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Polizia vs neri, la realtà supera Spike Lee

Molti conoscono il monologo di “Monty Brogan” Edward Norton nella 25a ora. Quasi una bibbia dello stereotipo contro New York e i suoi abitanti: dai alle ricche signore rifatte; dai senzatetto agli omosessuali; dalla polizia corrotta ai preti pedofili (e chi li copre); amici, padre, fidanzata, fino ai singoli quartieri della Grande Mela. Forse qualcuno in meno conosce la scena molto simile di Fa la costa giusta, da cui il primo film attinge. Ovviamente, trattandosi di Spike Lee che riprende Spike Lee, non è plagio.

Le differenze tra le due scene sono evidenti, nella 25a ora la struttura è più completa e dettagliata, non a caso parliamo di 5 minuti contro uno e spiccioli. Fa la cosa giusta è un tutti contro tutti. Neri contro italiani, italiani contro neri, portoricani contro coreani, poliziotti contro portoricani, coreani contro l’allora sindaco Koch (ebreo). Un trionfo di stereotipi, specchio delle tensioni che stavano esplodendo alla fine degli anni ’80 nella capitale della multietnicità – ma forse non dell’integrazione. In particolare fra polizia e afroamericani.

Vicende di cronaca
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Spike Lee, nella realizzazione del film, è stato ispirato da alcuni fatti di cronaca. Come la vicenda di Tawana Brawley, quindicenne presunta vittima di stupro da parte di quattro uomini, alcuni con il distintivo. Anche se poi la vicenda si sgonfiò, per le contraddizioni nel racconto di Tawana e l’assenza di segni di violenze.

Ma per Spike Lee, “Tawana ha detto la verità”, come emerge dal murale che si vede nel film. O ancora, la morte di Michael Griffith, investito da un’auto mentre scappava da italiani inferociti senza motivo – nemmeno la polizia ritenne credibile la chiamata contro neri sospetti partita dalla pizzeria dove mangiava con un amico. Anche questa scena, ovviamente con variazioni, è presente nella pellicola.

Abusi della polizia

E tante altre morti per mano della polizia. Da Yvonne Smallwood, che si lamentava di una multa, alla sessantenne con disturbi mentali Eleanor Bumpers, che rifiutava lo sfratto. Niente di diverso rispetto a oggi, con l’aggravante che sono passate altre decadi fino al noto “I can’t breathe”. Slogan che ha commemorato Eric Garner, soffocato a morte nel 2014, purtroppo tornato attuale con George Floyd (2020). Proprio come il Radio Raheem di Fa la cosa giusta: triste “profezia”, in realtà facile da prevedere.

Problema (parzialmente) ammesso dalle istituzioni

L’ex sindaco di New York Bill Di Blasio aveva confessato di aver avvisato il figlio Dante di stare attento alla polizia, nonostante fosse bianco. Una chiara ammissione del problema, a maggior ragione se viene dalle istituzioni. Un altro ex sindaco, Rudy Giuliani, ha invece replicato: “se vuoi insegnare a un giovane ragazzo nero come evitare di essere ucciso, puoi parlare della polizia. Ma dovresti spendere il 90% del tuo tempo a discutere anche sul modo in cui potrebbe essere più probabilmente ammazzato per mano di un altro nero”.

Il cosiddetto “black on black crime

La dichiarazione nasce dalle statistiche dell’FBI, per cui tra gli anni ’80 e i primi 2000 l’83% dei bianchi è ucciso da altri bianchi, mentre per i neri la percentuale sale al 93%. A dire il vero non una grande differenza, che al 2018 si è ulteriormente attenuata. Inoltre, se le statistiche vengono estrapolate da un contesto più ampio, sono numeri sterili.

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Le morti di civili per mano della polizia continuano a superare le 1000 all’anno, anche nel 2020 e 2021 – ovviamente, non tutte sono povere vittime disarmate.

Rischio di venire uccisi dalla polizia

A livello assoluto, i bianchi sono numericamente in numero maggiore. Le percentuali sono grosso modo costanti, intorno al 40-45%, ma a fronte di essere i 2/3 della popolazione. Secondo gli studi, un uomo afroamericano rischia 2,5 volte più di un bianco di essere ucciso dalla polizia. Mentre una donna nera rischia 1,4 volte più di una bianca.

Prendendo a riferimento una base di 100 mila persone, il tasso di neri tra i 25 e i 29 anni uccisi dalla polizia oscilla tra 2,8 e 4,1. Per i pari età bianchi si scende tra 0,9 e 1,4. Mentre con i latinoamericani si risale a 1,4/2,2.

Maggiori sospetti

Tutto nasce da un velato razzismo di base, che porta la polizia a controllare maggiormente neri e latini, presupponendo che siano automaticamente sospetti. Secondo quanto riporta la NYCLU, New York Civil Liberties Union, la percentuale di neri fermati per un controllo negli ultimi 20 anni si aggira più o meno costante tra il 53 e il 59%. Per i bianchi si scende drasticamente al 9-12%. Gli innocenti, in media, oscillano intorno al 90%, ma negli ultimi anni stanno calando (circa 60%), anche perché cala il numero dei controlli – forse più mirati?

Spike Lee non si è inventato molto, ha raccontato uno spaccato sociale. Ma come spesso accade, la realtà va ben oltre la finzione, anche quando questa attinge dalla realtà stessa.


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