si vede in mano alla maggior parte delle divinità come emblema della vita divina e dell’eternità. Fra le mani dei mortali esprime il voto di un’eternità beata in compagnia di Iside e Osiride. Veniva applicata sulla fronte di Faraoni e degli iniziati conferendo loro la visione dell’eternità e degli ostacoli da superare. Il suo cerchio, simile al nodo di un nastro, è “l’immagine di ciò che non ha inizio ne’ fine, “rappresenta lo stadio di trance nel quale si dibatteva l’iniziato; rappresenta la condizione di morte, la crocifissione dell’eletto e, in certi templi, l’iniziato era messo a giacere dai sacerdoti su un letto a forma di croce,” spiega Albert Champdor ne Le Livres des morts del 1973. Secondo Paul Pierret è anche simbolo di protezione dei misteri sacri. Esistevano numerosi amuleti in pietra dura, in pasta di vetro o in legno di sicomoro dorato, ma più spesso di diaspro o in quarzo opaco e si appendevano al collo della mummia.

simboli-religioniNell’arte africana i motivi cruciformi sono molti. In primo luogo alla croce viene attribuito senso cosmico, indicando i quattro punti cardinali essa significa la totalità del cosmo. Se annodata a un cerchio rappresenta il sole e la sua corsa. Presso i Peul, insediati dal Senegal fino alle rive del lago Ciad, il frullino del latte ha forma di croce, se per errore il latte si versa inumidiscono le dita nelle gocce cadute e disegnano una croce. L’associazione croce-spirale riassume poi l’organizzazione del mondo nel pensiero dei Bantu del Kasai – Congo, Lulua e Baluba – l’asse verticale unisce la terra e il Cielo superiore, dimora del Dio Supremo, lui stesso è posto al centro della croce su i cui rami si trovano i Quattro Geni superiori, suoi consiglieri.

Della Croce ha importanza cardine il centro, concetto sviluppato in maniera completa e profonda soprattutto nella tradizione filosofica e religiosa cinese. Essa addirittura parla di cinque – e non quattro – dimensioni: est, nord, sud, ovest e centro. Il centro della croce è il punto in cui si conciliano e si risolvono tutte le opposizioni, corrisponde a quella che l’esoterismo islamico chiama la “Stazione divina che risolve i contrasti e le antinomie” e che la tradizione estremo-orientale chiama l'”invariabile Mezzo”. Nella numerazione cinese la croce rappresenta il 10, non a casa il dieci dei romani è X una croce disposta in modo diverso. Nella corrispondenza tra le figure geometriche la croce è naturalmente associabile al quadrato, rappresentando però l’aspetto dinamico del quaternario, il quadrato ne è invece la rappresentazione statica. “Non bisogna mai perdere di vista che se lo ying-yang, preso a sé, può essere considerato un cerchio, nella successione delle modificazioni individuali è un elemento d’elica: ogni modificazione individuale è essenzialmente un vortice a tre dimensioni; non vi è che una sola permanenza umana e non si ripassa mai per il cammino già percorso”. Movimento che riprende quello della svastica, croce ormai associata in occidente agli anni nefasti del nazismo, ma che dai celti alla Grecia ellenica è rappresentazione emblematica di una croce dinamica, in rotazione attorno al centro.

La croce ha quindi una funzione di sintesi e misura “in essa si congiungono il cielo e la terra… in essa si mescolano il tempo e lo spazio. E’ il cordone ombelicale mai reciso del cosmo legato al centro originario. Di tutti i simboli è il più totalizzante. E’ il simbolo del mediatore, di chi è per natura unione permanente dell’universo e comunicazione terra-cielo, dall’alto in basso e dal basso in alto,” scrive il vescovo filosofo de Champeaux. La croce delinea, ordina e misura gli spazi sacri come i templi, i luoghi della città, i campi, i cimiteri e i crocicchi. Centripeta, la sua potenza è anche centrifuga. Essa esplicita il mistero del centro. E’ diffusione, emanazione ma anche raccoglimento, ricapitolazione. La Croce è potente simbolo che ogni religione e indagine trascendente non può che accogliere, confermandoci che il sostrato di ogni credo è universale e – inevitabilmente – indicibile a parole proprio perché veicolo di verità metafisica e trascendente. Ed è nell’atto di trasformazione in verbo che avviene quella separazione, troppo spesso e a torto conflittuale. Separazione che allontana le religioni, zolle troppo umane di un magma unico e condiviso qual è la forza divina e le sue manifestazioni sulla Terra. Una distanza solo apparente, strumentalizzata dal potere politico ed economico che usa la forza dei Simboli per affermarsi e legittimarsi.

(12 Febbraio 2016)

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