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Keep calm and… il presente non è poi così male

Talvolta non vi sembra di vivere in una realtà completamente diversa rispetto a quella che poi vedete accendendo la tv, navigando su internet, sfogliando i giornali…?

È come se ci fosse, da una parte, il mondo descritto dai media, fatto di crisi, catastrofi e terrorismi, e dall’altra il proprio mondo, quello che sperimentiamo direttamente ogni giorno, fatto di persone quantomeno decenti. Nessun corrotto o immigrato violento all’orizzonte. Nessuno stupratore. Nessuna bomba.

Ma, nonostante questa discrepanza, è automatico: ci ritroviamo tutti qui a pensare che “questo mondo fa schifo”, che “tanto finirà tutto in malora” e di recente perfino che “va bene limitare un po’ la nostra libertà in nome della sicurezza”.

Il fatto è che ciò che dicono i media ci fa paura. Per forza: scorrendo l’homepage di un quotidiano a caso in un giorno qualunque, in una media di circa 30 notizie su 40, si parla di:

  • Rapimenti
  • Esplosioni
  • Feriti
  • Attentati
  • Vittime
  • Esperimenti nucleari
  • Stragi
  • Morti
  • Scomparse
  • Terremoti…

L’ansia si attenua solamente quando si arriva a notizie di multe e imbrattamenti. Neutro solo lo sport (e non è neanche detto) e positivo (ormai) solo il Papa.

"L'unica cosa che dobbiamo sentire è la paura - vende"
“L’unica cosa che dobbiamo sentire è la paura – vende” riformula la famosa frase di Franklin D. Roosevelt “The only thing we have to fear is fear itself” (L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa)

Come si può essere ottimisti?

Anzitutto non dimenticando che i media per loro “costituzione” non ci aiuteranno mai a pensare positivo perché, da quando l’hanno capito e sempre di più, rispondono solo alla logica della “sensazione”: ciò che vende è il turbamento, la deviazione, la violenza…

Perché? Secondo Steven Kotler c’è in ballo la nostra sopravvivenza. Scrittore e giornalista di Chicago, Kotler è autore, insieme a Peter Diamandis, di uno dei bestseller pubblicati dal New York Times. Si intitola Abundance: the future is better than you think (Abbondanza: il futuro è meglio di quello che pensi).

Partiamo dalla considerazione che una mole gigantesca di informazioni ci martella quotidianamente da anni, rendendoci complicato l’orientamento – un tempo era più facile scegliere tra due cose, piuttosto che mille – ma per istinto di sopravvivenza dobbiamo uscirne vivi in qualche modo. Come? Il nostro unico strumento d’aiuto, oltre che unico filtro, è il nostro cervello.

Kotler sostiene che “per gestire questo sovraccarico, esso compie un continuo sforzo di selezione, nel tentativo di separare l’essenziale dal superfluo. E poiché niente è più essenziale per il nostro cervello della sopravvivenza, il primo filtro che la maggior parte di queste informazioni incontra è l’amigdala”.

E siccome l’amigdala è il recettore del pericolo per eccellenza e la comunicazione dei media è fondata sulla paura – “il sangue fa vendere” – il mix tra i due è letale: “ansiosa in circostanze normali, se stimolata l’amigdala diviene ipersensibile: la sua risposta è così potente che una volta attivata, è difficile da spegnere e questo è un problema nel mondo moderno”. È come se in qualche modo si innescasse un cortocircuito tra il nostro cervello e ciò che vediamo ripetutamente (che oggi, grazie alla globalizzazione, sempre più spesso non coincide con ciò che viviamo direttamente).

E di mezzo c’è pure l’evoluzione: tra una tigre che sta in agguato e un terrorista che potrebbe attaccare o un’economia che potrebbe implodere, c’è una bella differenza. “Molti dei pericoli odierni sono generici e potenziali, ma l’amigdala non riesce a percepire la differenza”, scrive Kotler, “peggio: il sistema è progettato per restare all’erta finché la minaccia non cessi del tutto, ma i pericoli potenziali, per loro stessa natura, non scompaiono mai completamente. Si aggiungano i media che ci spaventano in continuazione con l’obiettivo di conquistare quote di mercato, e ciò che si ottiene è una mente convinta di vivere in un perenne stato d’assedio”.

L'aspettativa di vita in America nel 1900
L’aspettativa di vita alla nascita in America nel 1900. Nel 2014 si attesta sui 79 anni. In Italia 82. La più alta appartiene a Monaco con 89 anni, segue Macao (Cina) e Giappone con 84. La più bassa 49 anni in Guinea-Bissau, Sudafrica e Ciad

Ma allora qual è la realtà? “Molto meglio di quanto la maggior parte di noi non sospetti”. Kotler cerca quindi di farci guardare oltre il nostro mondo e quello dei media, mettendoli forse insieme, per vedere lo scenario più grande. Non può che affidarsi ai dati, ma in effetti se si guarda all’umanità lungo la sua Storia “nessuno sottolinea mai abbastanza che”, per esempio, “la violenza è ai minimi storici e la libertà personale ai suoi massimi. Nell’ultimo secolo la mortalità infantile è diminuita del 90%, quella da parto del 99% e l’aspettativa di vita media è aumentata del 100%. Il cibo è più economico e abbondante che mai. La povertà è diminuita più negli ultimi 50 anni che nei precedenti 500. Inoltre, molti di quanti oggi vivono sotto la soglia di povertà hanno comunque accesso a servizi che un secolo e mezzo fa i più ricchi tra gli europei non avrebbero nemmeno sognato. E questi cambiamenti non sono limitati al mondo ‘sviluppato’. Oggi, in Africa, un guerriero Masai munito di telefono cellulare può attingere a vasti archivi di libri, film, giochi e musica. Solo 20 anni fa, i beni e servizi che offrono i cellulari sarebbero costati oltre un milione di dollari”. Difficilmente si pensa a tutto questo, ma alla fine chiunque abbia vissuto in questo mondo o studiato Storia a scuola può facilmente rendersene conto.

Secondo Kotler ciò che sta accadendo non è casuale: almeno ogni tanto dovremmo prendere in considerazione che viviamo in un periodo storico in cui “quattro forze esplosive del cambiamento” – il progresso tecnologico, l’innovazione fai da te, la tecnofilantropia e “il miliardo degli ultimi” – sono confluite insieme “e sono in grado di promettere quell’ottimismo che in molti non ci fanno vedere”. La Storia succede anche ora…

[clicca per la seconda parte]

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