Dopo aver parlato della loro storia millenaria e come siano stati in grado di instaurare subito con l’uomo un rapporto privilegiato, oggi quasi d’amore, l’etologo Enrico Alleva viene al lato scottante della faccenda: “i cani pericolosi”, perché soprattutto “chi ha bambini, spesso ha paura”. Tra esagerazioni e discriminazioni, tutti gli stereotipi del “cane cattivo”…
(Continua da “Urbane convivenze”: l’amore millenario tra cane e persona)
In un paese che adora i cani come gli Stati Uniti (quasi ogni nucleo familiare ne ha uno), le statistiche parlano di 368.245 feriti da cani nel 2001 e le classi umane più colpite sono chiaramente le più deboli, e soprattutto i bambini dai 5 agli 8 anni. Non bisogna dimenticare, però, che la maggior parte di questi incidenti derivano da “involontarie incomprensioni, soprattutto a passeggio”, quando magari inizia una lotta tra due cani e il padrone che si mette in mezzo si becca il morso. Ma ci sono anche i morti: furono 27 tra 1997 e 1998. Talvolta la situazione può scaturire da “una cagna in estro con intorno più maschi su di giri che, proprio perché riconoscono nel padrone l’alfa da fare fuori (che magari senza saperlo assume anche degli atteggiamenti che peggiorano la situazione), fanno partire un’aggressione che a quel punto può essere anche fatale”.
“È vero che Pitbull e Rottweiler sono gli aggressori più frequenti, ma la vera verità, è che gli aggressori appartengono a tutte le razze”. Vi ricorda qualcosa a livello umano? Anche se riferito ai cani, anche questo è un esempio di razzismo: “durante il ministero di Girolamo Sirchia, anno 2003, ricordo che esplose un’isteria sugli attacchi dei cani”, fino a far partire un’ordinanza sulla “Tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressività dei cani” che praticamente aveva messo a punto una lista di razze da epurare! Nientemeno che 93 razze canine furono considerate potenzialmente pericolose, se non che l’Istituto Superiore di Sanità si fece sentire, stabilendo che non era possibile basarsi su una falsità scientifica. Nel 2004 fu quindi emessa una nuova ordinanza che non risolveva la discriminazione, ma almeno abbassava la lista a 18 razze. Dal 2009 non è più presente alcuna lista. Anche se c’è un’altra pratica ben più grave e inutile, che ancora oggi viene applicata: la soppressione del cane pericoloso. “Ogni cane può essere facilmente rieducato”, ma la decisione pare spetti al sindaco sentita la famiglia.
D’altra parte “l’aggressività, canina e umana, è naturale e molteplice: può essere competitiva, proveniente dall’irritazione o dalla paura, materna, predatoria (può essere il classico gioco che finisce male), territoriale…”. “Un cane bastonato per tutta la vita, può rimanere a testa bassa per tutta la vita, oppure un giorno può decidere di rispondere, attaccando e uccidendo per il dolore, la rabbia e la paura covati da anni. Insomma, non esistono cani pericolosi in assoluto, per razza o predisposizione genetica, ogni cane ha piuttosto la sua personalità e il suo vissuto. Esiste l’aggressività dell’uomo come del cane, trattarli sempre con riguardo è il modo migliore per evitare che si manifesti. Peccato che l’andazzo in generale non sembra così “aperto” come quello italiano: un Paese generalmente riconosciuto per una normativa piuttosto “libera”, l’Olanda, solo l’anno scorso ha indetto una lista di 20 razze pericolose (notare anche il numero che cambia in continuazione, a riprova che una lista del genere è molto soggettiva).
Fondamentale è capire il loro linguaggio (un testo in aiuto può essere Capire il linguaggio dei cani di Stanley Coren) e soprattutto non incattivirli con mansioni aggressive, come la guardia o peggio, il combattimento, illegale nella maggior parte dei paesi del mondo, ma che ancora persiste in certe aree. Fondamentale è anche l’educazione dell’uomo, soprattutto dei bambini, se non si vuole temere qualche incidente. È importante sapere che i bambini sono in grado di capire, solo a un certo punto della loro vita, che gli animali sono qualcosa di diverso da oggetti e persone. Oggettificare un cane non è una buona premessa per evitare che si infastidiscano, diventando quindi potenzialmente pericolosi. “Ricordo che quando uscì La Carica dei 102, dovemmo fare una campagna pre-film. Non regalate mai i cani! (non è un oggetto appunto, è fondamentale che sia desiderato) e considerate che il dalmata è una razza difficile. Perché dopo il film era ovvio che tutti avrebbero voluto regalare cani e avere i dalmata in particolare!
Come essere sicuri allora? Come con gli umani: con l’educazione. “Il cane ha per natura un elevato sviluppo del comportamento sociale, in particolare tra la 3° e la 12° settimana il cucciolo ha una particolare sensibilità alla socializzazione e tra il 6°, 7° e 8° mese una forte sensibilità al rinforzo sociale: in questo lasso di tempo vanno insegnate le regole del branco.
Ma purtroppo al cane non ci si dedica come si dovrebbe e così “continua a essere un problema, soprattutto estivo”. Quando non puoi portarlo dietro e non sai a chi darlo, si abbandona, creando un problema non solo al cane, ma anche alla comunità, alimentando il randagismo. Questo comportamento umano è tanto più crudele nei suoi confronti, poiché più di altri animali, il cane può vivere il lutto, per esempio, basti pensare a certi cani famosi, come Hachiko, un cane di razza Akita divenuto famoso per la sua enorme fedeltà, a cui dedicarono anche un film; oppure il cane di Edimburgo, che nel diciannovesimo secolo passò 14 anni della sua vita di fronte alla tomba del padrone. E non è vero che il cane non può vivere randagio come il gatto: può vivere bene anche in quel caso. Siamo noi che abbiamo iniziato ad avere problemi col randagismo, “prima li chiamavamo i cani di tutti”, da sotto Rutelli si aprì la discussione sugli abbandoni, perché c’era un famoso cane a Villa Pamphili che mordeva i polpacci di chi faceva jogging”!
Allora il cane viene spedito in canile e anche qui altri stereotipi: cane nel canile, sicuramente abbandonato, quindi difficile e tarato. Ma non è così. “Talvolta se hanno un vulnus, magari di abbandono, possono essere addirittura più affettivi e propensi a imparare”. Ad Alleva la prova gliela diede proprio la sua cagnolina. Perché c’è un ultimo fatto importante da sapere sui cani, ed è quasi commovente…
Il problema (o la fortuna) è che “la mente canina non concepisce l’abbandono, per cui quello che pensa sono solo due cose: non sono stato attento, e quindi mi sono perso, oppure ho sbagliato qualcosa”.
Poi ci sono anche le differenze culturali certo. I coreani dicono degli europei che, non solo non li mangiano, ma addirittura gli raccolgono le feci. Ma il punto fondamentale, scientifico, è che il cane sente e prova emozioni (e non solo il cane, a dire la verità). Si dice che gli animali che vivono negli zoo vivono più a lungo. Sì, ma a quali condizioni? Per gli animali sono fondamentali gli spazi, ma per un cane è ancora più importante la compagnia. Abbandonarlo è la cosa peggiore che potremmo fargli.
Se non vi sentite così tanto per il cane, ma molto più per il gatto, l’hub culturale Moby Dick di Roma sta pensando a un secondo incontro dedicato agli adorabili felini! Iscrivetevi alla newsletter per rimanere aggiornati!