Lo squalo. Temibile predatore dal corpo affusolato, testa appuntita, occhio vacuo (cit. Homer Simpson), apertura mascellare spalancata su 3 o 4 file di denti, così affilati e usati da essere cambiati spesso nel corso della vita. Una minaccia da cui è difficile scappare, come ci ha insegnato Steven Spielberg nell’omonimo film del 1975.
Una voracità che fa usare questo ignaro pesce come metafora per uomini spietati, quegli “squali della finanza” che anche da prima di Wall Street di Stoniana memoria indicano i vari Gordon Gekko sparsi nel mondo. Il re del mare aperto, insomma, chi ci si trova davanti è spacciato. O così vuole la narrazione.
500 specie
Alcune cose sono più note, come il fatto che delle circa 500 specie di squalo, solo poche siano pericolose per l’uomo. Il 50% non supera nemmeno il metro di lunghezza, l’82% arriva a massimo due metri, quindi il cerchio dei potenzialmente mortali si restringe di molto: appena il 4% raggiunge o supera i 4 metri. Gli accorgimenti più diffusi sono di non fare il bagno con ferite aperte o, per le donne, con il ciclo, visto il loro olfatto sviluppato per rintracciare il sangue. Non innervosirli, non fare movimenti bruschi o scappare, stare in gruppo perché lo squalo preferisce prede singole. Poi c’è la tanatosi.
Tanatosi
Conosciuta anche come stato catalettico, la tanatosi è uno stato di morte apparente che alcuni animali usano generalmente come sistema di difesa, ma che può essere opportunamente stimolata. Anche gli squali possono subirla, dopo essere stati rovesciati rallentano la respirazione e non rispondono a nessun agente esterno anche per 15 minuti, a seconda delle dimensioni.
Con la freddezza necessaria, perfino un bagnante sprovveduto potrebbe ottenere un’agevole salvezza. Tra gli esseri umani sono solo gli studiosi a sperimentare (ha senso), ma non siamo l’unica specie. Anche il più grande predatore dello squalo, l’orca, riesce ad indurre la tanatosi, ribaltando il malcapitato pescecane grazie alla stazza. Se l’orca ruba allo squalo corona e scettro di terrore marino, altri animali lo fanno scivolare indietro nella graduatoria di mortalità per l’uomo.
Ne uccide di più il cervo
Le vittime annuali accertate, in media, non superano le 6 nel mondo. Praticamente nulla per le statistiche, se paragonate ai 3000 morti in africa causati da attacchi di ippopotami; le centinaia (solo negli Usa) di decessi per shock anafilattico da puntura di ape, vespa o calabrone; i ben noti rischi della malaria veicolati dalle zanzare (oltre mezzo milione di persone all’anno).
Poi ci sono animali insospettabili. Non tanto le formiche, meduse, ragni, serpenti e cani, ovviamente per diversi motivi. Quanto bovini e cavalli, in grado di uccidere con calci ben assestati, e il cervo: simbolo di mansuetudine, in realtà non è pericoloso, ma gli incidenti di auto per attraversamento cervi sono centinaia. Indirettamente ne uccide più dello squalo.
Siamo noi la minaccia per lo squalo
Al contrario, è lo squalo che deve guardarsi dall’uomo. Ricapitolando, non ci attacca perché non facciamo parte della sua dieta regolare, a meno che non ci sia moria di cibo dalle sue parti. O perché troppo piccolo per riuscire a divorarci.
E, a fronte delle poche vittime annuali, gli uomini catturano e uccidono, si stima, 100 milioni di squali ogni dodici mesi. Magari solo per usare pinne e coda nelle zuppe, presenti nei menu dell’estremo Oriente e gustate già dalla dinastia Ming nella Cina di secoli e secoli fa.