Mangiare insetti. Sicuramente è un’immagine disgustosa per la maggior parte di noi (europei). Infatti si tende a schifarli e giudicare “arretrate” le società che ancora se ne nutrono. (Pre)giudizi che magari arrivano da parte di chi consuma animali che potrebbero suggerire lo stesso disgusto, come lumache, ostriche, gamberi e gamberetti… Già, perché se gli insetti ci fanno schifo, è solo a causa del “disgusto nell’affrontare un cibo così particolare che da moltissimo tempo non fa più parte della nostra dieta”, dice l’etologo Enrico Alleva.
Una dieta priva di insetti è infatti solo di alcuni. “Vengono regolarmente mangiati dall’80% della popolazione mondiale” – in Perù, per esempio, consumano la larva del punteruolo rosso, proprio quello sta minacciando l’estinzione delle palme a Roma e in altre parti d’Europa – “ma oggi sono visti ancora come una novità”, dice Thomasina Miers, vincitrice della prima edizione di Masterchef Uk che già dal 2013 ha introdotto questa fonte proteica alternativa nella sua catena di ristoranti messicani. Il piatto forte di Wahaca sono infatti le chapulines, ovvero le cavallette fritte con scalogno, aglio e peperoncini chipotle, servite con queso fundido e tortillas di mais.
Ed è così, nonostante tutto, che il settore del bug-food sta segnando nel 2015 una rapida ascesa, sospinto da una parte dalla ricerca scientifica che da tempo ne sta rivelando alcuni vantaggi, e dall’altra da una certa “moda” culinaria che, dalle grandi metropoli sta influenzando interi Paesi, anche europei, come l’Inghilterra. Qui gli insetti commestibili – nel mondo ne esistono più di 1000 tipi – si possono già comprare online a sole 4 sterline e 50. Confezioni di coleotteri, cavallette, cimici d’acqua giganti, fino ad arrivare a specie sconosciute come le regine delle formiche tessitrici e più spaventose come le tarantole zebra della Thailandia, per poi concludere con prodotti raffinati come farine di grillo e mix-snack di pupe (alcuni tipi di crisalide).
C’è poi la spinta delle grandi organizzazioni, come la Fao, e infine quella politica. Proprio pochi giorni fa, il 28 ottobre 2015, il Parlamento Europeo ha approvato con 359 voti a favore, 202 contrari e 127 astenuti, una proposta di regolamento che semplificherà procedure, risalenti al 1997, di autorizzazione alla commercializzazione nell’Ue dei “nuovi alimenti” (novel food). Il testo dovrà essere votato anche dai Governi, in caso contrario ci saranno ulteriori negoziati. Dunque non solo insetti, ma anche alghe, nanomateriali e nuovi coloranti potranno finire sulle tavole degli europei, previa approvazione dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Messa così, insetti e alghe risultano i cibi meno inquietanti…
Il maggior ostacolo per il decollo del settore del bug-food è dunque il disgusto.
Per superare il blocco, da pochi giorni è online L’Entomofago, “il primo organo d’informazione specializzato”, Una nuova voce su una classe di animali (e i suoi estimatori): roba da palati fini. “Una parte di universo ci sovrasta per numero e varietà, frequenta le nostre case e i nostri giardini. Ma lo ignoriamo, ci repelle, abbiamo studiato prodotti di ogni genere per tenerlo lontano da noi. Eppure gli insetti non sono solo una risorsa in senso lato per l’ambiente, lo sono anche come alimento e nutrimento per gli esseri umani (e gli animali)”, scrive il direttore Lorenzo Pezzato nel suo primo editoriale.
“Come esseri umani, per la sopravvivenza abbiamo bisogno sostanzialmente di due cose “, continua Alleva intervistato dal direttore, “acqua e proteine. Attualmente consumiamo troppo della prima per produrre le seconde, e l’entomofagia potrebbe sicuramente essere una risposta in questo senso, dato l’alto contenuto proteico degli insetti e considerando il risparmio in termini di acqua impiegata per il loro allevamento”.
Ma, attenzione, gli allevamenti intensivi non dovrebbero mai essere presi in considerazione: “così come i vertebrati, anche gli insetti commestibili possono essere vettori di infezioni, in special modo quando allevati in grande numero. Gli allevamenti intensivi più tradizionali, quelli che ancora non siamo abituati a vedere come un potenziale rischio in questo senso, sono invece luogo di infezioni che vengono controllate e debellate con costi non irrilevanti per il Servizio Sanitario Nazionale. Tutti ricordiamo, ad esempio, l’influenza aviaria e il virus della “mucca pazza…”
“Ma lei li ha mai mangiati?” “Ho mangiato insetti più di una volta, naturalmente all’estero. Mi ritengo una persona piuttosto aperta a nuove esperienze e così la curiosità è sempre stata decisamente più intensa rispetto al moto istintivo di disgusto e repulsione, anche perché avevo letto molto a riguardo. E devo dire che ne ho un ricordo positivo…”
Vi rimandiamo all’intervista completa di Enrico Alleva su L’Entomofago e a lunedì, con un altro nostro vecchio articolo “anticipatore”, Il punteruolo fritto, o dei “metodi di lotta” alle razze aliene, uscito il 26 marzo 2014 su Pagina99.
Segue con Il punteruolo fritto (o dei metodi di lotta alle specie aliene)