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Femmine che non possono scegliere: il fenomeno delle spose e madri bambine

Sanna, in India, si è sposata a 31 anni, dopo un master, e con un uomo più giovane di lei, non ha dovuto consegnare una dote, nonostante la famiglia sia musulmana”. Questa è una delle pochissime storie andate a buon fine circa il poco affrontato tema delle bambine spose e madri, descritto nel Rapporto 2013 Madri bambine, affrontare il dramma delle gravidanze tra adolescenti dell’UNFPA, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione.

Giulia Vallese ci aiuta a fare conti: “purtroppo sappiamo ancora poco sulla fascia d’età 10-14, ma su quella 15-19 parliamo di 7.3 milioni di gravidanze adolescenti all’anno, 70mila muoiono per complicanze e 3,2 milioni sono gli aborti a rischio”. Per non parlare delle infezioni, per esempio solo in Guinea, il 35% delle ragazze tra i 15 e i 19 anni, dichiara di soffrirne; della diffusione dell’Hiv,1,3 milioni di adolescenti femmine sieropositive nel mondo contro 780mila maschi; e delle violenze carnali: “facevo il primo anno delle superiori, una sera sono andata a prendere l’acqua, lui mi ha violentata. Ero terrorizzata, ma avevo solo 15 anni: non mi è neanche venuto in mente che avrei potuto restare incinta. L’ho capito dopo” racconta Léocadie dal Burundi.

Bisognerebbe parlare di più della vergogna che assale le vittime di questo crimine”, sottolinea una psicoterapeuta. Effettivamente, quando si parla di crimini contro le donne (dai matrimoni forzati alla violenza carnale – quasi il 50% degli episodi nel mondo sono su ragazze che hanno meno di 16 anni) non si tiene da conto che la donna, oltre al danno, deve spesso combattere la beffa di essersi ritrovata in una situazione “moralmente” o “socialmente” scabrosa.

La verità è che la gente giudica, gli esseri umani sono fatti così. Sentire che anche dopo tutti i tuoi sforzi e i risultati che hai ottenuto… dopo tutto quello che hai passato per superare quegli ostacoli, per diventare una persona migliore… la gente sa essere davvero spietata, perché alla fine quello che si ricordano è sempre ‘ah sì, quella ha avuto un figlio quando aveva 15 anni’” dice Tonette, 31 anni, dalla Giamaica.

Bisogna empower il “soggetto vulnerabile”. Le istituzioni in questi casi sanno spesso riempirsi di termini, in inglese e non, che danno un certo fastidio, in inglese e non: enpowerment femminile, soggetto vulnerabile, violenza di genere (che è solo femminile)… solitamente sembrano anche fintamente interessati o addirittura non consci dell’argomento. Il fatto è che non bisogna empower il soggetto vulnerabile, bisognerebbe solo lasciargli la possibilità di decidere.

Un governo che punta sull’istruzione perché “partiamo dall’idea dello sviluppo come libertà: l’educazione delle bambine è un modo per proteggerle”. Si sa che l’istruzione è la prima cosa, vista anche la proporzionalità tra l’incidenza di madri bambine e la scarsa educazione, lo stesso obiettivo che persegue Malala, la giovane pakistana aggredita dai talebani proprio per il suo impegno a difesa dell’istruzione. Ma non può bastare: senza un intervento su ciò che circonda queste ragazze, una giovane istruita può paradossalmente tradursi in una ragazza che soffrirà maggiormente la sua condizione, proprio perché più consapevole, conscia degli strumenti che la scuola ha iniziato a metterle in mano.

Fortunatamente chi lavora direttamente sul campo si rende conto prima e meglio di ciò che succede e che bisogna fare. Cristiana Scoppa, ex collaboratrice di Aidos passata a GrandMother Project (Senegal), mi dà quella visione che finalmente sta spostando il fulcro dell’attenzione dalla donna al resto della società: “quello che ho capito io è che fondamentale è lavorare sul contesto, sulle comunità, sulle donne anziane… spesso è riconosciuta loro una certa autorevolezza, in più puoi lavorare sul rapporto nonne – nipoti. Ma non puoi prendere ragazze o donne isolate, altrimenti le stigmatizzi, consegni loro un peso enorme, alle une di rifiutare la propria cultura e alle altre di aver cambiato idea. È una cosa che associo ai vecchi battesimi dei comunisti, ti ricordi? Lo facevano perché?” Per non isolare il bambino in una società cattolica, lo so bene, non sono battezzata e da piccola ne ho sempre sentito il peso, ma va bene così: è la comunità che dovrebbe essere educata, non le bambine.

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