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Sesso e potere, la scalata sociale di Rasputin

Sesso e potere sono sempre andati di pari passo, o meglio il potere ha sfruttato il sesso per diletto – spesso in maniera compulsiva – mentre la “controparte” ha cercato, con l’utilizzo del proprio corpo, di migliorare lo status salendo la scala sociale e ottenendo vantaggi economici o lavorativi (cioè vantaggi economici ancor più durevoli). Accadeva nell’impero, nel feudalesimo, nella monarchia. Anche nel fascismo che si autoproclamava integerrimo, Benito Mussolini oltre a moglie e amante ufficiale, si intratteneva spesso con signorine procurategli dal segretario Quinto Navarra, che ben conosceva i gusti del duce.

Se il sistema è sempre andato così, perché cambiare con l’avvento della Repubblica? La Democrazia Cristiana cercava di mantenere un’irreprensibile apparenza ufficiale, anche per evitare i richiami dell’alto clero, ma gli scandali a sfondo erotico uscivano comunque fuori. Vedi il misterioso caso della povera Wilma Montesi, che nel 1953 coinvolse personalità di spicco come Piero Piccioni. Con la “seconda Repubblica” le cose sono aumentate in maniera esponenziale, grazie soprattutto a Silvio Berlusconi e le “olgettine”, arrivando a un professionismo quasi senza pari.

Ovviamente anche all’estero succedeva di tutto, dalla famosa storia fra Marylin Monroe e il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, al rischio di impeachment per Bill Clinton, che stava per giocarsi la poltrona per il rapporto con la stagista Monica Lewinsky. Per non parlare di Gheddafi, del generoso sultano del Brunei e della conquista di Naomi Campbell da parte del caudillo venezuelano Hugo Chàvez, solo per fare qualche esempio.

Berlusconi e parte del suo harem
Berlusconi e un millesimo del suo harem

Se escludiamo il belloccio JFK, il cliché vede uomini spesso anche attempati divenire attraenti solo per il loro ruolo, altrimenti “non batterebbero chiodo”, come avrebbe detto il fine linguista Alessandro Manzoni. L’opposto non succede quasi mai, probabilmente perché l’accesso delle donne ai ruoli chiave è stato sempre ridotto, non solo perché la piacenza di una Margaret Thatcher o di un’ Angela Merkel sia ai minimi termini: nemmeno Berlusconi e Gheddafi sono due adoni, ma per un maschilismo diffuso anche a livello inconscio, la donna brutta viene vista con un altro occhio: non può permetterselo! Come la senatrice Pd Stefania Pezzopane e il suo “tronista”, vittime del dileggio (dei pochi che li conoscono). L’opposto non succede quasi mai dicevamo, perché almeno un caso storico – importante, con tutto il rispetto per la Pezzopane – viene riportato, al confine tra realtà e leggenda. Quello di Grigorij Efimovic, meglio noto come Rasputin, stretto “consigliere” della zarina Aleksandra.

Nato nel 1871 in Siberia, Rasputin si guadagnò questo soprannome che vuol dire “depravato” grazie a un curriculum di tutto rispetto, a partire dall’adolescenza. Non a caso si unì alla setta eretica dei Khlysti, dediti a sordide pratiche erotiche per purificarsi dal peccato. La sua reputazione, nonostante tutto, cresceva fra i clericali ortodossi, insieme alla fama di taumaturgo, ufficializzata dalla guarigione del piccolo Alekseij, figlio emofiliaco degli zar. Forse Rasputin si limitò ad eliminare le aspirine, che non aiutano la coagulazione del sangue, cosa che all’inizio del ‘900 non si sapeva. Forse fu l’ipnosi a rallentare il battito cardiaco e quindi la pressione, niente di inspiegabile comunque. Ai giorni nostri, chiaro.

Rasputin entrò nell’elite dell’aristocrazia russa e iniziò a sedurre le donne grazie allo sguardo magnetico e, si dice, alla grandezza del pene: più dei “30 cm di dimensione artistica” attribuiti dagli Elio e Le Storie Tese al pornodivo John Holmes, nell’omonimo brano in suo omaggio. Lontano dall’essere astemio, da buon russo, Rasputin in preda ai fumi dell’alcol usava vantarsi di tutto ciò, stuzzicando la curiosità delle dame e attirandosi l’odio e l’invidia degli uomini. Il nostro mistico poi non amava lavarsi molto, se non in dolce compagnia, altra specie di rituale catartico e pare che la stessa zarina e le quattro figlie caddero nella rete (e nella vasca) del monaco.

Il museo dell'erotismo di San Pietroburgo
Il museo dell’erotismo di San Pietroburgo

Il resto è storia ben più nota, ingigantita oltre il dovuto. Stanchi di essere traditi e forse ancor più preoccupati dal fatto che potesse convincere la zarina Aleksandra ad uscire dalla Prima Guerra Mondiale, i nobili maschi organizzarono la congiura per uccidere Rasputin. Si disse che resistette al veleno, in realtà mai rilevato dall’autopsia, che sopravvisse alle pallottole – nulla di irrazionale quando non sono lesi organi vitali – e alle badilate in testa (era pur sempre un contadino siberiano!) ma non all’annegamento. Acqua nei polmoni, questa l’unica certezza.

La fine di Rasputin corrispose alla fine dell’impero russo, la rivoluzione bolscevica di lì a poco avrebbe trionfato. Del buon Grigorij rimasero alcune profezie visionarie indovinate, come sull’inquinamento atmosferico e le piogge acide, e la parte del corpo che gli era più cara – anche qui siamo al confine tra verità e mito – conservata al Museo dell’Erotismo di San Pietroburgo. “Un oggetto unico e prezioso”, come ha dichiarato il sessuologo Igor Kniazkin, folle nello spendere 8000 dollari per acquistarlo dopo passaggi di proprietà degni delle migliori rarità da collezione, con tutto l’alone di ignoto e occulto che si portano dietro.Che si tratti dell’originale o di un falso, la definizione non potrebbe essere più azzeccata. Se una cosa non vera condiziona talmente tanto la realtà, un po’ vera lo diventa.


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