Il ritrovamento di captagon, sorta di anfetamina, nelle tasche o nel sangue di diversi jihadisti affiliati allo Stato Islamico – tra cui gli attentatori di Tunisi e Parigi – ha sorpreso buona parte dell’opinione pubblica. Certo, c’è l’incongruenza evidente con l’esecuzione di consumatori di narcotici nel Daesh da parte di quegli stessi estremisti che alterano la propria percezione sensoriale. Ma per il resto l’uso di droghe prima di andare in battaglia è ancestrale.
Anzitutto una premessa, il captagon è solo uno dei nomi della fenetillina, composto di anfetamina e teofillina, già assunta in Germania dagli anni ’60 contro depressione e narcolessia, come alternativa all’anfetamina pura. Solo dalla metà degli anni ’80 l’Organizzazione Mondiale della Sanità mise fuori legge il prodotto, di cui comunque non veniva fatto un grande abuso. Almeno in Occidente, al contrario nei Paesi Arabi veniva apprezzato e continuato a sintetizzare e la Siria, dopo lo scoppio della guerra civile nel 2011, è diventato il primo produttore. Il captagon è più “sicuro” dell’anfetamina perché non aumenta la pressione sanguigna e non crea la stessa dipendenza, ma come l’anfetamina (e la cocaina) annulla inibizione, fame e sonno, dando un senso di onnipotenza. Insomma, niente di nuovo, è solo la combinazione con una mente già resa fanatica da propaganda e lavaggi del cervello ad essere devastante. Altrimenti categorie come medici, camionisti, ravers – passate l’ironia – si ucciderebbero in continuazione!
E ora un po’ di storia. Greci e Romani, nell’antichità, mischiavano alcol all’acqua nelle loro borracce, per scagliarsi contro le schiere nemiche leggermente brilli – ma non troppo ubriachi da crollare. Ugualmente i Celti, ma in misure più massicce. I guerrieri vichinghi, i temibili berserker, combattevano in uno stato di trance chiamato berserkgangr, probabilmente dovuto all’uso di sostanze psicoattive. Poi si ipotizza il legame fra hashish, assassini e hashashin, la corrente sciita della setta degli Assassini che tra l’VIII e il XIV secolo compiva omicidi politici mirati sotto l’effetto di cannabinoidi. Anche nella caccia alcune popolazioni come i Matse dell’Amazzonia utilizzano (tuttora) erbe particolari che amplificano i sensi e l’attenzione, addirittura credono che il giaguaro, che pure spezza i suoi pasti carnivori con queste piante, sia così letale per la stessa ragione.
Con un bel salto temporale arriviamo alla contemporaneità, dove non è cambiato molto. Nella Seconda Guerra Mondiale i soldati nazisti usavano frequentemente anfetamine, così come quelli giapponesi e americani, tanto da rimanere dipendenti dopo la fine del conflitto. Problema toccato ai marines di ritorno dal Vietnam, anche se cambiando genere: lì erano più diffuse marijuana ed eroina, non certo per stare svegli ma per contrastare lo stress. Gli interventi militari post 11 settembre hanno visto lo stesso copione. Per prolungare la veglia in Iraq e Afghanistan venivano somministrati modafinil e l’immancabile anfetamina, non senza spiacevoli contrattempi. Un soldato statunitense, sotto effetto di quest’ultima, nel 2002 uccise per sbaglio quattro alleati canadesi.
Paradossale come gli stessi governi che spendono miliardi per la guerra alla droga o gli stessi gruppi che ne fanno reato capitale quando si tratta di prevalere sul nemico non si facciano scrupoli a passare sopra a tutto e tutti. Ma come ci hanno insegnato i francesi, à la guerre comme à la guerre.